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Maria Filippetto Adolescente

Testimoni

Padova, Venerdì Santo 1912 - 3 giugno 1925


Voglio prendere Gesù con le carezze, con i baci ed i sor­risi, voglio presentarmi a lui con "un bel mazzo di rose e di gigli tra le mani ed in mezzo a questi fiori voglio mette­re il mio cuore che palpiti ed arda di amore per Gesù... Voglio diventare l'Agnellino di Gesù". Così aveva scritto un giorno Maria Filippetto. Per comprendere la portata di questo proposito, bisogna sapere che Maria aveva avuto dalla natura un temperamento altero e sdegnoso che la portava ad avere comportamenti aspri e spesso sgarbati. Ma volle vincersi e ci riuscì.
La sua vita è racchiusa fra due date degne di nota. Na­ta a Padova il Venerdì Santo del 1912, vi muore il 3 giu­gno 1925, primo venerdì del mese. Gesù la segnava così con il sigillo dei suoi prediletti: la sofferenza. Maria dirà più tardi di volere essere non solo l'Agnellino, ma anche "il grappolino d'uva che si offre alle mani di Gesù per es­ser spremuto, il piccolo chicco di frumento che desidera essere ridotto in buona farina per diventare pane di Ge­sù".
Maria dovrà soffrire non solo per correggere i difetti del suo carattere che sono uno stridente contrasto con le do­ti naturali di bellezza e di vivacità di ingegno, ma dovrà soffrire anche perché dall'età di sette anni sarà sempre più o meno tormentata da malattie. Il Signore permise questo per offrire Maria come modello a chi deve lottare per vincersi ed a chi soffre per le malattie.
Trascorre lietamente la sua prima infanzia nel dolce ni­do familiare, con papà e mamma che sono insegnanti e Piero e Mario, i due fratelli maggiori che le volevano tanto bene, ma con i quali bisticciava spesso. Guai a fare uno scherzo alla piccola altezzosa!
La mamma vegliava su quel carattere un po' ribelle. Se la prendeva vicino, le parlava del suo Angelo custode che sta sempre al fianco di ogni bambino e che scrive ogni atto di bontà nel libro d'oro e ogni disubbidienza o capric­cio nel librone nero. Si era lasciata appuntare sotto la ve­stina "la coroncina delle vittorie" e la mamma le insegna­va a contare le piccole vittorie sui propri difetti. Maria a-scoltava e prometteva di diventare più buona. Durante il giorno vigilava su sé stessa, riconosceva le sue colpe, chiedeva scusa per ogni mancanza, (quanto costava, questo, al suo orgoglio!) rinnovava la promessa di essere più buona e alla sera andava davanti alla statuetta del Cuore di Gesù:
"Guarda, Gesù - gli diceva mostrandogli la coroncina -oggi ho saputo vincermi tante volte... domani vorrò esse­re ancora più attenta".
Qualcuna delle sue vittorie?
Un giorno era andata a passeggio con la mamma e si era appuntata sul vestito un bel fiore di stoffa a colori vi­vaci. La mamma vide che, camminando, cercava di farlo notare agli altri. Non la sgridò, ma, continuando a pas­seggiare, portò il discorso sui meriti di una fanciulla:
"Un fiore, un nastro, anche se preziosi non accrescono il valore di una persona, anzi molte volte lo diminuiscono facendola apparire vanitosa...".
Maria capi. Adagio adagio, quasi senza che la mamma se ne accorgesse, si tolse il bel fiore che si era appuntata con tanta cura e se lo mise in tasca. Qualche giorno dopo la mamma lo trovò gettato, tutto spiegazzato, in un cas­setto.
Amava tanto il suo giardino e vi coltivava con amore al­cune pianticelle. Capitava spesso che i fratelli, correndo sbadatamente, ne calpestassero alcune. Maria fremeva tutta, si adirava... ma poco alla volta, riuscì a vincersi completamente.
Un giorno vide Mario e Piero correre all'impazzata in giardino, calpestando i fiori della sua aiuola. Si fece rossa per l'ira che le bolliva dentro, ma pensò a Gesù che per lei aveva sopportato tanto. Cos'era, poi, quella piccola of­fesa?
- Tutto per te, Gesù - sussurrò con amore. Nel suo cuore era tornata la calma.
Un'altra volta Mario le fece uno sgarbo. La piccina scat­tò come una molla. Avrebbe voluto sfogare con lui la sua rabbia, ma invece andò a sfogarsi con il Sacro Cuore di Gesù.
- O Gesù, lo vedi? - gli disse dopo aver trattenuto i sin­ghiozzi — Io non posso... non posso proprio sopportare Mario. Aiutami tu.
Una sera a tavola chiese alla mamma di assaggiare una pietanza che le piaceva.
- Purché non ti faccia male, prendine pure un po' (per ragioni di salute doveva astenersi da molti cibi).
Maria stava per servirsi, quando gli venne un pensiero: "Sarà poi contento Gesù?". Posò la forchetta sul tavolo e con un dolce sorriso disse:
- Infine non si tratta che di una golosità ed è meglio ri­nunciarvi per fare un fioretto a Gesù che appagare la mia gola.
Un giorno ritornò desolata da scuola perché aveva sba­gliato un calcolo e anche perché una compagna aveva fatto meglio di lei.
- Se ti dispiace per la maestra, - le fece osservare la mamma - il tuo dispiacere è lodevole, ma se ti dispiace che altre compagne abbiano fatto meglio di te, sta bene attenta che una brutta serpe, l'invidia, non entri a rodere il tuo piccolo cuore. Il Signore ti ha fatto vedere che se egli non ci aiuta, da noi soli non sappiamo e non possia­mo fare nulla di buono. Vuoi che andiamo a portare a Gesù questo grande dispiacere?
E davanti alla cara statuetta il sereno ritornò nel picco­lo cuore turbato.
Quando, a sei anni, incominciò a frequentare le scuole, si distinse subito per la sua intelligenza aperta. La mamma prevenne un probabile compiacimento:
- Devi aspirare ad essere la più buona di tutte - le dice­va - essere brava poco importa: è tuo dovere, se Dio ti ha dotata di una certa intelligenza.
Maria se lo ricordò sempre, tanto che il giorno in cui al termine della scuola riportò ottimi voti, depose la pagella ai piedi del Sacro Cuore, dicendo: "Gesù, il merito è tutto tuo. Ti ringrazio per la consolazione che mi fai dare ai miei genitori".
Maria era gracile, ma fino ai sette anni godette una flo­rida salute. Poi cominciò a soffrire di tutta una serie di mali che la lasciarono in pace solo poco tempo. Prima il morbillo, poi la nefrite, poi il diabete mellito, poi un a-scesso che le richiese non una ma più dolorose operazio­ni. La piccola però era serena. La sua amata Teresa di Lisieux le aveva mostrato la "piccola via", ed lei vi si era incamminata dal momento che aveva compreso che ama­re è soffrire e cioè dare a Gesù senza rimpianti.
Ma a comunicarle più forza nel soffrire serenamente, venne Gesù stesso nel suo cuore. Maria aveva quasi dieci anni ed aveva atteso impaziente il giorno radioso del primo incontro con Gesù. La sera aveva pianto di com­mozione pensando alla bontà di Gesù che si sarebbe uni­to a lei. Volle assicurarsi del perdono dei genitori e di quello dei fratelli, e andò incontro all'Eucaristico Gesù, portandogli la purezza e l'amore del suo piccolo cuore.
"La grande festa è passata, - scriveva ad una cugina qualche giorno dopo - ma ho ancora l'animo pieno di gioia. Non posso dirti quello che provai nel momento so­lenne in cui ricevetti Gesù per la prima volta!"
Maria diventava sempre più generosa nell'offerta dei suoi piccoli sacrifici e Gesù se ne compiaceva e le man­dava molte occasioni per dimostrargli il suo amore.
La salute della fanciulla era sempre precaria. Nel gen­naio del 1925 passò venti giorni all'ospedale. Lì, insieme con le sofferenze dovute alle continue iniezioni, ebbe due grazie: ricevere Gesù tutti i giorni e trovare un saggio di­rettore nella persona del padre Aristide Enea Spilimber-go. Maria sentì il bisogno di affidargli tutta la sua anima e il padre l'accolse, la guidò e l'aiutò a diventare "l'agnellino di Gesù". E quanto soffrì quando dopo appe­na un anno e mezzo circa il padre Spilimbergo fu trasfe­rito altrove!
Le continue iniezioni le avevano procurato un ascesso. Fu necessario un taglio di una ventina di centimetri e la tredicenne fanciulla subì tutto l'intervento guardando il Crocifisso e stringendo nella mano una piccola medaglia:
- Gesù, fai di me quello che vuoi, - gli diceva con tutta confidenza - ma dammi la forza di sopportare ogni dolore per amore tuo.
E Gesù si compiaceva di quella preghiera e confortava il suo Agnellino.
- Senti mamma, - le confidava una notte in cui non po­teva prendere sonno per il troppo caldo - quando io sof­fro voi mi siete tutti vicini e soffrite con me, ma in quei momenti terribili anche Gesù, sai, mi è vicino.. oh, se tu sapessi come lo sento, come mi trovo unita con lui quan­do il male brucia! Vedi? Io sono contenta di soffrire e di soffrire con Gesù. Il dolore è una benedizione. Ringra­ziamo il Signore insieme, mamma.
Il Cuore di Gesù, che lei tanto amava ed a cui si era so­lennemente consacrata nel febbraio precedente, la guida­va e le comunicava la sua sete di anime. Maria aveva amato sempre tanto i poveri nel corpo e i poveri nell'anima. Ai primi donava i suoi dolci, i suoi risparmi, la sua parola e la sua preghiera, mentre agli altri dava le sue sofferenze e tutta sé stessa.
- Quando sarò grande sarò anch'io missionaria – dice­va.
Poi, vedendosi costretta a letto, pensava a quanto le a-veva detto padre Rosi, che aveva sostituito il padre Spi-limbergo nella direzione dell'anima della fanciulla.
- Nel mio lettino posso essere un apostolo offrendo con­tinuamente a Gesù la mia sofferenza per la salute delle anime.
Amava tanto le Missioni e per esse raccoglieva in mille modi offerte che spediva con gioia. Dei parenti erano stati invitati a casa? Finito il pranzo, Maria passava con il suo salvadanaio:
- Accetto per i poveri bimbi infelici qualunque somma, anche grossa - diceva con un sorriso a cui non si poteva negare nulla.
La mamma faceva i conti di famiglia? Ecco Maria con il suo salvadanaio:
- Quello che avanza mettilo qui - le diceva con grazia. Un giorno, mentre era convalescente, volle evitare di prendere il tram.
- Perché vuoi affaticarti tanto? - domandò la mamma.
- Per le Missioni, mamma, ma tu dammi ugualmente i soldi che spenderei per il tram.
Il 30 novembre 1925, nella sua bianca cameretta fu ce­lebrata la santa Messa. Fu quello - come scrisse lei stes­sa - "un giorno di paradiso". E pregava: "Gesù, fatemi buona, santa, tutta per voi. Ogni mio respiro sia un so­spiro per voi, ogni battito del mio cuore sia un palpito d'amore per voi...".
I giorni passavano lenti e Maria, dal suo lettino, si offri­va continuamente a Gesù.
- Va pure a fare scuola, - diceva alla mamma - e sta tranquilla, io sono sempre con Gesù. Vedi? Le mie ore sono sempre occupate: assisto spiritualmente a tutte le Messe che vengono celebrate in tutto il mondo e le offro a Gesù per la conversione dei peccatori. Raccolgo ai suoi piedi le sofferenze, le lacrime, i dolori della terra e glieli offro con tutti gli slanci d'amore, con tutte le virtù, con tutti i desideri santi delle anime buone. Gesù è contento. Io gli parlo, gli dico tante cose e il tempo con lui mi passa in fretta".
Al padre Spilimbergo scriveva: "Sono proprio l'Agnellino prediletto di Gesù, ma l'Agnellino pronto ad essere sacri­ficato. Mi abbandono tranquillamente tra le braccia di Gesù e gli ripeto: "Fa di me quello che vuoi", e sono con­tenta".
E Gesù faceva di lei quello che voleva, chiamandola a diventare totalmente sua. Maria lo comprese e 111 feb­braio 1927, giorno dell'Apparizione dell'Immacolata a Lourdes, si consacrò interamente al suo Gesù per le ma­ni della Vergine, emettendo il voto di verginità. Aveva 15 anni.
"Ora sono la piccola figlia di Maria come sono l'Agnellino di Gesù. Maria mi ripara sotto il suo manto. Oh! Così protetta non temo la tempesta".
Ma la malattia progrediva, la febbre la opprimeva spes­so, il respiro si faceva affannoso. Nonostante tutto, però, la fanciulla sorrideva.
- Voglio fare la volontà di Gesù - diceva nel dolore.
Un giorno il padre Rosi, dopo averle portato la santa Comunione, le disse:
- Ora Gesù è nel tuo cuore. Se ti dicesse "Ti concedo quello che desideri: vuoi la salute o continuare a soffrire? Sono ugualmente contento di concederti l'uno o l'altro", cosa risponderesti?
- Io chiederei la sofferenza.
Una volta la mamma che l'assisteva, vedendola un po' seria, le passò il fazzolettino sulla fronte dicendo:
- Scacciamo via queste ombre.
- Ombre no, mamma, - rispose Maria sorridente - den­tro ho proprio il sole.
- Sei contenta di soffrire? - le domandò un giorno padre Rosi.
- Io sono contenta di fare ciò che piace a Gesù. Fare la volontà di Gesù, la volontà di Dio, è come fare una Co­munione continua.
- Fare la volontà di Dio - diceva - è una cosa tanto sem­plice, tanto facile: ci si abbandona tra le braccia di Gesù e si lascia che faccia tutto lui. Ogni nostra preoccupazio­ne allora svanisce ed ogni cosa diventa facile.
Ma una volta il mite agnellino stava per lamentarsi: fa­ceva caldo e lei era oppressa dal male.
- Ah! Non ne posso più - sospirò. Ma poi, riprendendosi subito:
- Gesù, Gesù! Perdonami! Mi dispiace di aver detto que­sto.
Maria sentiva prossima la sua fine. Il primo gennaio ri­cevette l'Estrema Unzione, il 3, primo venerdì del mese, fece, per l'ultima volta, la Comunione.
- Soffri molto, Maria? - domandò la mamma dopo quel­la Comunione.
- Mamma, è il giorno di Gesù, il primo venerdì del me­se. Io gli ho detto che oggi faccia di me tutto quello che vuole, che sono pronta a tutto, ma che mi dia ancora qualche anima.
Si avvicina rapidamente la fine. Il padre Rosi le doman­dò se desiderasse ancora una volta ricevere il suo Gesù.
- Sì, padre, me lo porti.
Nei pochi momenti dell'assenza del padre, Maria, rac­cogliendo tutte le sue energie, sollevatasi dal suo lettino, disse:
- Sono tanto contenta d'aver fatto tutto quello che ho potuto per far contento Gesù. Ma tutti, tutti dovete fare quello che potete... tutti al mondo... Oh, se tutto il mon­do facesse quello che può, quanto sarebbe contento Ge­sù!... tutti angeli... tutti... mamma... mam...ma...
E ricadde, cosciente, ma esausta sul cuscino, incapace di parlare ancora.
In quel momento padre Rosi entrava con il santo Viati­co. Vedendo le gravissime condizioni della fanciulla, le disse:
- Maria, non puoi più ricevere il tuo Gesù che ami tan­to. Eccolo qui sul tuo cuore. È tutto tuo, sai?
E le depose la teca sul petto e, su quella, mise una ma­no della fanciulla Così per due ore, fino all'ultimo anelito di quell'Agnellino di Gesù, mentre attorno a lei tutti era­no prostrati in adorazione, con il cuore stretto dall'angoscia per la prossima separazione.
A pochi minuti dalle nove di sera, Gesù portò con sé per sempre il suo Agnellino, lasciando tutti nella dolce speranza di rincontrarlo un giorno in paradiso, per l'eternità, dove si troveranno tutti i bimbi buoni.


Autore:
Maria Cecilia Calabresi


Fonte:
Come fiori per Gesù

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Aggiunto/modificato il 2008-12-24

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