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Venerabile Lorenzo Gallo da Revello Laico Francescano

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Revello, Cuneo, 1582 circa – Torino, 18 febbraio 1623

Nasce nel 1580 o 1582 nella contrada San Pietro presso Revello, nella diocesi di Saluzzo. All’età di otto anni i suoi genitori Pietro Gallo e Caterina Capitolo lo affidano a un sacerdote, don Tolosano, perché gli insegni a leggere e scrivere e lo faccia crescere nella dottrina cristiana. A vent’anni rimasto orfano e senza beni si mette a servizio chiedendo però di avere i suoi spazi per servire il Signore nella preghiera. Ascoltando una predica del Beato Giovenale Ancina, vescovo di Saluzzo, si sente chiamato ad abbandonare il mondo e a ritirarsi in convento. Si reca dunque a Pavia per entrare nei frati minori riformati. Il 14 Gennaio prende l’abito religioso da fratello laico. Nel 1622 è mandato a Torino dove rimane fino alla morte il 18 febbraio 1623. Viene sepolto prima nella chiesa di san Martignano e poi a Madonna degli Angeli, sito in Via Carlo Alberto. In tale chiesa è ancora oggi sepolto e gli è stato tributato il titolo di “venerabile”.


Ciò che maggiormente oggi sorprende studiando la figura di frate Lorenzo da Revello, un francescano vissuto tra Piemonte e Lombardia, a cavallo tra Cinquecento e Seicento, sono le doti "taumaturgiche" e la fama che i miracoli gli procurarono, contrapposti al silenzio che da molti decenni ha sepolto la sua figura. I prodigi furono testimoniati e "registrati" subito dopo la morte, tra le persone di riguardo che lo conobbero e ne beneficiarono. Una grazia che è bello ricordare, vede protagonista un bambino. Il fatto accadde a Chieri, città che frate Lorenzo visitava spesso, per fondarvi un convento di Francescani "Riformati". Giovanni Antonio Vivaldo, di otto anni, mentre era nella chiesa dei conventuali, aggrappandosi all’acquasantiera provocò il distacco della grossa vasca in pietra che gli cadde addosso. Tra urla disperate fu portato a casa. Giunto il medico, constatò la rottura di alcune ossa e lo giudicò guaribile in tempi lunghi. Frate Lorenzo arrivò poco dopo, benedisse il bimbo e rincuorò i genitori, dicendo che invece sarebbe guarito in fretta. Dopo circa un’ora, mentre il religioso e il padre si dirigevano verso la chiesa di S. Giorgio, il bambino, sottrattosi alla custodia della madre, corse loro incontro perfettamente risanato.
Lorenzo Gallo era nato tra il 1580 e il 1582 nell’antichissima città di Revello, in contrada S. Pietro, poco distante da Saluzzo. I Gallo, originari di Mondovì, possedevano alcuni terreni ed un’abitazione. Il piccolo aveva un ottimo carattere e venne allevato con i principi cristiani che fortemente animavano i genitori. Il sacerdote Giacomo Tolosano lo istruì nelle lettere e nella dottrina cristiana e lui, appena fu in grado di leggere, iniziò la recita quotidiana dell’Ufficio della Madonna. La madre Caterina gli instillò l’amore per la recita del rosario. I testimoni del processo di beatificazione attestarono che, nei ventidue anni in cui visse da secolare, praticò in modo esemplare ogni virtù. Frequentava la Messa con grande raccoglimento e ricevette la cresima nel duomo di Saluzzo dove spesso la famiglia si recava per assistere alle funzioni del vescovo, il beato Giovenale Ancina. Il beato, pur senza conoscerlo, osservandolo durante le funzioni religiose, confidò più volte alla contessa Angela Ansalda che il giovane di Revello sarebbe divenuto un ottimo cristiano. Aveva solo venti anni quando, improvvisamente, rimase orfano di entrambi i genitori. La fede robusta lo sostenne e gli diede la forza di superare la terribile prova. Andò quindi alle dipendenze di un certo Giovanni Re, un uomo facoltoso del piccolo borgo di Pagno, cui avrebbe fatto da servitore. Il giovane garzone, nell’accordarsi, insisté solo per avere una stanza tutta sua, dove costruì in piccolo altare per praticare liberamente le proprie devozioni. Sempre diligente nell’eseguire il lavoro, frequentava la messa quotidiana, recandosi nei giorni di festa a piedi a Saluzzo, distante da Pagno circa quattro chilometri, con qualsiasi condizione atmosferica. Ebbe la fortuna di ascoltare molte prediche del beato Giovenale e fu proprio durante una sua omelia che decise di abbracciare la vita religiosa. Tra le chiese che amava frequentare in Saluzzo vi era quella francescana di S. Bernardino. Vi sostava a lungo in preghiera, chiedendo al Signore lumi sul suo futuro. Più volte fu sul punto di confidarsi con qualche frate, ma infine fu uno di questi, frate Tommaso da Chieri, che un giorno, intuendo nel giovane qualcosa di speciale, ne provocò le confidenze. Il guardiano, anch’egli di Chieri, frate Giambattista, l’accolse come un padre e lo inviò nel convento di Pavia, appartenente ai frati "riformati". Lorenzo tornò felice a Pagno, si congedò dal padrone presso cui era rimasto due anni e prese la strada per la Lombardia. Aveva venduto quanto possedeva per distribuire il ricavato ai poveri. Solo, senza portare nulla con sé, era felice di fare la volontà di Dio. Giunto a destinazione, cercò padre Jacopo da Belgioioso nel convento di Santa Croce. La risposta fu però negativa, se ne sarebbe parlato a distanza di sei mesi. Il religioso voleva mettere alla prova la sua vocazione. Lorenzo comunque acquistò un saio da un certo Landino, certo che al suo ritorno sarebbe servito. A Pagno il suo datore di lavoro volentieri lo riaccolse. Cominciò a vivere come fosse un frate, ritirandosi spesso a pregare in mezzo alla natura. A Pavia tornò sei mesi dopo e questa volta non vi erano più dubbi che la sua vocazione fosse sincera. Il 14 gennaio 1605 prese l’abito di fratello laico a Dorno, per le mani del padre Angelo da Belgioioso, ed iniziò il noviziato nel convento di S. Maria degli Angeli in Pavia. Per motivi di salute fu ammesso con ritardo alla professione solenne, che fece nel convento di S. Giacomo nelle mani del guardiano Padre Benedetto da Binasco. Aveva ventuno anni e manteneva il nome di battesimo.
Frate Lorenzo, giovane novizio, rispettò rigorosamente la Regola. Dormiva sul nudo pavimento della cella ed era il superiore a ingiungergli di portarsi a letto. Esempio e stimolo per i compagni, contro ogni suo intendimento, era tanto modesto da voler apparire a tutti come un servo inutile. Seguì i voti di povertà e castità vivendo pienamente quanto scritto nel Vangelo. Praticò in modo straordinario l’obbedienza, la virtù per cui si deve lottare contro le imperfezioni del proprio carattere. Diversi testimoni furono concordi nel riferire tali notizie.
Nel 1621 Papa Gregorio XV ordinò al Padre Gianfrancesco Blancardi da Sospello, dimorante in Genova, che si estendesse negli stati sabaudi la "Stretta Osservanza" francescana, approvata da Clemente VII nel 1532. Padre Antonio Strozzo, eletto vicario generale della Riforma, trovandosi a Torino per predicare la Quaresima, raccomandò la riforma al Duca Carlo Emanuele I e all’arcivescovo Milliet, ottenendo la collaborazione del padre Matteo Lanfranchi. Il Blancardi chiese ai religiosi di Milano un ottimo frate che desse principio alla fondazione torinese. Fu scelto frate Lorenzo, noto per la santità di vita.
Tra l’unanime sconforto dei pavesi, il Servo di Dio giunse nella capitale sabauda nel maggio 1622, facendosi subito notare per le penitenze che si imponeva. Il clima non era totalmente favorevole alla "Riforma", ma Lorenzo certo non si impaurì. Aumentò le preghiere e le penitenze per ottenere dal Signore l’aiuto necessario. Positivo fu l’intervento della Marchesa Margherita di Chatelard Roussillon che donò il terreno per la fondazione, grata per le preghiere del nostro frate che ottennero la guarigione del figlio. La nobildonna era la futura moglie morganatica del Duca. Il diploma fu concesso il 5 novembre 1622. Si deve a Lorenzo anche l’introduzione della "Riforma" a Chieri, che fu, però, l’ultima sua fatica. Forse per le eccessive penitenze, infatti, si ammalò gravemente di idropisia. Gli si gonfiarono le gambe, comparvero le ulcere, gli si gonfiò il ventre, ma lui mantenne inalterato il proprio carattere gioviale. Era già a letto quando commissionò al pittore Giulio Mayno, per la chiesa che si sarebbe costruita, un quadro di Gesù Bambino. Due giorni prima di morire ebbe un’estasi. Chi l’assisteva si accorse che portava il cilicio e solo per obbedienza accettò di toglierlo e di riposare su un comodo giaciglio. Spirò serenamente, in casa del senator Blancardi, il 18 febbraio 1623. La salma rimase esposta più giorni, emanando un soave profumo. Ai funerali accorse tantissima gente. I suoi effetti personali furono quasi tutti portati nel convento di Sospello, mentre per i devoti furono fatte alcune reliquie con pezze macchiate del suo sangue. Venne sepolto nella chiesa di S. Martiniano e successivamente traslato nella nuova chiesa della Madonna degli Angeli, annessa al convento dei Minori Riformati, sorto per le sue fatiche. Nel 1649, su istanza dei Savoia, il corpo fu riesumato e trovato incorrotto.
Si iniziò il processo di beatificazione dopo soli tre anni dalla morte, con supplica di Carlo Emanuele I al papa Urbano VIII. Ci furono ulteriori passaggi nel 1642-47 e in diversi libri di agiografia francescana gli fu dato il titolo di beato. Si pubblicò una biografia nel 1676 intitolata "Primizia della Riformata Provincia di S. Francesco, detta di S. Tommaso Apostolo", scritta da Padre Arcangelo Ayradi Salto. Nel 1759 ne fu pubblicata un’altra. Il 9 agosto 1777 il Provinciale dei Minori dell’Osservanza chiese al Re di Sardegna di inviare una lettera postulatoria al Pontefice per riprendere la causa interrotta per mancanza di denaro. Si riavviò il processo due anni dopo, ma le note vicende storiche lo bloccarono poi definitivamente. La tomba di fra’ Lorenzo è presso la medesima chiesa della Madonna degli Angeli, ricostruita a inizio secolo XIX, ora parrocchia del centro città.


Autore:
Daniele Bolognini

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Aggiunto/modificato il 2009-07-03

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