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Beato Giuseppe Nascimbeni Sacerdote

22 gennaio

Torri del Benaco, Verona, 22 marzo 1851 - Castelletto di Brenzone, Verona, 21 gennaio 1922

Sacerdote cattolico che dedicò la sua vita alla cura dei poveri e dei bisognosi, in particolare delle donne e dei bambini. Dopo sette anni di servizio pastorale a Castelnuovo del Garda, un paese rurale e isolato, Don Giuseppe fu scoraggiato dalle difficoltà incontrate e presentò le dimissioni. Tuttavia, una visione di Santa Teresa d'Avila lo convinse a continuare la sua missione, e fondò la Congregazione delle Piccole Suore della Divina Provvidenza, che si dedicò alla cura dei bambini orfani e abbandonati, delle donne e delle famiglie in difficoltà.

Etimologia: Giuseppe = aggiunto (in famiglia), dall'ebraico

Martirologio Romano: A Castelletto del Garda in Veneto, beato Giuseppe Nascimbeni, sacerdote, fondatore dell’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia.


Una perla di prete e un tesoro di parroco: ecco in estrema sintesi l’attività e la missione di don Giuseppe Nascimbeni, proclamato beato dal Papa nel 1988. Nasce nel 1851 in provincia di Verona: da mamma succhia, insieme al latte, il senso dell’ordine e della precisione; da papà impara l’amore al lavoro e la vivacità del carattere; da entrambi eredita una grande sensibilità religiosa. La vocazione nasce in lui a poco a poco e non senza contrasti interiori, comunque a 23 anni è ordinato sacerdote e si diploma maestro. Quando tre anni dopo lo mandano a Castelletto di Brenzone, mille anime sul Lago di Garda in un paese che sembra dimenticato da Dio e dagli uomini, non sa che vi si fermerà per 45 anni, fino alla morte. Per qualche anno collabora con l’anziano parroco e alla sua morte gli succede, perché i capifamiglia del paese non vogliono che vada via. Si tuffa in un’attività pastorale vorticosa, mette in campo tutte le sue doti, è un’autentica esplosione di iniziative, ma il paese è in una situazione disastrosa: bambini trascurati, giovani senza istruzione scolastica e religiosa, anziani soli senza assistenza, famiglie disgregate da una forte emigrazione per cercare un lavoro che il paese non può offrire. A completare il quadro, ecco le altre carenze: il paese è collegato al resto del mondo soltanto da un traghetto, è privo di strade, luce e acqua potabile. Un povero prete solo non può caricarsi così tanti problemi e anche don Giuseppe dopo sette anni “getta la spugna”. Si presenta in vescovado con la lettera di dimissioni in tasca, sfogandosi con il suo vescovo di non essere riuscito a trovare neppure due suore disposte a sostenere la sua attività pastorale ed a collaborare in parrocchia. Si sente rispondere “Se nissuni ve le dà (le suore) fevele vu come voli”. Don Giuseppe è come folgorato da questa proposta: straccia la lettera di dimissioni, ritorna in parrocchia, raduna le prime quattro ragazze disposte ad abbracciare la vita religiosa, le manda a fare il noviziato a Verona e prepara per loro un conventino in paese. Nascono così le “Piccole Suore della Sacra Famiglia”, perché don Giuseppe vuole “una famiglia” per la famiglia., convinto com’è che il risanamento della società passa soltanto attraverso una famiglia solida, che sappia riscoprire i valori autentici. La nuova fondazione mette le ali alla sua fantasia e alla sua creatività: fa costruire una strada, porta in paese l’illuminazione ad acetilene e l’acqua potabile; fonda una Cassa Rurale per stroncare l’usura, apre case di accoglienza per i ragazzi che vanno all’alpeggio, organizza l’assistenza domiciliare degli anziani soli, apre un asilo, una scuola per orfani e un ospizio; si “inventa” anche un maglificio e una tiografia.. Condendo tutto con la preghiera, cercando e spronando la collaborazione dei laici. Una paralisi lo ferma il 31 dicembre 1916 e lo blocca per i successivi cinque anni in una preghiera incessante. Muore il 21 gennaio 1922, mentre le sue suore si diffondono nel mondo, dall’Albania all’Angola, dal Paraguay al Brasile, sempre a servizio della famiglia , sempre accanto ai poveri più poveri. Come voleva lui.

Autore: Gianpiero Pettiti
 


 

Lo ha battezzato d’urgenza il medico, poco dopo la nascita: la sua vita era in pericolo. Unico figlio del falegname Antonio e di Amedea Sartori, dopo le elementari in paese, continua gli studi a Verona; e nel 1874, a 22 anni, è ordinato sacerdote. Ha inoltre il diploma di maestro, e subito viene mandato a San Pietro di Lavagno (Vr) come coadiutore del parroco e insegnante. Tre anni dopo passa coadiutore a Castelletto di Brenzone, mille abitanti. Quando il vecchio parroco muore, i capifamiglia ottengono che gli succeda lui (gennaio 1885).
Tra le mille anime del paesino affacciato sul Lago di Garda, don Giuseppe esplode. Ridà slancio alla vita religiosa, stimolando l’attività e valorizzando i talenti dei laici con associazioni e confraternite. E con la stessa energia lavora per lo sviluppo civile. Crea asili, scuole per orfani, l’ospizio. Poi fa nascere un laboratorio di maglieria per le ragazze, impianta una tipografia, promuove la creazione di un oleificio, fa arrivare la cassa rurale, s’impegna per dare al paese l’ufficio postale, l’elettricità, l’acqua potabile... Così impegnato, non si capisce come riesca a pregare ogni giorno per tante ore. Lui si spiega con un motto: "Crocifisso e orologio", fede e puntualità. Prega anche in viaggio, con la corona del Rosario bene in vista, e nessuna derisione o insulto lo scompone. Così come non fa una piega nell’attraversare scalzo il suo paese, perché ha dato le sue scarpe a un mendicante.
Ha bisogno di suore per i bambini, i vecchi e i malati, per la parrocchia. Ma non ne trova, e in vescovado si sente dire: "Se nisun ve dà le suore, févele vu come le volì". Prontissimo, il parroco si fa pure fondatore, partendo da quattro ragazze che arriveranno alla vestizione nel novembre 1892. Da esse, nel tempo, prenderà vita la congregazione delle Piccole Suore della Sacra Famiglia, che oggi è presente in Italia, Svizzera, Albania, Angola, Argentina, Paraguay, Uruguay e Brasile, al servizio della povertà e della sofferenza, in pace e in guerra.
Colpito da emiplegia il 31 dicembre 1916, resta invalido fino alla morte: cinque anni di sofferenza e preghiera. Giovanni Paolo II lo beatifica nel 1988 a Verona. La salma è custodita a Castelletto, nella Casa Madre delle Piccole Suore.


Autore:
Domenico Agasso


Fonte:
Famiglia Cristiana

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Aggiunto/modificato il 2007-05-15

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