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Serva di Dio Maria Carolina Onorio de Vivo Laica, vedova

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Napoli, 17 maggio 1805 – 25 aprile 1885


La santità è una meta raggiungibile da tutti, non è più come nei secoli passati appannaggio solo di ecclesiastici e suore, di re e regine, di teologi e fondatori.
Il Concilio Vaticano II nella “Lumen Gentium”, proclamò: “Nei vari generi di vita e nei vari uffici, una unica santità è coltivata da quanti sono mossi dalla Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre e adoranti in Spirito e Verità Dio Padre, seguono Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria. Ognuno secondo i propri doni e uffici, deve senza indugi avanzare per la via della fede viva, la quale accende la speranza e opera per mezzo della carità”.
Alla luce di tutto ciò, non meraviglia trovare fra le schiere di Santi, Beati, Venerabili e Servi di Dio della Chiesa Cattolica, figure rivestite della sola semplicità di vita, sia pure illuminata dalla Grazia, che le fece diventare modello ed esempio per gli altri, nel raggiungere l’unione santificatrice con Dio, nella quotidianità del vivere, con umiltà, fede e carità.
E a queste semplici e devote anime, appartiene la Serva di Dio Maria Carolina Onorio de Vivo, la quale nacque a Napoli il 17 maggio 1805 da Francesco Onorio e Maria Giuseppina Biancardi, la famiglia comprendeva anche due fratelli e due sorelle.
Purtroppo il padre morì prematuramente (è bene sottolineare che l’aspettativa di vita nell’Ottocento non era alta) e venendo a mancare il sostegno finanziario, l’intera famiglia finì in una precaria situazione economica.
Anche Maria Carolina fu costretta ad andare a lavorare, probabilmente come domestica, per dare un aiuto alla famiglia.
Viveva comunque un’intensa vita spirituale, sotto la guida del gesuita padre Paolo Cappelloni; la madre la incoraggiò alla vita coniugale.
Un po’ per ubbidienza, un po’ perché non c’erano i presupposti specie economici per una vita claustrale, Maria Carolina Onorio, sposò Carlo de Vivo, commesso di negozio, dall’unione col bravo giovane, nacquero quattro figli dei quali uno diverrà sacerdote diocesano.
Aveva 41 anni quando nel 1846 rimase vedova per la morte accidentale del marito; continuò comunque a vivere nella casa paterna dei de Vivo, insieme all’anziana suocera e a due cognati coniugati.
E specialmente in questo contesto, seppe esprimere un’esemplare vita cristiana, mettendo in pratica e in modo ammirevole, le virtù dell’umiltà e della generosa dedizione ai parenti, specie per l’ammalata suocera.
Ma non era solo in casa che si esplicava la sua generosità, ma silenziosamente anche nelle opere di carità che compiva fra il popolo.
Per questo fu molto nota prima nel quartiere Montecalvario e poi in tutta la città di Napoli, unitamente al forte senso del sacrificio e per lo spirito di preghiera.
Morì santamente a Napoli il 25 aprile 1885 ad 80 anni; per il frequente pellegrinaggio di fedeli alla sua tomba, il 22 settembre 1899 i suoi resti mortali furono traslati nella chiesa di S. Maria del Pianto, situata nell’omonimo cimitero napoletano.
Il 13 giugno 1907 fu aperto a Roma il processo ordinario, per la sua beatificazione.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2005-09-23

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