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Venerabile Paolo Pio Perazzo Terziario Francescano

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Nizza Monferrato, Asti, 5 luglio 1846 – Torino, 22 novembre 1911


Presto i ferrovieri potrebbero avere un patrono in cielo, ma già adesso hanno un validissimo modello cui ispirarsi. Il “ferroviere santo” Paolo Pio Perazzo nasce a Nizza Monferrato nel 1846. A 15 anni, dopo il ginnasio, viene assunto come bigliettaio alle dipendenze delle piccole ferrovie del Regno Sardo, che nel tempo e proprio a partire da quell’anno (siamo nel 1861), diventeranno le ferrovie dello stato italiano. Prima lavora nella piccola stazione di Pinerolo, poi viene trasferito a Porta Nuova, a Torino. È intelligente, capace e solerte e così diventa autore di quasi tutti i regolamenti interni di cui le Ferrovie devono dotarsi in quegli anni. Ci sarebbe da aspettarsi che un uomo così faccia carriera e che possa aspirare ad un più che dovuto aumento di stipendio, invece, inspiegabilmente, non riesce ad andare oltre la qualifica di sotto-capoufficio, dato che gli rifiutano gli avanzamenti cui avrebbe diritto, se non altro per anzianità. Gli fanno sputare sangue anche sui turni di lavoro e sugli straordinari, in una parola cercano di rendergli la vita impossibile per il semplice fatto che lui non fa mistero della propria fede e non si piega a ricatti o a compromessi. In un periodo in cui la massoneria serpeggia nelle alte gerarchie delle Ferrovie, Paolo è antimassone dichiarato, fonda o dirige associazioni antiblasfeme, combatte il turpiloquio, è l’anima delle associazioni cattoliche di quella seconda metà dell’Ottocento torinese. Come se non bastasse, è legato da fraterna amicizia e da profonda sintonia spirituale con le figure eccellenti del cattolicesimo dell’epoca, da don Bosco al Murialdo, dalle sorelle Comoglio a  Giuseppe Toniolo e Faà di Bruno. Come a dire: i santi non spuntano come funghi e, da vicino o da lontano, si conoscono, si stimano e si aiutano a vicenda. Se Paolo vivesse oggi, il suo sarebbe un caso di mobbing da portare in tribunale, ma in un periodo in cui i diritti dei lavoratori fanno ancora fatica a farsi strada lui reagisce a modo suo all’indiscutibile discriminazione che i superiori esercitano a suo danno: svolgendo nel più scrupoloso dei modi il suo servizio, non badando ad orari, turni, riposi e festività, tutto orientato a trasformare il suo lavoro in mezzo di santificazione, come gli insegna anche la spiritualità francescana di cui è permeato come iscritto al Terz’Ordine. Per piacere, però, non chiamatelo crumiro e neppure desistente, piuttosto uomo dalla schiena diritta e dalle spalle larghe, che tutto sopporta con invidiabile serenità e inalterata fede in Dio, attingendo forza dall’Eucaristia, ricevuta e adorata, perché, tra l’altro, si è fatto promotore dell’adorazione quotidiana, fondando e presiedendo un’arciconfraternita, ancora oggi viva e operante. Forse in linea con lo stile di vita sobrio e austero che si è imposto, certamente in armonia con la sua coscienza di cattolico paziente e mite, rinuncia a far valere i propri diritti, ma non dimentica quelli dei colleghi e nel 1910 figura tra i fondatori del primo sindacato cattolico dei ferrovieri, per i quali fa stampare anche un periodico, “Il Direttissimo”. Mette la sua penna a servizio della stampa cattolica e il suo portafoglio a disposizione dei poveri, primi fra tutti i colleghi bisognosi, le loro vedove e i loro orfani, mentre le Conferenze di San Vincenzo torinesi lo annoverano tra i loro confratelli più fedeli e generosi. Dopo 47 anni di servizio neppur adeguatamente remunerato, Paolo viene collocato in pensione anticipata con due soli giorni di preavviso, per il semplice fatto di aver osato denunciare ai superiori i soprusi fino a quel punto subiti. Gli rovinano così anche la pensione e a nulla serve un ricorso al Consiglio di Stato, ma non per questo Paolo perde la sua serenità, ritrovandosi anzi con più tempo da dedicare alle varie associazioni di cui fa parte, in Diocesi ed anche fuori. Muore il 22 novembre 1911, per la morsicatura di un cagnolino rabbioso e per l’errata diagnosi dei medici, che gli fanno iniziare la cura antirabbica quando ormai per lui non c’è più nulla da fare. Sepolto in un primo tempo a Nizza Monferrato nella tomba di famiglia, 40 anni dopo il “santo di Porta Nuova” ritorna a Torino come in trionfo. Nel 1998, con il riconoscimento delle sue virtù eroiche, viene dichiarato venerabile e si attende un miracolo per la sua beatificazione.

Autore: Gianpiero Pettiti
 


 

Nel centro storico di Torino vi è la parrocchia di S. Tommaso apostolo, la cui prima costruzione risale al 1100 ca., grande centro di spiritualità francescana, per l’annesso convento che per molti anni fu “Provincia Francescana”, è stata ed è inserita nel grande movimento spirituale che interessò, specie nell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la storica città di Torino, che produsse tante figure di altissima santità, operanti specie nel campo del sociale, tanto da meritarsi il titolo di “Città dei Santi”.
Molti personaggi del secolo scorso, attendono il riconoscimento ufficiale della Chiesa della loro santità, alcuni di questi riposano nella suddetta Chiesa di S. Tommaso: le Serve di Dio Giuseppina e Teresa Comoglio, Catterina Lucia Bocchino, il servo di Dio Leopoldo Musso ed il venerabile Paolo Pio Perazzo.
E del venerabile Paolo Pio Perazzo ferroviere alla Stazione di Porta Nuova a Torino, parliamo in questa scheda biografica; per lui vale quanto affermava papa Pio XII: “Oggi non occorrono gli apologeti, ma i testimoni”, riferendosi ai nostri tempi ammalati di soggettivismo, in cui comunque l’uomo continua ad essere l’uomo di sempre, con i suoi pregi ed i suoi difetti.
Paolo Pio Perazzo (come ogni santo) è stato e resta un testimone credibile, perché da laico impegnato, ha consumato in silenzio il suo quotidiano martirio.
Nacque a Nizza Monferrato (Asti) il 5 luglio 1846 e battezzato il giorno dopo nella parrocchia di S. Siro, al nome Paolo fu aggiunto Pio in onore del papa appena eletto Pio IX; nel 1856 e 1867 ricevé la Prima Comunione e la Cresima; la sua grande guida fu lo zio don Carlo, professore di ginnasio che Paolo Pio seguirà nei suoi trasferimenti a Villafranca Piemonte, Moncalvo e Pinerolo e in quest’ultima località, a causa della malferma salute, dopo aver conseguito il diploma ginnasiale, su consiglio dello zio, egli lasciò gli studi e nell’anno dell’Unità d’Italia, il 31 maggio 1861 a 16 anni, entrò come volontario nella Stazione ferroviaria di Pinerolo.
Soprassediamo sui punti di convergenza della sua vita di allora, con la situazione delle non grandi Ferrovie del Regno Sardo, divenute con vari passaggi Ferrovie dello Stato; proseguiamo con il 1° febbraio 1867, quando a 21 anni venne trasferito da Pinerolo a Torino (Porta Nuova) dove resterà per 41 anni.
Il 15 aprile 1908 dopo solo 2 giorni e mezzo di preavviso, venne licenziato scandalosamente senza aver raggiunto ancora il limite di età e a nulla valse il ricorso al Consiglio di Stato; vedremo più avanti il perché, intanto se avesse compiuto la carriera normalmente, avrebbe dovuto raggiungere la qualifica di Capodivisione oppure di Ispettore Capo, invece rimase per tutta la vita un Capoufficio senza avanzamento di carriera e quasi sempre con lo stesso stipendio.
La sua attività di dipendente delle tre Società Ferroviarie fu esemplare, integerrima, pur nel caos spaventoso in cui versavano allora le gestioni, cercò di dare il suo aiuto non badando ad orari, festività, turni, straordinari non pagati; stilò vari Regolamenti che ebbero un’incidenza importante nel futuro delle Ferrovie. Non si tirò indietro quando bisognava difendere i diritti di terzi e degli operai stessi contro le Ferrovie.
Non nascose mai il suo amore per la Fede e per il papa, in quei tempi di persecuzione laico-massonica, i cui esponenti e suoi superiori, conoscendo le sue idee cattoliche e la sua forza spontanea nell’affermarle nell’ambiente di lavoro, non lo favorirono mai, umiliandolo invece, con la promozione ai gradi superiori di giovani che lui stesso aveva introdotto nel lavoro ferroviario.
Il suo tempo libero fu impiegato con entusiasmo aderendo al “Circolo Giovanile Valfré”, in cui confluiva la migliore gioventù torinese, divenendo una sorgente di proposte e un animatore di iniziative apostoliche e benefiche.
Attraverso le Conferenze di S. Vincenzo e degli Operai Cattolici, poté interessarsi dei poveri. Convinto dell’importanza della ‘buona stampa’, collaborò con s. Leonardo Murialdo per la fondazione del settimanale “La Voce dell’Operaio” con il quale si potevano diffondere i principi sociali enunciati dall’enciclica “Rerum Novarum” di papa Leone XIII.
Promosse una “Lega Mondiale degli Scrittori Cattolici” suddividendoli in tre categorie: scienze, lettere ed arti, giornalismo; egli stesso scrisse innumerevoli scritti pubblicati anonimi; fondò un Bollettino mensile che dopo varie denominazioni, nel 1885 si chiamava “Crociata”, la maggior parte degli articoli del “Bollettino Eucaristico” furono opera del suo cuore.
Anima di tanta attività era la preghiera, la meditazione della Parola di Dio, l’Adorazione del SS. Sacramento nelle chiese di S. Secondo, S. Tommaso e S. Maria di Piazza; inoltre aveva una vivissima devozione verso la Madonna.
Completò il suo vivere di fervente cristiano, entrando il 19 marzo 1875 come Terziario nella Fraternità Francescana di S. Tommaso, che come già accennato era numerosa e ben organizzata, anche per la presenza di tanti frati e frequentata da tante sante figure dell’epoca, come s. Giovanni Bosco e s. Giovanni Murialdo.
In difesa del papa si scontrò varie volte con le forze ostili massoniche (era iscritto alla Lega antimassonica); divenne impegnatissimo nella raccolta dell’Obolo di san Pietro e il suo nome compariva fra i maggiori offerenti di ogni anno e questa fu la causa del mancato avanzamento di stipendio: Il “papalino Paolo Pio Perazzo” avrebbe donato l’aumento al papa.
Innamorato dell’Eucaristia, centro e fonte della sua vita interiore, accogliendo il desiderio delle Serve di Dio le sorelle Teresa e Giuseppina Comoglio, diede vita ad una nuova Associazione, chiamata “Adorazione Quotidiana Universale Perpetua”, che avesse due intenzioni: ‘risarcire’ Cristo delle offese ricevute e ‘placare’ la divina giustizia.
Dalla esuberanza del suo amore per Gesù Eucaristia, nacque l’Associazione dei ‘Paggi del SS. Sacramento’.
L’Arciconfraternita dell’Adorazione Quotidiana Universale Perpetua venne approvata dall’Arcivescovo di Torino il 23 aprile 1892, fissandone come sede primaria la parrocchia di S. Tommaso; come direttore spirituale il parroco Enrietti e approvando lo Statuto compilato dallo stesso Perazzo, che ne diventò Presidente.
Con il beneplacito dei papi Leone XIII e s. Pio X, l’Arciconfraternita con lo zelo di Paolo Pio si estese sorprendentemente prima in tutta Torino, poi anche in altre Diocesi anche straniere. La benemerita storia della Arciconfraternita continua ancora oggi, viva e fortificante, venne approvata definitivamente dal papa il 22 novembre 1911, ma Paolo Pio Perazzo che aveva tanto chiesto ciò, nell’udienza papale del 28 ottobre precedente, non poté saperlo perché proprio quella notte del 22 novembre a Torino, quasi un’immolazione, la sua vita terrena cessò, dopo la triste avventura di una morsicatura di un cane rabbioso, avvenuta proprio a Roma il mese precedente.
La sua salma fu trasportata e sepolta a Nizza Monferrato, nella tomba di famiglia. Il 30 gennaio 1925 si aprì a Torino il Processo Ordinario sulla vita, le virtù e la fama di santità del Servo di Dio. Il 19 marzo 1953 le sue spoglie furono riportate, giungendo a Porta Nuova, nella chiesa di S. Tommaso a Torino e deposte in un sarcofago; il 6 aprile 1998 fu proclamato ‘venerabile’ con il riconoscimento delle sue virtù eroiche, da papa Giovanni Paolo II.
A causa della ristrettezza dello spazio disponibile, non si può aggiungere altro in questa scheda, ma gli aspetti spirituali, di lavoratore, di organizzatore, di laico impegnato, sono tanti che si rimanda per un approfondimento biografico alla parrocchia di S. Tommaso di Torino.

Autore: Antonio Borrelli
 


 

Paolo Pio Perazzo nasce nel 1846 a Nizza Monferrato (Asti), tra rigogliose colline e ubertosi vigneti. Paesaggio di incomparabile bellezza quello del Monferrato, nominato dall’Unesco, assieme a Langhe e Roero, Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Per studiare, Paolo segue lo zio sacerdote Don Carlo, insegnante di liceo, a Pinerolo (Torino). Il ragazzo frequenta la chiesa e diventa un buon cristiano, devotissimo alla Madonna. Per tutta la vita, nel quotidiano, nell’ambiente di lavoro, nella società in cui vive, Paolo testimonia la sua fede, con le parole, gli scritti e, soprattutto, con i fatti. Riesce a farsi assumere dalle Ferrovie dello Stato a Pinerolo, come bigliettaio. Ha solo quindici anni. Viene notato per la sua intelligenza che, unita alla passione per il lavoro e alla buona volontà, lo fa avanzare di carriera.
Promosso capo ufficio nella stazione di Porta Nuova a Torino, le sue capacità organizzative sono eccellenti, il suo cuore è grande e generoso. Testimonia a tutti la sua fede in Gesù e mette in pratica il Vangelo aiutando economicamente i suoi colleghi più poveri, le vedove, gli orfani. Vive senza lussi e utilizza il suo stipendio per soccorrere i bisognosi della sua città, come quando elargisce elemosine ai ragazzini emigrati dal Sud Italia che, davanti alla stazione di Porta Nuova, vendono fiammiferi. Amato dai colleghi, per i quali si batte, costituendo un sindacato cattolico dei ferrovieri, viene chiamato “il ferroviere Santo” oppure “il santo di Porta Nuova”. Paolo non è altrettanto stimato dai superiori, anticlericali. Lo ostacolano sia nell’avanzamento di carriera, sia con orari e turni di lavoro massacranti. Il ferroviere piemontese risponde con umiltà e pazienza. Si impegna ancora di più e lavora anche dodici ore al giorno. Non rivendica i propri diritti, lo fa, invece, per i suoi compagni, con coraggio. E i dirigenti lo mandano in pensione anticipatamente, per toglierselo di torno.
Paolo non si sposa e non diventa prete. Aderisce, però, al Terz’Ordine Francescano, ad associazioni cattoliche per la diffusione del Vangelo tra i giovani e alle attività caritative dei gruppi della San Vincenzo de’ Paoli. Fonda la Pia Unione contro la bestemmia ed il turpiloquio, crede nella “buona stampa” e scrive articoli per i giornali cattolici. Collabora con San Giovanni Bosco, del quale è amico. Con le sorelle Teresa e Giuseppina Comoglio fonda l’Adorazione Eucaristica Quotidiana. Muore nel 1911, a Torino, dove riposa nella Chiesa di San Tommaso.


Autore:
Mariella Lentini


Fonte:
Mariella Lentini, Santi compagni guida per tutti i giorni


Note:
Per approfondire: P.G. Pesce “Un ferroviere testimone del Vangelo” (ed LDC-Velar)

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Aggiunto/modificato il 2023-10-27

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