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Beato Emanuele Luque Ramos Laico e martire

22 luglio

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Marchena, Spagna, 6 marzo 1893 - 22 luglio 1936

Manuel Luque Ramos nacque a Marchena, presso Siviglia, il 6 marzo 1893. Lavorava come fattorino e sacrestano della cappella di Santa Chiara delle monache Clarisse di Marchena. Celibe, viveva con sua madre Encarnación, vedova, nei pressi del monastero. Visse con preoccupazione gli atti violenti contro le chiese, prodotti durante la Seconda Repubblica spagnola, e peggiorati con l’inizio della guerra civile. La mattina del 18 luglio 1936, proprio il giorno in cui era scoppiata la guerra, , un gruppo di rivoluzionari interruppe la Messa delle monache, con urla e grida. Manuel si oppose a loro, fino a riuscire a cacciarli fuori, e sprangò la porta. Fu probabilmente questo l’atto che lo condusse a essere imprigionato il 19 luglio nella Casa del Popolo, insieme ad altre persone che, a differenza di lui e di un altro giovane del paese, José María Rojas Lobo, incarcerato l’indomani, avevano una palese appartenenza politica. Nel corso della prigionia, Manuel reclamò continuamente di essere liberato, per non far preoccupare sua madre e poter badare a lei. La mattina del 21 luglio, con l’arrivo dell’esercito regolare, i rivoluzionari fuggirono, non prima di aver sparato ai prigionieri, ferendoli alcuni in modo grave. Manuel e José María riuscirono a uscire vivi per strada e a essere condotti in ospedale. Il sacrestano fece in tempo a rivedere sua madre e a confidarle che aveva perdonato il proprio assassino. Morì quindi all’ospedale di Marchena, per le ferite subite, il 22 luglio 1936; aveva quarantatre anni. Incluso, come José María Rojas Lobo, nella causa di beatificazione e canonizzazione capeggiata da don Manuel González-Serna Rodríguez, che comprendeva in tutto venti martiri della diocesi di Siviglia, fu beatificato il 18 novembre 2023 nella cattedrale di Santa Maria della Sede a Siviglia, sotto il pontificato di papa Francesco. La memoria liturgica dell’intero gruppo ricorre il 6 novembre, giorno in cui le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del ventesimo secolo.



Manuel Luque Ramos nacque a Marchena, presso Siviglia, il 6 marzo 1893, figlio di Manuel Luque Pérez, calzolaio e contadino, ed Encarnación Ramos Mateo, sposati l’anno prima nella parrocchia di San Michele a Marchena. Fu battezzato l’8, due giorni dopo la nascita, con i nomi di Manuel Jesús de la Santísima Trinidad.
Lavorava come fattorino e sacrestano della cappella di Santa Chiara delle monache Clarisse di Marchena. Celibe, viveva con sua madre, vedova, nei pressi del monastero.
Anche a Marchena, durante la Seconda Repubblica spagnola, oltre ai problemi causati dall’applicazione generale della legislazione secolarizzatrice e laicista, si verificarono alcuni tentativi di dare fuoco a edifici religiosi, sia nel 1932 (danneggiata la chiesa di San Giovanni e distrutta la cappella del Santissimo Sacramento della parrocchia di San Sebastiano), sia nel 1936 (il 1° maggio fu distrutta la chiesa di San Domenico).
La rivolta militare e il colpo di Stato che, il 18 luglio 1936, diedero inizio alla guerra civile spagnola, non vennero appoggiati a Marchena. Quella stessa mattina, un gruppo di rivoluzionari interruppe la Messa delle monache, con urla e grida. Manuel si oppose a loro fino a riuscire a cacciarli fuori: sprangò quindi la porta, in modo da permettere la prosecuzione della celebrazione.
Fu probabilmente questo l’atto che lo condusse a essere imprigionato il 19 luglio nella Casa del Popolo, insieme ad altre due persone che, a differenza di lui, avevano una palese appartenenza politica.
Il mattino seguente, il 20 luglio, venne imprigionato anche il giovane José María Rojas Lobo, al quale nessuno aveva spiegato la ragione dell’arresto, tanto più che nemmeno lui era impegnato in politica. I tentativi da parte dei familiari dei prigionieri non valsero nulla per la loro liberazione.
Lo stesso giorno ci fu un tentativo d’incendio nella parrocchia di Marchena. Mentre i vicini cercavano aiuto nelle cittadine dei paraggi, i prigionieri furono condannati a essere scudi umani: nel caso fosse arrivato l’esercito regolare, sarebbero stati legati a delle sedie e messi al centro della strada, così da evitare che la città venisse riconquistata.
La mattina del 21 luglio, i militari arrivarono da Écija: il confronto armato si concluse poco dopo mezzogiorno, con la fuga di coloro che fino a quel momento erano difensori e non senza una tenace resistenza, che causò perdite da entrambe le parti.
Il carcere improvvisato era una posizione di difesa. Al momento di abbandonarlo di corsa, quando i carcerieri appresero dell’arrivo dell’esercito, spararono ripetutamente sui prigionieri, causando loro ferite particolarmente serie. Manuel e il giovane José María, però, rimasero coscienti e riuscirono a uscire vivi per strada.
Il sacrestano fu portato al pronto soccorso, dove ritrovò sua madre, avvisata dai vicini, e le riferì che desiderava perdonare il proprio aggressore. Fu trasferito all’ospedale, dove ricevette gli ultimi Sacramenti e morì, a causa delle ferite subite, il 22 luglio 1936. Il giorno seguente ricevette sepoltura religiosa nel cimitero di San Rocco a Marchena.
Incluso, come José María Rojas Lobo, nella causa di beatificazione e canonizzazione capeggiata da don Manuel González-Serna Rodríguez, che comprendeva in tutto venti martiri della diocesi di Siviglia, fu beatificato il 18 novembre 2023 nella cattedrale Santa Maria della Sede a Siviglia, sotto il pontificato di papa Francesco. La memoria liturgica dell’intero gruppo ricorre il 6 novembre, giorno in cui le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del ventesimo secolo.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2023-11-19

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