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Beato Basilio Velyckovskyj Vescovo e martire

30 giugno

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Stanislaviv, Ucraina, 1 giugno 1903 - Winnipeg, Canada, 30 giugno 1973

Il beato ucraino Vasyl Vsevolod Velychkovskyj, dopo essere passato sotto indicibili persecuzioni, morì settantenne a Winnipeg in Canada nel 1973. Apparentemente di morte naturale; in realtà l'autopsia stabilì che il decesso era avvenuto per una dose di veleno a lento effetto, somministrata al vescovo prima della partenza per l'esilio, nel 1972. Si concluse così la sua odissea. Nato nel 1903, aveva combattuto 15enne la guerra di indipendenza nazionale. Divenuto poi prete tra i Redentoristi, gli toccò combatterne un'altra contro il comunismo. La sua fama tra il popolo era tale che a lungo il regime non lo toccò. Ma nel 1945 fu arrestato e condannato alla fucilazione. La pena gli fu commutata in 10 anni di lager, al termine dei quali tornò a Leopoli, dove operò in clandestinità. Così come in segreto, in una camera d'albergo, venne consacrato vescovo, nel 1963. Espulso, dopo una visita alla sorella in Jugoslavia e una tappa a Roma, dove fu ricevuto da Paolo VI, si avviò a un esilio impossibile. (Avvenire)

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Winnipeg nello Stato di Manitoba in Canada, beato Basilio Velyčkovskyj, vescovo della Chiesa greco-cattolica di Ucraina e martire, che, per aver esercitato clandestinamente il suo ministero tra i cristiani cattolici di Rito bizantino patì molto in patria da parte dei persecutori della fede e morì in esilio, associato al sacrificio di Cristo.


Vasyl Velychkovskyj nacque il 1° giugno 1903 a Stanislaviv (odierna Ivano-Frankivsk) in Ucraina. All’età di soli quindici anni partecipò alla guerra di indipendenza ucraina (1918-1919), al termine della quale entrò nel seminario di Lviv (Leopoli). Dopo aver ricevuto il diaconato, entrò nella Congregazione del Santissimo Redentore. Conferitagli poi 9 ottobre 1925 l’ordinazione presbiterale, si dedicò anima e corpo per oltre vent’anni alle missioni tra la gente semplice dei villaggi e delle città, non solo nell’Ucraina Occidentale. La sua intensa e fervida azione apostolica favorì la conversione al cattolicesimo di molti laici ed alcuni sacerdoti ortodossi. Proseguì imperterrito la sua attività anche durante la prima occupazione sovietica, tra il settembre 1939 ed il giugno 1941.
Tanto era grande la fama di Vasyl Velychkovskyj presso il popolo che il governo non osava toccarlo. L’11 aprile 1945, però, venne infine arrestato insieme a tutta la gerarchia greco-cattolica. Il lungo processo si svolse a Kiev e durò quasi due anni, alla fine fu condannato alla fucilazione. Nei tre mesi in attesa dell’esecuzione si dedicò alla cura pastorale dei compagni di prigionia e la pena gli venne poi commutata in dieci anni di carcere. Sul finire dell’autunno 1945 iniziò dunque per lui un lungo periodo di lavori forzati in diversi lager, ma ciò nonostante continuò in segreto a celebrare quotidianamente la liturgia.
I dieci anni di vita nei lager compromisero seriamente la sua salute, ma egli riuscì comunque a sopravvivere e, liberato nel 1955, fece ritorno a Lviv, dove continuò a svolgere clandestinamente l’attività pastorale. Nel 1959 ricevette dalla Santa Sede la nomina a “Vescovo della Chiesa del silenzio”, ma il perdurare della persecuzione permise la consacrazione episcopale solo nel 1963, a Mosca, in una camera d’albergo. Il 2 gennaio 1969 fu nuovamente arrestato e condannato a tre anni di reclusione, ma dopo alcuni mesi fu già rilasciato in quanto soffriva gravemente di cuore.
Arrestato ancora una volta, dopo la liberazione avvenuta il 27 gennaio 1972 le autorità sovietiche non gli permisero di fare ritorno a Lviv, bensì gli proposero di recarsi dalla sorella residente in Jugoslavia. Da lei soggiornò per breve tempo, poi si recò a Roma dove l’8 aprile 1972 fu ricevuto da Paolo VI. Infine il 15 giugno 1972 andò a Winnipeg in Canada, dove morì il 30 giugno 1973, all’età di settant’anni. Un testimone rese pubblico che, dopo la sua morte, i medici provarono che il vescovo era stata somministrata una sostanza velenosa a lento effetto prima della sua partenza per la Jugoslavia, affinché la morte potesse risultare naturale.
Vasyl Velychkovskyj fu beatificato da Giovanni Paolo II il 27 giugno 2001, insieme con altre 24 vittime del regime sovietico di nazionalità ucraina.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto/modificato il 2006-09-21

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