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Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo

Testimoni

Napoli, 6 ottobre 1882 - 19 novembre 1970


“Fui chiamato Dolindo, che significa dolore…” sono sue parole per spiegare il significato di questo strano nome, elaborato ed impostagli dal padre al battesimo. Fu tutto un programma di vita, che inconsapevolmente il genitore predestinò al quinto dei suoi 11 figli.
Dolindo nacque a Napoli il 6 ottobre 1882 da Raffaele Ruotolo, ingegnere e matematico e da Silvia Valle discendente della nobiltà napoletana e spagnola; il dolore effettivamente si presentò nella sua vita prestissimo, a 11 mesi subì una operazione chirurgica sul dorso delle mani, per un osso cariato, poi un altro intervento per un tumore sotto la guancia che interessò anche le ghiandole.
La numerosa famiglia, le scarse entrate, la quasi avarizia del padre, facevano si che nella sua casa si soffrisse la fame, con mancanza di vestiario e scarpe. La sua vita l’ha raccontata in una poderosa ‘Autobiografia’ oggi stampata in due volumi, con il titolo “Fui chiamato Dolindo, che significa dolore”; egli racconta che in casa vigeva la eccessiva rigidità del padre, che fra l’altro non li mandava a scuola, dando loro personalmente sommarie lezioni di leggere e scrivere.
Nel 1896, i coniugi Ruotolo troppo diversi nel carattere, si separarono e Dolindo con il fratello Elio, venne messo nella Scuola Apostolica dei Preti della Missione in via Vergini. Dopo tre anni, a fine 1899, venne ammesso al noviziato e nel maggio 1901 passò allo Studentato dei Preti della Missione che durò quattro anni fino al 1905.
Nel 1903 fece domanda di andare in Cina come missionario; il Visitatore dell’Ordine gli rispose: “Dio le dà questo desiderio per prepararla alle sofferenze e all’Apostolato. Sarà martire, ma di cuore, non di sangue. Rimanga qui e non ne parli più".
Il 1° giugno 1901, fece i voti religiosi e il 24 giugno 1905 venne ordinato sacerdote, celebrò la Prima Messa il giorno seguente, assistito dal fratello Elio già sacerdote; fu nominato maestro di canto gregoriano e professore dei chierici della Scuola Apostolica.
La vita da sacerdote ‘Vincenziano’, fu intessuta da tanti episodi dolorosi, che mortificarono padre Dolindo, dandogli però quella forza di sopportare tutto senza ribellarsi, prendendo tutto ciò come manifestazione della particolare attenzione di Dio nei suoi confronti e che lo forgiava a ciò che era destinato in seguito.
Fu a Taranto insieme ad un altro sacerdote, che purtroppo usò con lui atteggiamenti di scarsa carità e considerazione, riprendendolo spesso davanti agli alunni di quel collegio, che già aveva tanti problemi di disciplina. Tutto ciò portò nel 1907 al suo trasferimento da Taranto a Molfetta come insegnante nel seminario e maestro di canto gregoriano, trascorse in questo luogo sei mesi, risollevandosi nello spirito, ma rammaricandosi di non avere più ogni giorno, quelle mortificazioni divenute necessarie per la sua anima, tutta protesa verso il Cristo sofferente.
Ma dal 3 settembre 1907, le forze dell’incomprensione e del dolore si scagliarono contro padre Dolindo Ruotolo; fu chiamato da p. Volpe che era stato trasferito a Catania, a dare un giudizio su una giovane donna di nome Serafina, sembrava che avesse doti di veggente e che aveva avuto già un parere positivo dallo stesso padre Volpe.
Giunta la donna a Giovinazzo vicino Molfetta, padre Dolindo ebbe modo di confessarla e controllarla personalmente per otto giorni, sentendola parlare anche in estasi; il parere fu positivo da parte sua, anche se la supposta veggente asseriva di assistere alla ‘manifestazione dello Spirito Santo in forma di bambino’.
La sua relazione fu travisata dal Visitatore (Superiore Generale) di Napoli, per cui ciò che era l’affermazione di una ‘visione’ fu distorta e divenne una ‘incarnazione dello Spirito Santo’, per padre Ruotolo fu la fine, ogni chiarimento e delucidazione sulla relazione fu inutile, il Visitatore rimase convinto che lui sostenesse questa eresia.
Il 29 ottobre 1907 fu richiamato a Napoli, intimato di non interessarsi più di questi fatti straordinari, della supposta veggente di Catania e lo sospese dalla celebrazione della Messa. Anche il padre Volpe era stato richiamato da Catania e sospeso; tutti nella Casa dei Vergini lo sfuggivano come uno scomunicato, il 4 dicembre 1907, partì per Roma per sottoporsi al giudizio dell’allora Sant’Uffizio, stette in esame circa quattro mesi, ma lui non tornò indietro su quanto aveva relazionato, perché visto e sentito con i suoi occhi e quindi non tolse la sua solidarietà al suo superiore padre Volpe.
Sospeso dai sacramenti, fu sottoposto anche a perizia psichiatrica, dove risultò sano di mente. Ridatigli i sacramenti, fu inviato di nuovo a Napoli con l’espulsione dalla Comunità e il 15 maggio 1908 con la morte nel cuore, ritornò nella sua casa. Seguono anni di tormenti di ogni genere, dovette accettare di essere esorcizzato, considerato come un pazzo, i fatti furono riportati negativamente sulla stampa e travisati, per cui sia lui che p. Volpe si trovarono completamente emarginati.
Nella sua solitudine cominciò ad avere delle comunicazioni soprannaturali, per cui scriveva quanto gli veniva rivelato, specie da santa Gemma Galgani; il 22 dicembre 1909 Gesù gli parlò solennemente dall’eucarestia. Si spostò a Rossano in Calabria e da lì parte la richiesta di revisione, con l’aiuto di prelati amici e certi della sua dottrina e alcuni anche testimoni dei suoi doni soprannaturali; l’8 agosto del 1910 viene riabilitato dopo due anni e mezzo di sospensione.
Ma una seconda volta nel dicembre 1911, padre Dolindo viene convocato a Roma, alloggiando in una specie di carcere sacerdotale del Sant’Uffizio e rimandato a Napoli nel 1912. A questo punto, a causa dello spazio, non si può proseguire nel descrivere nei particolari la sua vita; egli subirà anche un processo nel 1921, verrà condannato, esiliato di nuovo, il suo dolore è immenso, vengono messe in giudizio anche le locuzioni con Gesù che egli riceveva, la critica alle sue opere letterarie e teologiche erano aspre.
Venne definitivamente riabilitato il 17 luglio 1937; pur ricevendo ancora dolori ed incomprensioni, la sua vita di sacerdote ormai diocesano, prosegue a Napoli nella chiesa di S. Giuseppe dei Vecchi, di cui il fratello don Elio sarà parroco. Egli è l’ideatore dell’'Opera di Dio', il cui senso è una rinnovata vita eucaristica, cioè il contatto personale e consapevole dell’uomo con Gesù vivo e vero, la disponibilità a lasciarsi trasformare in Lui, come rimedio ai tanti mali che affliggono l’individuo e che si riflettono su scala più ampia sul mondo intero.
Intorno a lui si radunarono tante giovani donne e uomini, tutti di cultura elevata o laureati, che formarono l’Opera “Apostolato Stampa” che diffusero in ogni luogo l’insegnamento di padre Dolindo, attraverso soprattutto la stampa dei suoi scritti e delle tante riedizioni.
Certo che di scritti di padre Ruotolo ce ne sono parecchi, vanno dal monumentale “Commento alla Sacra Scrittura” in 33 grossi volumi, alle tante opere di teologia, ascetica e mistica; interi volumi di epistolario, scritti autobiografici e di dottrina cristiana.
Nel 1960 inizia un altro calvario per padre Dolindo, un ictus lo immobilizza il lato sinistro, ma non lo ferma, dal suo tavolino continua a scrivere alle sue ‘Figlie spirituali’ sparse un po’ dovunque, finché dopo dieci anni di queste sofferenze fisiche, si spense il 19 novembre 1970.
Vera luce della spiritualità napoletana e della Chiesa cattolica; riposa nella chiesa di S. Giuseppe dei Vecchi, dove è anche la tomba di suo fratello Elio.
Le ‘Figlie spirituali’ di don Dolindo, tengono vivo il suo ricordo ed i suoi insegnamenti nella “Piccola Casa della Scrittura”.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2002-12-27

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