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Santi Graziano e Felino, Carpoforo e Fedele Martiri

13 marzo

La città di Arona venera come santi patroni due coppie di martiri: Graziano e Felino, Carpoforo e Fedele. La loro festa, il Tredicino, si svolge ogni anno il 13 marzo, commemorando la restituzione ad Arona delle reliquie di Carpoforo e Fedele da parte di San Carlo Borromeo nel 1576. Le reliquie dei quattro santi, la cui identificazione non è certa, giunsero ad Arona in epoche diverse: quelle di Graziano e Felino nel X secolo, quelle di Carpoforo e Fedele forse nel XIV secolo. La tradizione locale li vuole soldati romani, ma la critica agiografica ipotizza diverse identificazioni. La devozione verso i santi martiri è testimoniata da numerose opere d'arte, tra cui la pala d'altare di Ambrogio Bergognone nella chiesa a loro dedicata ad Arona.

Patronato: Arona (Novara)


La città di Arona, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore in diocesi e provincia di Novara, festeggia come suoi santi patroni due coppie di martiri: Graziano e Felino, Carpoforo e Fedele. Essi sono ancora oggi i protagonisti della celebre festa del Tredicino, che si svolge annualmente sulle sponde del lago nel mese di marzo. L’origine della festa, che ricorre propriamente il 13 del mese, da cui il nome popolare di tredicino, è collegata alla presenza ad Arona delle reliquie dei quattro santi,
Per comprendere il motivo dell’importanza assunta da questa ricorrenza e fare chiarezza sull’identità dei santi martiri, si deve necessariamente partire dalle notizie riportate in un documento, tutt’ora conservato nell’archivio parrocchiale, risalente, per le parti più antiche, al X secolo. Il manoscritto si compone di 249 fogli in pergamena ed è redatto, con caratteri gotici, in latino medievale Tra le molte e varie notizie che vi sono riportate, compare anche una narrazione della passio dei Santi Gratiniano o Graziano e Felino e della traslazione delle loro reliquie ad Arona. Secondo il racconto, Gratiniano e Felino erano due soldati romani di stanza a Perugia, convertiti al cristianesimo dal vescovo della città, dal quale furono poi battezzati. Durante la persecuzione dell’imperatore Decio, essi sarebbero stati martirizzati, insieme ad altri cristiani, per non aver voluto rinnegare la loro fede; I loro corpi vennero sepolti in un terreno non lontano dal luogo del martirio. Nel 979, il conte del Seprio Amizzone, capitano di truppe al soldo dell’imperatore Ottone I, avrebbe trasferito, col permesso del vescovo, i resti dei due santi ad Arona, per farne dono al costruendo monastero che ne avrebbe poi preso il nome. La fondazione del cenobio da parte dello stesso Amizzone, venne intrapresa come penitenza per una scomunica che gli era stata inflitta in seguito all’incendio che i suoi soldati avevano appiccato al portico della basilica romana di San Paolo sulla Via Ostiense.
La critica agiografica tende a considerare leggendaria la vicenda dei due martiri perugini che, secondo alcuni studiosi, andrebbero identificati con i martiri Gratiliano e Felicissima. Se tale assimilazione corrisponde a verità, è comunque certo che al tempo di Amizzone si era già verificato uno sdoppiamento della coppi a di santi, forse per un errata lettura o trascrizione di Gratiliano, trasformato in Gratiniano e della sigla Fel. interpretata come Felino o anziché Felicissima.
Ancora maggiori problemi di identificazione pone l’altra coppia di martiri: Carpoforo e Fedele, di cui ci vengono fornite notizie da padre Francescantonio Zaccaria, un gesuita del settecento che ricercò e studiò molti documenti esistenti negli archivi aronesi. Egli ricorda la tradizione locale che voleva i resti dei due santi, anch’essi soldati romani ritenuti appartenenti alla famosa Legione Tebea, traslati nella città per opera di un religioso del monastero, per forse salvarle da eventuali saccheggi all’epoca di una delle guerre combattute tra Milano e Como. Quest’ultima città ha tuttavia sempre contestato ad Arona il possesso dei resti di San Fedele, custoditi gelosamente nella locale chiesa che porta il suo nome. Il martirio del santo è, infatti, avvenuto sulla sponda settentrionale del Lario, nei pressi di Samolaco, ove sarebbe stato raggiunto dai soldati imperiali incaricati di ucciderlo. Il suo corpo, deposto inizialmente in un sepolcro sul quale venne edificata una chiesa, fu trasportato a Como nel 964. Lungo i secoli molti sono le testimonianze che accrediterebbero la presenza in questa città delle reliquie del santo, le più importanti delle quali sono relative alle ricognizioni cui esse furono sottoposte da parte dei vescovi locali. Una avvenne nel 1365, dopo una quindicina di anni dalla presunta traslazione arnese (che il Bascapè colloca nel 1350) mentre un'altra nel 1638; nella prima il vescovo Stefano Gatti fece incidere sulla cassa che conteneva i sacri resti: Qui giace tutto ed integro il corpo del martire Fedele, quasi in risposta alle pretese della cittadina sul del Verbano. Qui vari documenti, risalenti al 1259 ed al 1321, testimoniano tuttavia l’esistenza di una venerazione in Arona per questo santo ed il suo compagno Carpoforo, dei quali si dice appunto di possedere i sacri corpi. Una ulteriore testimonianza a favore degli aronesi verrebbe da uno scritto di Goffredo da Bussero (1220 – 1289 ca.) il quale, parlando del gruppo dei presunti martiri tebei uccisi nei territori lombardi, afferma: sed horum duo corpora ad monasterium de Arona dati sunt. L’autore non specifica però di quali santi tra Fedele, Carpoforo, Cassio, Essanto, Licinio, Severo e Secondo, vennero donati i resti.
Nel febbraio del 1576 San Carlo Borromeo, dispose che venissero trasferite a Milano le ossa dei Santi Carpoforo e Fedele ritrovate, circa un secolo prima (1487), in un muro della chiesa abbaziale durante dei lavori nell’edificio; la sua intenzione era quella di collocarle nella erigenda chiesa milanese a loro dedicata. Benché non esistesse di fatto tra la popolazione di Arona una particolare devozione verso questi due santi, bastò la notizia che le loro reliquie sarebbero state portate via dalla città per suscitare un movimento di protesta, tanto intenso quanto inaspettato. Le autorità cittadine, su pressione popolare, dovettero rivolgersi al Borromeo, giungendo infine ad un compromesso col quale si decise di riportare ad Arona le ossa dei due avambracci sinistri dei martiri. La restituzione avvenne il 13 marzo dello stesso anno, nella cornice di una grandiosa festa di popolo che le cronache dell’epoca ricordano come memorabile, con la partecipazione di trenta, forse quarantamila persone giunte da ogni centro sulla sponda del lago. Il consiglio cittadino decretò che ogni anno l’anniversario di tale ricorrenza sarebbe stato decretato giorno festivo e autorizzò per l’occasione lo svolgimento di una fiera che, col passare dei secoli, crebbe sempre più d’importanza, attirando sulle sponde del lago migliaia di persone. Al ricordo di tale restituzione venne unita anche la commemorazione per gli altri due martiri Gratiniano e Felino, unificando in tale data la loro festa, un tempo celebrata nella terza domenica dopo Pentecoste.
A prescindere dalle vicende biografiche delle due coppie di martiri, rimane insoluto il problema dell’identificazione delle loro reliquie. Si può ipotizzare che per quanto riguarda Gratiniano e Felino, giunsero dall’Umbria solo parte dei resti dei due martiri che, se identificati con Gratiliano e Felicissima, ancora riposerebbero rispettivamente nella cattedrale di Civita Castellana e nella chiesa di San Sisto a Viterbo. Per Carpoforo e Fedele resta il dubbio, se si deve dar credito alla notizia della traslazione, circa quali corpi siano stati trasferiti ad Arona, visto che anche nel caso di San Carpoforo, oltre a quello già ricordato per san Fedele, i comaschi ne venerano le reliquie presso l’attuale chiesa parrocchiale di Santa Brigida nel borgo di Camerata, ivi trasferite, nel 1932, dalla vicina basilica romanica sorta in suo onore. Soltanto un’accurata ricognizione, accompagnata da una indagine anatomica scientifica ed un confronto con i depositi di Como, potrebbe aiutare a fare ulteriore chiarezza sulla provenienza ed identificazione delle reliquie aronesi. I resti dei Santi Gratiniano e Felino sono conservati, dal’700, in un sacello sopra l’altare maggiore, mentre i due avambracci dei Santi Carpoforo e Fedele, restituiti dal Borromeo, sono custoditi in un cofanetto reliquiario sull’altare della seconda cappella di destra.
Nell’arte locale i quattro santi sono raffigurati in abiti militari rinascimentali, senza particolari attributi che li contraddistinguano; i più importanti esempi sono ovviamente conservati nella chiesa loro intitolata ad Arona. In particolare si possono ricordare: la pala quattrocentesca, dell'abate Calagrani, opera di Ambrogio Bergognone (1489), collocata sulla parete del coro dietro all'altare e i rilievi marmorei laterali dell’altare maggiore, probabilmente eseguiti dallo scultore "Pollicetus de Luonibus" di Milano.


Autore:
Damiano Pomi


Note:
Nella diocesi di Como la loro memoria si celebra il 7 agosto.

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Aggiunto/modificato il 2024-02-13

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