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Sant' Aurelio di Cartagine Vescovo

20 luglio

Nord Africa, IV secolo - Cartagine (Tunisia), 430

Amico di Sant’Agostino, Aurelio diventa vescovo a Cartagine, nell’odierna Tunisia, tra le macerie di una Chiesa in rovina. La solleverà con il lavoro manuale e la predicazione dottrinale, la zappa e la parola, ma soprattutto con la carità e l’accoglienza. Muore intorno al 430.

Etimologia: Aurelio = oro e sole - latino e greco; che brilla, splendente - dall'etrusco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Cartagine, nell’odierna Tunisia, sant’Aurelio, vescovo, che, salda colonna della Chiesa, protesse i suoi fedeli dalle usanze pagane e collocò il seggio episcopale sul luogo in cui prima si trovava la statua della dea del cielo.

Ascolta da RadioVaticana:   
  

Nell’anno 388 è diacono a Cartagine e fa amicizia col futuro sant’Agostino: è la prima cosa che sappiamo su Aurelio, di cui s’ignorano data e luogo di nascita. Nel 391 o 392, eccolo vescovo di Cartagine. (Intanto Agostino diventa sacerdote nel 391 e nel 395 vescovo di Ippona, presso l’attuale Annaba, in Algeria). A Cartagine, Aurelio è il numero uno della Chiesa nella “Provincia d’Africa” (la fascia Nord del continente, escluso l’Egitto). Ma questa è una Chiesa in macerie, da quando l’ha spaccata uno scisma a inizio secolo.
La crisi era esplosa alla fine delle persecuzioni: allora molti cristiani rimasti fedeli negli anni sanguinosi delle persecuzioni, erano propensi a riaccogliere e perdonare chi aveva momentaneamente ceduto per debolezza. Altri respingevano invece ogni indulgenza, e trovarono un capo energico – il vescovo Donato, della Numidia – che trasformò uno stato d’animo in forza religiosa e anche politica, tesa alla purificazione della Chiesa, separandola dal mondo profano e dall’impero.
La maggioranza dei cristiani accettò (contro la volontà del Papa e dell’imperatore) Donato come vescovo di Cartagine, e la Chiesa si divise: i cattolici da una parte, i “donatisti” dall’altra. Dopo la morte di Donato in deportazione (ca. 355) i suoi si divisero ancora, vescovi contro vescovi, fedeli contro fedeli.
A Cartagine, ora, Aurelio trova i suoi cattolici uniti, sì, ma scadenti nella fede come nelle opere. Si è dimenticata la dottrina, le chiese servono anche per i banchetti, e persino certi monaci rifiutano il lavoro. Questi, il vescovo Aurelio li rimanda presto alla zappa, e Agostino ne spiega loro il perché col trattato De opere monachorum. Il pensiero del vescovo di Ippona nutre e incoraggia l’attivismo di Aurelio per rivitalizzare la Chiesa e richiamarvi i lontani.
Come Donato, anche lui conosce bene stati d’animo, attese e paure della sua gente. Perciò ai dissidenti Aurelio porge subito una mano amica, innanzitutto con la sua carità (lodata da Agostino nel De civitate Dei) e anche con precisi atti ufficiali. Già al Concilio di Ippona (393) egli offre cordiale accoglienza ai vescovi donatisti desiderosi di ritornare con i loro fedeli all’unità; e ammette al sacerdozio anche chi è stato battezzato da scismatici. Aurelio risolve insomma questa grave crisi disciplinare in Africa, e tra africani. Nelle cose che invece toccano la fede, sull’esempio di Agostino, egli cerca immediatamente la sintonia con Roma.
Aurelio e Agostino muoiono nelle loro sedi episcopali di Cartagine e di Ippona nello stesso anno, il 430. E intanto per la “Provincia d’Africa” incomincia un’altra dura stagione: è in arrivo infatti l’invasione dei Vandali.


Autore:
Domenico Agasso


Fonte:
Famiglia Cristiana

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Aggiunto/modificato il 2001-02-01

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