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Serva di Dio Carolina Bellandi Terziaria Francescana

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Borgo S. Lorenzo (Firenze), 17 maggio 1895 - Prato, 27 dicembre 1986


Carolina Bellandi è la testimonianza che santi ci si può diventare anche vivendo nel secolo, impegnandosi attivamente a collaborare all’apostolato della Chiesa e dei suoi ministri.
Nacque a Borgo S. Lorenzo (Firenze) nella bella regione del Mugello, il 17 maggio 1895, in un umile famiglia di contadini. Crebbe nella robusta religiosità dei contadini di allora, al termine della Prima Guerra Mondiale nel 1919, coronò il suo sogno di sposarsi, convolando a nozze con Olinto Paladini.
In quegli anni il Mugello era tutto un fervore francescano, basti pensare che vi erano ben 5500 Terziari e ogni paese aveva la sua Congregazione; Carolina ne assimila ben presto l’ideale, facendosi anch’essa Terziaria Francescana nel convento dei Cappuccini di S. Carlo; dedicandosi amorevolmente all’aiuto dei poveri e forgiandosi nella preghiera.
Nel 1992 si trasferisce per lavoro a Firenze insieme al marito; i figli tanto desiderati e implorati con preghiera, penitenza e pellegrinaggi, purtroppo non ne vengono; dopo sette anni di lavoro, viene coinvolta nella grande crisi economica del 1929, perdendo l’occupazione alle Officine Galileo.
Utilizza il maggior tempo disponibile per pregare di più, assistendo nella chiesa della SS. Annunziata a più Messe giornaliere, benché il tempio sia lontano e faticoso raggiungerlo a piedi; il pomeriggio invece va all’Adorazione Eucaristica nella chiesa delle suore Calasanziane in via Faenza..
Si tempra così all’amore per l’Eucaristia e alla preghiera contemplativa che la condurranno ad ideare due opere meravigliose: L’Opera delle Prime Comunioni e l’Assistenza ai Monasteri di Clausura.
Nel 1935 attraversando il quartiere povero di S. Frediano a Firenze, nota dei ragazzi che chiassosamente giocano in piazza, li avvicina e scopre che non hanno fatto ancora la Prima Comunione, per la povertà e l’indolenza delle famiglie; allora Carolina Bellandi, contatta i familiari e offre tutto l’aiuto necessario per la cerimonia, previa una buona preparazione dei ragazzi, che affida per questo ai cappuccini di Montughi.
Durante la Messa della Fraternità del 6 gennaio 1936, il primo gruppo di ragazzi, riceve la Prima Comunione, forniti di tutto quanto occorre per l’occasione, dal vestito al rinfresco.
Nasce così l’Opera delle Prime Comunioni, la cerimonia si ripeterà ogni mese, finché nel 1950 viene gestita da padre Stanislao Livi, allargandosi anche in altre città come Pisa, Roma, in Sardegna e in tutta l’Italia Meridionale; in 30 anni riceveranno la Prima Comunione in questo modo, circa 20.000 ragazzi che la chiameranno “Mamma Carolina”, nome con cui sarà conosciuta in seguito meritatamente, perché li ha amati come figli, lei che di suoi non ne aveva avuto.
Il giro di denaro utilizzato in tutto questo tempo è notevole, svariati miliardi di lire, racimolati faticosamente con le offerte di pochi soldi alla volta; diceva a chi si meravigliava: “La banca di Gesù è tanto grande. Non sono i soldi che mancano. Mancano i cuori”. Con l’avanzare del benessere economico in tutta Italia, specie negli anni ’60, l’Opera gradualmente si estingue; ma Carolina, anche se ha 70 anni, non si sente stanca, né vuole ritirarsi dal fare del bene, ancora una volta ha un’idea geniale.
In quegli anni di post-Concilio in preda a crisi di fede (vedi divorzio, aborto, ecc.) lei va a bussare ai Monasteri di clausura, cittadelle della preghiera e della penitenza, per chiedere alle consacrate l’aiuto spirituale necessario in quella lotta gigantesca contro il male.
Carolina prende anche ad aiutarle nelle loro necessità, stoffa, viveri, denaro, affinché non debbano essere costrette a dedicarsi ad opere sociali a scapito della clausura. Le consola, dà il sostegno spirituale in un’epoca di forte efficientismo, che le fa sentire inutili nella loro clausura e che le fa soffrire; anche le monache accettano la presenza, la semplicità, il parlare di questa povera laica e le diventano amiche, subendo il fascino del suo fervore.
Era nata l’Opera di assistenza ai Monasteri di Clausura, la gratitudine e l’ammirazione delle claustrali è dimostrata dalle tante lettere e testimonianze raccolte poi sulla sua vita. Carolina rimase attiva fino alla morte, avvenuta a 91 anni, il 27 dicembre 1986; subì un incidente stradale mentre si recava come al solito, a raccogliere le offerte per le sue ‘Monachine’.
Fu trasportata all’ospedale di Prato, dove stette in rianimazione per una decina di giorni, lucida fino all’ultimo, il giorno di Natale, salutava chi la visitava, con un sorriso dicendo “Arrivederci in Paradiso!”.
Carolina fu un umile donna del popolo, aveva fatto appena la terza elementare. Era ricca solo dell’esperienza che viene dalla dura vita dei campi, temprata al sacrificio; dalla natura però aveva ricevuto un carattere forte, volitivo, dinamico, protagonista, con qualche inconveniente dovuto appunto al carattere, come tentativi di imporre la sua volontà, musonerie, ecc. ma la prima critica di sé stessa, era proprio lei, diceva: “Vedo chiaramente che se Dio non mi tenesse le mani sul capo, non so quali peccati non potrei commettere…”.
A chi le chiedeva il perché il Signore si serviva di lei, rispose: ”Il Signore aveva bisogno di una ‘buona a nulla’, per affidarle quest’incarico e non trovando di peggio, si è servito di me, lingua lunga, legno storto, maldicente e truffellona”.
Il processo per la sua beatificazione è stato aperto il 18 ottobre 2001 per l’interessamento dell’O.F.S. della Toscana, per questa sua degna figlia.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2002-12-27

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