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Sant' Ermete Martire a Roma

28 agosto

III sec.

Martirologio Romano: A Roma nel cimitero di Basilla sulla via Salaria antica, sant’Ermete, martire, che, come riferisce il papa san Damaso, venne dalla Grecia e Roma accolse come suo cittadino quando patě per il santo nome.


Il suo nome ricorre nella passio apocrifa dei santi Evenzio, Alessandro e Teodulo, la quale fa di Alessandro il papa del tempo di Traiano e di Ermete il contemporaneo prefetto di Roma, convertito dal papa insieme con la moglie, i figli, la sorella Teodora e milleduecentocinquanta schiavi. Traiano, avutane notizia, avrebbe spedito a Roma Aureliano, il quale avrebbe fatto arrestare Ermete, consegnandolo al tribuno Quirino, che lo fece decapitare. Il corpo del martire sarebbe stato raccolto dalla sorella Teodora e deposto «in Salaria veteri, non longe ab urbe Roma sub die quinto kalendas septembris». La passio non indica il nome del cimitero, ma il riferimento topografico è esatto. La Depositio Martyrum, alla stessa data, segnala: «Hermetis in Basille, Salaria vetere»; così pure il Martirologio Geronimiano; sempre in detto giorno è menzionato nel Sacramentario Gregoriano e nel Sacramentario Gelasiano.
Nel 1932, nel sopratterra del cimitero di Bassilla, si identificarono due frammenti marmorei in caratteri filocaliani, appartenenti ad un carme tramandatoci dalla sola silloge Laureshamense quarta; il De Rossi lo pubblicò dicendolo di provenienza incerta, pur sospettando fosse stato tra l’Appia e la Latina, ammettendo che il Terribilini l’avesse ritenuto l’elogio damasiano di san Ermete. Il Mantechi, invece, vi riconobbe il carme in onore di Ippolito del gruppo dei martiri greci. I due frammenti del 1932 appartengono ai primi due esametri del carme; nel maggio 1940 si identificò un terzo piccolo frammento della terza riga. La scoperta epigrafica conferma l’ipotesi del Terribilini: è l’elogio del martire Ermete. Esso, però, sfata la passio: storicamente non è mai esistito un Ermete prefetto di Roma; il cimitero di Bassilla, in cui il martire fu deposto, non si può fare risalire al tempo di Traiano. Per Damaso, il martire non è però di epoca recente: «jam dudum, quod fama refert, te Graecia misit, / sanguine mutasti patriam, civemque fratrem / fecit amor legis: sancto pro nomine passus, / incolla nunc Domini, servas qui altaria Christi / ut Damasi praecibus faveas precor, inclite martyr».
Poiché nell’epigramma manca il nome del martire, giustamente il Ferma pensa vi fosse un sesto verso, non tramandatoci dalla silloge di Lortsch, contenente la dedica di Damaso al martire Ermete. Il nome stesso tradisce l’origine ellenica di un liberto o di uno schiavo.
Il suo sepolcro venne già abbellito alla fine del secolo IV non solo col carme di Damaso, ma anche con opere architettoniche, come dimostra l’epistilio marmoreo, rinvenuto in quello stesso luogo da A. Bosio, dove su una faccia si legge Herme e sull’altra Inherens. Egli fu sepolto a una quota del secondo piano del cimitero di Bassilla, dove il papa Pelagio I (579-90) «fecit cymiterium b. Hermetis martyris». Si tratta della prima costruzione o di un restauro? Al tempo di san Gregorio Magno (590-604) un tale Giovanni recò l’olio delle lampade poste sul suo sepolcro alla regina Teodolinda. Sia la Notitia ecclesiarum, sia il Liber de locis, l’itinerario inserito da Guglielmo di Malmesbury nella Notitia portarum viarum et ecclesiarum urbis Romae e l’itinerario di Einsiedeln localizzano sulla Salaria il suo sepolcro «longe sub terra». Adriano I (772-95) restaurò la basilica presso la quale fiorì un monastero; un Eugenius... praepositus Mon. Sci Hermetis venne deposto a san Saba; l’abbazia di Ermete viene ancora ricordata tra il 1169 e il 1188. Al monastero appartenne l’oratorio in cui fu rinvenuta la sua immagine, ma forse egli era stato già rappresentato nell’abside stessa della basilica, che nel Catalogo di Torino, circa l'anno 1320, "non habet servitorem", cioè non era più officiata. La basilica fu riscoperta al tempo di A,. Bosio, all'inizio del secolo XVII; venne allora rinforzata; fu restaurata ancora dal p. G. Marchi nel 1844. Fuori Roma, il martire era venerato in Anzio già alla prima metà del V secolo: infatti, nel 418, Eulalio, il competitore del papa Bonifacio I, si rifugiò in quella cittadina "ad sanctus Hermen".
Nel 598 san Gregorio Magno spedì brandea, che erano stati deposti sul sepolcro del martire Ermete, al vescovo Crisanto di Spoleto per la chiesa di san Maria in Rieti; l'anno seguente, consentì che in Napoli venisse eretta una chiesa in onore dei santi Ermete, Sebastiano, Ciriaco e Pancrazio; al suo tempo esisteva un monastero di Ermete in Sicilia e un altro in Sardegna.
 


Autore:
Enrico Josi


Fonte:
Bibliotheca Sanctorum

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Aggiunto/modificato il 2018-01-25

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