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Beato Federico Albert Sacerdote e fondatore

30 settembre

Torino, 16 ottobre 1820 – Lanzo Torinese, Torino, 30 settembre 1876

Nacque a Torino il 16 ottobre 1820. Ordinato sacerdote, fu dapprima cappellano di Corte, poi parroco di Lanzo Torinese. Uomo di fede e di preghiera, aperto e sensibile alle necessità di tutti, fondò le Suore Vincenzine di Maria Immacolata (oggi dette anche "Albertine"), perché, nello sp irito di san Vincenzo de' Paoli, si dedicassero all'educazione de i giovani e all'assistenza degli ammalati e dei bisognosi. Chiamò don Bosco a Lanzo Torinese. Ricusò umilmente il vescovato di Pinerolo. Mori a Lanzo Torinese il 30 settembre 1876 e venne proclamato beato da Giovanni Paolo II il 30 settembre 1984.L'Arcidiocesi di Torino celebra il 28 settembre la sua memoria facoltaiva.

Martirologio Romano: Nel villaggio di Lanzo vicino a Torino, beato Federico Albert, sacerdote: da parroco, fondò la Congregazione delle Suore di San Vincenzo de’ Paoli dell’Immacola Concezione per assistere in ogni modo i più poveri.


Un’altra grande figura della santità, fiorita nell’Ottocento, nella città di Torino, che pur essendo nominata come crocevia di un ipotetico satanismo, ha invece dato alla Chiesa e al mondo cattolico numerosi santi, beati e venerabili, che hanno onorato proprio Torino con il frutto delle loro Opere sociali, assistenziali, fondazioni di Ordini e Congregazioni religiose.
E fra questi annoveriamo il beato Federico Albert che a Torino nacque il 16 ottobre 1820, primo dei sei figli di Lucia Riccio e del generale Luigi Albert, dello Stato Maggiore del Regno Sabaudo. Si sa che trascorse l’infanzia presso i nonni materni, ma si ignora dove frequentò la scuola elementare.
Raggiunto i 15 anni, la famiglia era convinta che fosse inclinato alla carriera militare, quindi suo padre si attivò per farlo ammettere all’Accademia militare di Torino.
Improvvisamente però avvenne una svolta nella vita del giovane Federico, perché un giorno mentre stava pregando nella chiesa di S. Filippo, presso l’altare del beato Sebastiano Valfré (1629-1710) oratoriano di Torino, sentì l’ispirazione di diventare sacerdote.
Il padre sorpreso e nel contempo contrariato, non oppose però difficoltà e così a 16 anni, nell’autunno del 1836, Federico Albert indossò l’abito talare, incominciando la sua formazione religiosa presso il clero della Chiesa degli Oratoriani; nel contempo per la sua formazione culturale si iscrisse alla Facoltà Teologica presso la Regia Università di Torino, laureandosi in teologia il 19 maggio 1843; il successivo 10 giugno fu ordinato sacerdote.
Per la posizione del padre e per le sue spiccate doti sacerdotali, fu segnalato all’attenzione della Corte Sabauda e così nel 1847, il re Carlo Alberto lo nominò Cappellano di Corte; padre Federico Albert esercitò quest’Ufficio senza isolarsi dalle necessità apostoliche esterne alla Corte, e quindi nel contempo si interessò a sollevare i bisogni dei poveri e derelitti, che a Torino come in tutta Italia, erano numerosi in quell’epoca.
Il tempo in cui visse alla Corte dei Savoia, fu difficile per i rapporti fra Stato e Chiesa, che specie in Piemonte, fulcro del Risorgimento Italiano, furono abbastanza traumatici, mettendo a dura prova molti cattolici.
Padre Albert usò tutta la coerenza e il tatto possibile, offrendo anche suggerimenti in linea con il Vangelo, meritando perfino la stima del sovrano Vittorio Emanuele II e dei suoi familiari.
Ma la sua insoddisfazione per non poter esercitare a tempo pieno il suo ministero sacerdotale, gli fece lasciare l’incarico a Corte e si presentò a s. Giovanni Bosco, che in quegli anni rivoluzionava a Torino, la catechesi e l’istruzione giovanile.
Don Bosco l’accolse tra i suoi collaboratori e gli diede l’incarico nel 1848, di predicare gli Esercizi spirituali ai giovani dell’Oratorio di Valdocco. Ancora per due anni dal 1850 al 1852 si dedicò al ministero presso la parrocchia di S. Carlo; nel 1852 ebbe l’incarico di vicario e poi come parroco a Lanzo Torinese.
In quel periodo il paese di Lanzo aveva già una notevole attività commerciale, per il suo mercato diventato il centro dell’alta valle ma anche dei paesi della pianura canavese, ma non aveva ancora un’industria e quindi la sua economia era piuttosto debole; padre Albert fece diventare Lanzo Torinese, il centro delle istituzioni scolastiche e sociali dell’alta e bassa valle.
Il suo programma di parroco è racchiuso nella scritta, che fece porre nell’atrio della casa parrocchiale “Il Buon Pastore dà la vita per le sue pecorelle” e che professò fino alla morte. Fondò l’asilo infantile nel 1858 affidandolo alle Suore di Carità; nel 1859 fondò l’Orfanotrofio per le fanciulle abbandonate e nel 1866 realizzò l’educandato femminile con la scuola elementare, con corsi di francese, di disegno, di musica e per la preparazione a diventare maestre.
La sua opera ebbe grande diffusione e apprezzamento, perché a quell’epoca, specie nei centri rurali era impedito alle ragazze di accedere all’istruzione; nel 1864 si adoperò affinché s. Giovanni Bosco aprisse a Lanzo un Oratorio, che poi diventò un Collegio per i ragazzi.
In campo pastorale indisse le missioni per il popolo, a cui dedicava tutto sé stesso, giorno e notte; grande predicatore tenne varie volte gli esercizi spirituali per il clero e per i laici. Alla fine nel 1869, per assicurare la continuità delle sue opere educative, padre Albert fondò l’Istituto delle “Suore Vincenzine di Maria Immacolata” oggi conosciute come “Suore Albertine”; fondate per un’urgenza di carità locale e secondo le forme di apostolato del tempo, oggi eseguono il loro ‘servizio’ nei veri campi dell’educazione, istruzione, assistenza, dovunque possono arrivare, senza aspettare iter burocratici.
Rifiutò le proposte di diventare vescovo delle diocesi di Biella e di Pinerolo, per rimanere accanto alle sue opere parrocchiali. Sulla scia della “questione operaia” esplosa in Italia in quel periodo, padre Albert capì l’importanza di aprire una “questione contadina” e nel 1873 fondò una Colonia Agricola per formare agricoltori onesti, religiosi ed esperti.
E fu proprio nelle adiacenze della Colonia Agricola, che padre Federico Albert, perse la propria vita in un incidente, perché cadde da un’impalcatura montata provvisoriamente, per applicare dei festoni alla volta della Cappella, che aveva fatto erigere per l’Oratorio parrocchiale.
Cadde da sette metri d’altezza, battendo fortemente la testa; trasportato dai soccorritori nella casa parrocchiale, ci si rese conto subito della gravità del suo stato; gli furono amministrati gli ultimi sacramenti e al suo capezzale accorse anche s. Giovanni Bosco, che era in visita all’Istituto Salesiano di Lanzo; padre Albert morì due giorni dopo, la mattina del 30 settembre 1876.
Sepolto inizialmente nel cimitero di Lanzo, fu traslato nel 1877 nella Cappella del Cuore di Maria, nella chiesa parrocchiale di S. Pietro in Vincoli.
È stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 30 settembre 1984.

DAGLI SCRITTI DEL BEATO FEDERICO ALBERT
(Archivio della Congregazione delle Suore Vincenzine di Maria Immacolata, Manoscritti del Beato)

Amiamo Dio perché si merita amore

Fratelli, siamo fermi nella fede! Il fine che ebbe il Signore nell'elargirci il dono della fede fu non di dare una sterile cognizione alla nostra mente, ma di illuminare i nostri passi perché si dirigessero, sicuri, per quella strada che mena all'eterna vita: la strada della giustizia, la strada della virtù. La fede guida i nostri passi nella via della pace. La fede in un Dio onnipotente deve far nascere in noi due distinti sentimenti: un sentimento di illimitata confidenza e un sentimento di sacro timore.
Dio vuole essere chiamato da noi col dolce nome di Padre, perché come un padre amorosissimo ci ha dato l'essere, ci ha comunicato la vita, ci ha formati a sua immagine e somiglianza, provvede a tutti i nostri bisogni e ci ha preparato un'eredità eterna onde farci per sempre felici. Corrispondiamo a tanto paterno amore con un ossequio filiale, con una illimitata confidenza in lui e temiamo grandemente di offenderlo. Amiamo dunque Dio perché si merita amore: l'incomparabile sua bontà a nostro riguardo esige da noi tenerezza e amore. E chi non amerà un Signore così buono e amabile, il quale tutto ciò che ha fatto di grande sulla terra nell'ordine della natura e della grazia, tutto ciò che ha fatto di bello nel cielo, nell'ordine della gloria, lo ha fatto per noi? Nel tempo stesso che dobbiamo adorare in Dio una maestà infinita, noi possiamo chiamarci figlioli di Dio medesimo e questo Dio così grande noi possiamo salutare col dolce e caro nome di Padre.
E ancora, fratelli quanti preziosi vantaggi noi riceveremo se l'amore del prossimo sarà con noi! Oltre alla pace e alle ineffabili dolcezze che accompagnano una vita seminata di opere di carità, infiorata di opere di beneficenza, noi possiamo dire di essere fatti arbitri della nostra sorte eterna. Noi siamo fatti i giudici della propria nostra causa. La giustizia divina pone fra le nostre mani la sua bilancia e ci avverte che il peso medesimo che noi useremo con i nostri fratelli sarà usato con noi. Siamo generosi, siamo caritatevoli, siamo amanti dei nostri fratelli, e il Signore sarà generoso, caritatevole e amoroso verso di noi! Dobbiamo essere benevoli verso tutti ed esserlo di tutto cuore, perché tutti godiamo della stessa figliolanza di quel Dio che ci ama tutti e ci ha detto di amarci gli uni gli altri come lui ci ama. Sentire pena delle miserie e delle altrui sciagure, stendere pietosa la mano, asciugare le lacrime di chi ha provato il colmo della desolazione, far cessare gli stenti di chi soffre la fame, sono queste le opere di un cuore nobile e di un animo grande.

PREGHIERA

Dio grande e misericordioso,
che al tuo servo Federico Albert, sacerdote,
hai concesso di trarre dalla sua incessante preghiera
un ardente zelo per la salvezza delle anime,
concedi anche a noi
di attingere alla stessa fonte l'amore per i fratelli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio,
che è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2017-11-17

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