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Venerabile Guglielmo (Lorenzo Antonio) Massaja Cardinale cappuccino

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Piovā Massaia, Asti, 8 giugno 1809 - San Giorgio a Cremano, Napoli, 6 agosto 1889

Lorenzo Antonio Massaja nacque a La Braja, frazione di Piovà d’Asti (poi Piovà Massaja) l’8 giugno 1809. Il 6 settembre 1826 indossò l’abito cappuccino ricevendo il nuovo nome di fra Guglielmo, in onore di suo fratello sacerdote. Terminati gli studi fu ordinato sacerdote e inviato a prestare servizio nell’Ospedale Mauriziano. In seguito fu nominato docente presso lo Studentato fileosfico-teologico dei frati cappuccini. Il 12 maggio 1846 fu chiamato da papa Gregorio XVI a reggere il nuovo Vicariato Apostolico dei Galla (Etiopia) e il 24 maggio successivo fu consacrato vescovo. Lasciò l’Italia il 4 giugno 1846, ma raggiunse la missione solo il 21 novembre 1852. Profuse tutte le sue energie per l’evangelizzazione e la promozione umana del popolo dei Galla, finché non venne espulso dall’Etiopia per decreto dell’imperatore Joannes IV. Rientrato in Italia, fu creato cardinale da papa Leone XIII il 10 novembre 1884. Morì a San Giorgio a Cremano, in provincia e diocesi di Napoli, il 6 agosto 1889. La causa di beatificazione, iniziata già venticinque anni dopo la morte, è stata ripresa il 22 maggio 1993, integrata, negli anni 2003-2009, da un’inchiesta suppletiva. Il 1° dicembre 2016 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui il cardinal Massaja, le cui spoglie riposano nella chiesa dei Cappuccini a Frascati, è stato dichiarato Venerabile.



Vocazione tra i cappuccini
Lorenzo Antonio Massaja nacque l’8 giugno 1809 a La Braja, frazione di Piovà d’Asti, oggi Piovà Massaja. Trascorse l’adolescenza sotto la guida del fratello Guglielmo che era parroco a Pralormo. Frequentò come seminarista il Collegio Reale di Asti e il 6 settembre 1826, indossò il saio dei cappuccini alla Madonna di Campagna presso Torino: cambiò nome in Guglielmo, come quello del fratello prete.
Fu ordinato sacerdote a Vercelli il 16 giugno 1832, divenendo negli anni dal 1834 al 1836, direttore spirituale dell’Ospedale Mauriziano di Torino. Lì, oltre a diventare confessore del futuro santo Giuseppe Benedetto Cottolengo, ebbe la possibilità di apprendere le nozioni elementari di medicina e chirurgia.
Nei successivi dieci anni insegnò filosofia e teologia nel convento cappuccino di Moncalieri e assistette spiritualmente il futuro re Vittorio Emanuele II, incaricato dal padre Carlo Alberto, e il poeta patriota Silvio Pellico.

Vescovo missionario in Etiopia
Nel 1846, il cattolicesimo in Etiopia si era abbastanza diffuso, per cui il papa Gregorio XVI, istituì il Vicariato Apostolico dei Galla, nominando proprio il Massaja a reggerlo: per questo venne consacrato vescovo a Roma, il 24 maggio del 1846. I Galla, o meglio, gli Oromo, sono un gruppo etnico dell’Africa Orientale.
Monsignor Guglielmo Massaja lasciò l’Italia il 4 giugno 1846, ma raggiunse la sua missione solo il 21 novembre 1852, cioè sei anni dopo, pagando un prezzo inaudito di sofferenze. Attraversò otto volte il Mediterraneo, dodici volte il Mar Rosso; tentò per quattro volte di entrare nella blindata Abissinia, dal Mar Rosso, dall’Oceano Indiano e dal Sudan; subì quattro esili e quattro prigionie e per ben diciotto volte rischiò di morire.

Le fasi della sua missione
La sua opera apostolica si può dividere in periodi ben definiti: la missione dei Galla (1852-63); la permanenza in Europa (1864-66); la missione dello Scioa (1869-79). Nei 35 anni che caratterizzarono la sua opera missionaria, organizzò un clero locale compatto e fedele e compilò un catechismo accessibile ai fedeli e adeguato alla mentalità locale. Fondò poi molte stazioni missionarie in tutto il territorio abissino, fra cui Infinnì, che diventerà capitale dell’Etiopia nel 1889, con il nome di Addis Abeba.
Abbinò all’evangelizzazione una vasta opera sociale con la profilassi contro le malattie endemiche come il vaiolo: per questo fu chiamato «Padre del Fantatà» («Padre del vaiolo»). Inoltre, promosse l’abolizione della diffusissima schiavitù, scrisse di proprio pugno manuali scolastici per favorire l’istruzione, pubblicò in Europa la prima grammatica della lingua Galla, pacificò i contendenti nelle lotte tribali, creò centri di assistenza durante le carestie e le frequenti guerre.
Per la sua azione a favore delle missioni diplomatiche e scientifiche, fu nominato dal governo italiano ministro plenipotenziario nel trattato d’amicizia e commercio fra l’Italia e lo Scioa (Etiopia) il 1° marzo 1879.
Monsignor Massaja aveva uno stile di vita poverissimo. Per sfuggire alla cattura da parte dei suoi nemici, si travestiva da mercante e viaggiava abitualmente a piedi nudi. Tesseva continuamente relazioni fra i capi africani e l’Europa, dove tornò cinque volte; il re Menelik II lo trattenne come consigliere.

Il rimpatrio forzato e il cardinalato
Tutto questo finché il decreto dell’imperatore Joannes IV del 3 ottobre 1879, bloccò definitivamente l’azione di monsignor Massaja, che era stato soprannominato «Abuna Messias» dal suo avversario, il vescovo copto Abuna Salama: dovette firmare una rinuncia il 23 maggio 1880.
Papa Leone XIII, suo grande estimatore, lo rese arcivescovo e poi, il 10 novembre 1884, lo creò cardinale, premiando così il suo servizio a favore dell’evangelizzazione. Dietro suggerimento del Pontefice, il cardinal Massaja diede quindi inizio alla stesura delle sue memorie.

La morte
Ormai anziano e malato, nel 1889 stava trascorrendo qualche giorno di riposo presso Villa Amirante a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, ospite di alcuni amici. Era già il secondo anno che si recava lì per ritemprarsi: aveva subito due ictus cerebrali. Passava il suo tempo in maniera ritirata, dedicandosi, assistito dal suo segretario e dal suo fedele cameriere maltese, alla correzione e stesura della sua monumentale opera biografica: «I miei 35 anni di Missione nell’Alta Etiopia».
Il 6 agosto 1889, un collasso cardiocircolatorio lo portò alla morte. Alla notizia della sua scomparsa, papa Leone XIII esclamò: «È morto un santo!». Gli altri sette volumi delle sue memorie furono pubblicati in seguito; l’ultimo uscì nel 1895. Sulla facciata di Villa Amirante, in via Cavalli di Bronzo a San Giorgio a Cremano, è stata collocata una lapide, la cui iscrizione recita: «In questa casa – il cardinale Guglielmo Massaia – si estinse il 6 agosto 1889 – dopo lunga vita di apostolato per diffondere – la luce della civiltà e della fede – nei paesi fino allora inesplorati – della barbara Etiopia»
Il corpo del cardinal Massaja fu trasportato via ferrovia a Roma e tumulato nella cappella della Congregazione di Propaganda Fide al cimitero del Verano. L’11 giugno 1890, in ossequio ad un suo desiderio, fu traslato a Frascati nella chiesa dei Cappuccini, dov’è tuttora.
La tomba è sovrastata da una statua del 1892 che lo raffigura seduto, intento a riguardare i volumi dei suoi ricordi, scritti per volere del Papa. Nello stesso convento cappuccino c’è un interessante Museo etiopico con molti oggetti che lo ricordano, fra cui il leggendario bastone che portava dappertutto.
Nel 1939 la Romana Editrice Film, braccio operativo della Società San Paolo nel campo del cinema, produsse il suo primo lavoro cinematografico: «Abuna Messias», basato sul racconto dell’epopea missionaria del cardinale cappuccino.

Il processo di beatificazione: gli inizi e gli ostacoli
Nel frattempo, nel 1914, era stata avviata la causa di beatificazione del cardinal Massaja, a venticinque anni dalla morte, a opera dei padri Cappuccini. Furono aperti quattro processi canonici contemporaneamente: a Frascati, Napoli (nel cui territorio diocesano era morto il cardinale cappuccino), Torino e Asti. Di un quinto processo, svolto in Etiopia, si sono persi i documenti. Tuttavia, nel gennaio 1916, quando la causa era stata trasferita a Roma, papa Benedetto XV ne ordinò la sospensione, senza addurre alcuna motivazione scritta.
Il 5 dicembre 1941 venne aperto a Frascati il processo ordinario diocesano: dieci giorni dopo, il 15 dicembre, padre Raffaele da Valnegra, allora Postulatore generale dei Cappuccini, chiese di poter riesaminare la documentazione. La Sacra Congregazione dei Riti, alla quale competevano all’epoca i processi di beatificazione, non diede alcun impedimento a riguardo. Tuttavia, la causa rimase ferma per oltre un quarantennio.

La ripresa del processo
In seguito alla promulgazione delle norme rinnovate per lo svolgimento dei processi di beatificazione, avvenuta nel 1983, la causa venne riconsiderata in base ai nuovi criteri. Il 21 luglio 1987 la Santa Sede rilasciò il nulla osta, ma il processo ripartì del tutto il 22 maggio 1993, quando il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi rese pubblica una specifica determinazione in tale senso espressa dal Papa san Giovanni Paolo II. Ebbe gran peso a riguardo l’opinione del cardinal Angelo Sodano, astigiano come il Massaja e all’epoca Segretario di Stato, che l’aveva in alta considerazione sin dai tempi del Seminario.
Sempre in linea con le nuove norme, era necessario, per il proseguimento del processo, che si realizzasse un’inchiesta suppletiva sulla fama di santità nei luoghi dove il Servo di Dio era vissuto. Questa nuova fase si è aperta il 7 marzo 2003 nella diocesi di Frascati e si è conclusa il 10 marzo 2004. Ad essa è stata aggiunta un’ulteriore indagine in Etiopia, nella diocesi di Emdibir, conclusa il 10 marzo 2009. Entrambe le inchieste sono state poi convalidate dalla Congregazione delle Cause dei Santi.
Nel giugno 2014 è stata consegnata a Roma la “Positio super virtutibus”, approvata dai Consultori storici il 21 ottobre 2014. Anche i Consultori teologi e i cardinali e vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi hanno dato parere positivo circa l’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane da parte del Servo di Dio.
Infine, il 1° dicembre 2016, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui il cardinal Guglielmo Massaja veniva dichiarato Venerabile.
Nel 2009 è stata riferita in maniera informale all’allora Postulatore generale dei Cappuccini, padre Florio Tessari, la notizia di una presunta guarigione miracolosa avvenuta per sua intercessione. Si è quindi proceduto alla raccolta della relativa documentazione medica.

Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
 


 

Una vita eroica quella di Lorenzo Antonio Massaja, nato nel 1809 in Piemonte, a Piovà d’Asti (diventata Piovà Massaia). Figlio di un agricoltore, Giovanni, e di una casalinga, Maria Bertorello, settimo di otto fratelli, da ragazzo studia con il fratello maggiore Guglielmo, sacerdote. Entra in seminario ad Asti e diventa cappuccino francescano. Si fa chiamare Guglielmo, come il fratello e, diventato sacerdote, svolge il suo ruolo presso l’Ospedale Mauriziano di Torino dove apprende molto da medici e infermieri. È intelligentissimo ed ha grande memoria. Quanti doni ha ricevuto dal buon Dio Fra Guglielmo! E quanto è umile! Insegna teologia e filosofia. Ricchi e potenti, fra cui lo stesso re Vittorio Emanuele II, lo chiamano come confessore.
Papa Gregorio XVI riconosce i suoi meriti e lo nomina vescovo, inviandolo in missione in una terra lontana, l’Africa, in Etiopia. Senza paura, Guglielmo e il suo bastone, che non abbandonerà mai, assieme a quattro cappuccini, nel 1846 si avventura verso un lungo viaggio che dura sei anni, attraverso il fiume Nilo e il deserto. Quanti pericoli deve affrontare! le belve feroci (per tenerle lontane i cappuccini dormono circondati dal fuoco), le malattie, la fame, la sete, le tempeste di sabbia, la giungla, gli attacchi degli indigeni, le ostilità dei capi tribù, la prigione, l’esilio. Il vescovo ha fiducia in Dio e la sua ferma volontà di far conoscere Gesù e il Vangelo a quelle popolazioni è più forte di tutto. In Etiopia crea centri di assistenza per sfamare il popolo durante le carestie, cura le malattie, somministra il vaccino contro il vaiolo salvando migliaia di vite, compie operazioni chirurgiche, scrive libri in lingua locale di catechismo e per istruire i bambini. Scrive a mano, in stampatello e ricopia diversi esemplari. Non ha la fotocopiatrice! Il missionario astigiano si fa amare dalla povera gente anche per il suo impegno contro le guerre tribali che insanguinano quei territori. Una delle sue missioni diventa la capitale dell’Etiopia: Addis-Abeba (che significa “nuovo fiore”).
Tornato in Italia, nel 1884 Guglielmo viene nominato cardinale. Vive gli ultimi anni della sua vita portando a termine il compito ricevuto da papa Leone XIII: scrivere I miei trentacinque anni di Missione nell’Alta Etiopia, stampati in dodici volumi. Guglielmo Massaja muore nel 1889 a San Giorgio a Cremano (Napoli) e viene sepolto a Frascati (Roma), nella Chiesa di San Francesco d’Assisi, dove nel museo a lui dedicato è visibile il suo inseparabile bastone, compagno di tanti viaggi e straordinarie avventure.


Autore:
Mariella Lentini


Fonte:
Mariella Lentini, Santi compagni guida per tutti i giorni

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Aggiunto/modificato il 2023-08-01

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