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Beato Torello da Poppi Eremita

16 marzo

Poppi, Arezzo, 1202 - Poppi, Arezzo, 1282

Nato a Poppi nel 1202 e vissuto per 80 anni, dopo una gioventù inquieta e dissoluta, si convertì improvvisamente e si ritirò come eremita ad Avellaneto, dove condusse una vita austera di contemplazione e penitenza, divenendo famoso per i suoi miracoli e la sua amicizia con gli animali. Tornato a Poppi per ricevere l'estrema unzione, morì nel 1282 e fu sepolto nella Chiesa di San Fedele, divenendo patrono della città e oggetto di un culto confermato da papa Benedetto XIV. La sua fama è testimoniata da diverse fonti, tra cui la "Vita" anonima, l'epitome di Gerolamo da Raggiuolo e una "Vita" in volgare attribuita al discepolo Pietro.



Secondo l’antica “Vita” anonima, il beato Torello nacque a Poppi (in Toscana) nel 1202 da genitori pii e devoti che lo educarono nel timor di Dio.
In gioventù Torello passò anni nell’inquietitudine. Verso i vent’anni però, quasi improvvisamente, egli decise di cambiar vita. Per questo motivo si recò dall’abate di S. Fedele, monastero vallombrosano situato nella cittadina di Poppi, per confessarsi e per esternagli la sua volontà di ritirarsi come eremita ad Avellaneto, ad un miglio da Poppi.
Ad Avellaneto, per circa sessant’anni, Torello condusse una austera vita di contemplazione. Molti miracoli in quel periodo si attribuirono a Torello, celebri sono quelli che riguardano i lupi.
Quando Torello si sentì prossimo alla morte, egli tornò dall’abate di San Fedele per aiuto spirituale e per esternargli il desiderio di essere sepolto nella chiesa del monastero.
Ritornato nel suo eremo, in compagnia del suo discepolo Pietro, il 16 marzo 1282, Torello, ormai ottantenne, morì.
La sua morte fu annunciata agli abitanti di Poppi e del Casentino con il suono delle campane.
Dopo la morte, però, ecco i monaci vallombrosani e vari gruppi di fedeli contendersi il corpo di Torello per la sepoltura: ciascuno voleva seppellirlo nella propria chiesa. La spuntarono i vallombrosani, che così poterono seppellire il beato Torello nella loro chiesa di Poppi.
Verso la fine del XV secolo, una nuova controversia dovette sorgere sul beato estinto. Quella volta, il beato Torello fu oggetto di contesa tra i vallombrosani e i francescani. Ognuno di questi due ordini sosteneva che Torello era appartenuto al proprio ordine.
La pretesa dei vallombrosani si basava sui rapporti, indiscussi, tra Torello e l’abate di S. Fedele; quella dei francescani si basava solo sul fatto che Torello in vita aveva portato un (solo) abito simile al loro e aveva condotto un genere di vita simile ai (primi) francescani.
Sembra, però, che Torello non fosse appartenuto a nessuno di questi due istituti religiosi, sebbene, come già detto, fu vicino ai vallombrosiani della città di Poppi.
Il culto al beato Torello è stato confermato da papa Benedetto XIV. Il Martirologio francescano ricorda il beato il 16 marzo. Nello stesso giorno il beato è festeggiato nelle diocesi di Forlì e di Arezzo, nonché nella congregazione Vallombrosana.
Tra le fonti per la biografia del beato vanno ricordate la “Vita” anonima, edita negli Acta Sanctorum di Parigi del 1865, l’epitome di Gerolamo da Raggiuolo e una Vita, scritta in volgare nel XIV secolo, attribuita al discepolo Pietro. In alcuni testi, Torello viene indicato col titolo di santo così come da molti è stato venerato.

Autore: Francesco Roccia
 


 

È proprio un bullo questo ragazzo scapestrato che, da un giorno all’altro, cambia vita per farsi perdonare da Dio i tanti peccati commessi. Nato a Poppi (Arezzo) nel 1202, Torello (nome che deriva da Salvatore) rimane orfano dei genitori a diciotto anni. Si ritrova tutto solo, senza nessuno che lo ammonisca e che gli dia delle regole. Così il giovane Torello non lavora, dorme fino a tardi e, assieme a una combriccola di giovani sbandati come lui, ne combina di tutti i colori. È attratto, soprattutto, dal vizio del gioco. Mentre sta giocando a zara – un gioco di dadi del Medioevo – all’improvviso appare un gallo che si posa sulla sua spalla e canta per tre volte, tanto forte da assordarlo: «Chicchirichì! Chicchirichì! Chicchirichì!». Nello stesso istante una voce interiore urla a Torello che deve smettere di oziare e di perdere il suo tempo senza costruire nulla di buono. Il giovane rimane sconvolto, si guarda intorno smarrito, interrompe bruscamente il gioco, abbandona i compagni di scorribande e si rifugia nel vicino Monastero di San Fedele, a Vallombrosa.
Si confessa con l’abate e, consapevole di aver condotto fino ad allora una vita spericolata, non vuole più far ritorno a casa e neppure fermarsi nel monastero. Si rifugia nella foresta, ad Avellaneto, dove si costruisce una capanna e, con indosso un ruvido saio, lì vive da solo per sessant’anni. I capelli e la barba crescono e si ciba di erba. L’aspetto diventa quello di un uomo selvatico. Torello, però, è un altro uomo: prega, è amico degli animali, anche dei più feroci. Una volta rende docile come un agnello il lupo Manino, capo di un branco che imperversa nella zona. Il beato compie anche altri miracoli: molti vanno a trovarlo per ricevere consiglio, la pace dell’anima e la guarigione da malattie.
All’età di 80 anni Torello sa che sta per arrivare l’ora della sua fine. Si reca, allora, nell’Abbazia di San Fedele per ricevere la benedizione. L’abate vorrebbe trattenerlo, ma Torello vuole ritornare nella sua capanna e s’incammina ricurvo, scheletrico, acciaccato da una lunga vita vissuta senza agi. Come previsto, Torello muore nel 1282 a Poppi, mentre le campane annunciano il suo trapasso suonando da sole. Viene sepolto nella Chiesa di San Fedele e a Poppi, ogni anno, viene festeggiato come santo patrono, con devozione e solennità.


Autore:
Mariella Lentini


Fonte:
Mariella Lentini, Santi compagni guida per tutti i giorni

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Aggiunto/modificato il 2023-01-25

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