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San Giovanni il Buono Vescovo di Milano

2 gennaio

Camogli o Recco (Liguria), VII secolo – Milano, 659 circa

Nato a Camogli (GE), fu soprannominato "Buono" per la sua vita esemplare.Annoverato tra il clero di Milano, ne divenne vescovo e rifulse per l'attività caritativa. Morì nel 669. Da San Carlo Borromeo il suo corpo fu traslato e sepolto nella chiesa cattedrale.

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Milano, memoria di san Giovanni Bono, vescovo, che riportò nella sua città la sede episcopale, precedentemente trasferita a Genova a causa dei Longobardi; per la sua fede e i suoi buoni costumi gradito a Dio e agli uomini.


L’arcidiocesi milanese, universalmente nota come “Chiesa ambrosiana” dal nome del suo più grande vescovo e dottore della Chiesa sant’Ambrogio, conta una schiera di ben 143 vescovi, tra i quali 38 santi e 2 beati. Nel corso dei suoi diciassette secoli di storia, vi fu un periodo in cui la sede episcopale dell’antica Mediolanum dovette trasferirsi temporaneamente in Liguria, a causa dell’invasione dei longobardi ancora pagani. Proprio al termine di questo triste periodo si colloca l’episcopato di San Giovanni il Buono.
Nato a Camogli, in provincia di Genova, o secondo un’antichissima tradizione a Recco, cittadina della riviera ligure di Levante, le sue vicende storiche si intrecciano inevitabilmente a parecchi tratti leggendari. Alcune notizie biografiche del santo ci giungono da un componimento poetico composto assai probabilmente tra l’XI ed il XIII secolo. L’anonimo autore del testo sostiene che Giovanni nacque a Camogli, da nobile famiglia della valle di Recco e questa potrebbe forse costituire una spiegazione all’antico duello tra le due città contendenti la suoi natali. Ancora bambino Giovanni sarebbe stato condotto a Milano, dove affrontò gli studi ecclesiastici e venne incardinato nella Chiesa milanese. Nel frattempo, dopo quasi ottant’anni di esilio forzato il celebre re longobardo Rotari, che aveva invaso anche la riviera ligure, si accordò con il clero ambrosiano circa il ritorno del loro vescovo alla sua sede naturale. Fu così che Giovanni, ormai apprezzato da tutti per le sue doti umane e per la sua intelligenza, all’incirca nel 641 fu acclamato trentaseiesimo vescovo di Milano, primo a sedere nuovamente nella ripristinata sede episcopale della città lombarda.
La sua umiltà e la sua generosità divennero quasi proverbiali fra il gregge affidato alle sue cure pastorali, che presto iniziò a soprannominarlo semplicemente ed affettuosamente Giovanni “il Buono”. Il carme predetto ricorda di lui: “Era solito confortare e consolare i miseri, dava da mangiare agli affamati, vestiva i nudi, dava da bere agli assetati, visitava gli ammalati e i prigionieri, offriva ospitalità ai viandanti. Pieno di grazia, di fede e di buoni costumi, gradito a Dio e agli uomini, rifulse nelle sue azioni. Giovanni si mostrò tanto umile dinanzi a tutti che, grazie alla sua umiltà, era difficile discernere se veramente egli fosse il vescovo”.L’unico episodio storicamente accertato della vita di questo santo vescovo è un viaggio a Roma che effettuò verso la fine del 649, in occasione di un sinodo convocato dal papa Martino I che si celebrò nella basilica lateranense.San Giovanni il Buono morì a Milano dopo almeno una decina d’anni di episcopato ed i suoi resti mortali trovarono sepoltura nella chiesa oggi scomparsa di San Michele in Duomo, così denominata in quanto sorgeva accanto alla “Domus sancti Ambrosii”, antico appellativo del vescovado. Quattro secoli dopo il vescovo Ariberto ne ravvivò il culto in tutta la diocesi, in seguito al ritrovamento del corpo che si temeva perduto. Fu però San Carlo Borromeo a far trasferire tali reliquie nel duomo il 24 maggio 1582, e qui fu poi eretto in suo onore un altare tra i più ricchi e sfarzosi dell’intero edificio sacro. Nel 1951 il beato cardinal Ildefonso Schuster ordinò una nuova ricognizione dei resti del santo, che risultò misurare ben 190 centimetri d’altezza, e li fece quindi ricomporre in una nuova urna metallica.Anche nella borgata di Recco nel 1288 venne effettuato un lascito per la costruzione di un altare nella chiesa parrocchiale, destinato a conservarvi un braccio ed una costola del santo. Tali reliquie furono presumibilmente un dono dello stesso Ariberto, che volle così suggellare l’amicizia ed il gemellaggio nella fede fra la Chiesa ligure e quella ambrosiana.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto/modificato il 2002-05-26

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