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Suor Ausilia Biavardi

Testimoni

Spilamberto, Modena, 8 ottobre 1912 - 15 ottobre 2004


Per tutta la vita fece la cuoca e, a vederla, era una suora che non si distingueva. Nulla, all’apparenza, di straordinario in lei, se non la sua fedeltà alla vita religiosa. Il suo curriculum: quello di una suora singolarmente operosa.
Nasce a Spilamberto (Modena) l’8 ottobre 1912 e al battesimo è chiamata Elisa. Una giovinezza semplice e lieta, già ricca di fede e di preghiera. Nella sua parrocchia conosce le suore Minime dell’Addolorata e la loro santa Fondatrice, Clelia Barbieri. Comprende che tra loro la chiama Iddio. Animata da un intenso amore a Gesù, il 6 novembre 1933, a 21 anni entra tra le Minime a S. Giovanni in Persiceto. Nel silenzio e nella preghiera, si prepara alla sua consacrazione al Signore: il 9 ottobre 1934 veste l’abito religioso e diventa suor Ausilia. Il 10 ottobre 1935 offre a Dio i santi voti. Impressiona, benché giovanissima, per la sua docilità e generosità, per la serenità che la anima e che diffonde dovunque.

Una cuciniera buona e saggia
Nella comunità di via Val d’Aposa a Bologna, comincia il servizio che sarà suo per tutta la vita: aiuta nei lavori domestici, soprattutto in cucina, diventando presto una cuoca provetta. Sempre obbediente e disponibile, cambia spesso di comunità, mossa, come la Fondatrice S. Clelia, dove passa, da una vera passione per Gesù.
Nel 1938, è di nuovo a S. Giovanni in Persiceto; nel 1942 all’ospedale di Bazzano: cuoca, poi direttrice in cucina. È la cuciniera buona e saggia che procura ogni giorno il cibo alle consorelle e ai malati, ai poveri che passano a chiedere aiuto. Chi le sta vicino, ha l’impressione a volte che Dio sia sceso con lei, nella sua anima luminosa, tra pentole e fornelli.
All’inizio degli anni ’50, suor Ausilia è gravemente ammalata: un intervento le asporta gran parte dello stomaco. Ma si riprende in modo inatteso e ricomincia con semplicità e letizia il suo servizio. Cuoca, ancora cuoca: nel 1955 al Collegio di S. Maria al Baraccano; nel 1958 all’ospedale di Castelfranco Emilia. Dal 1962 al 1971, lungo periodo al CTO di Roma con più di mille pasti al giorno da preparare.
In mezzo a tanto lavoro, vive un’intensa vita interiore. Il suo colloquio con Dio, con il suo dilettissimo sposo Gesù, inizia al mattino, ma continua, ininterrotto, lungo tutta la giornata, in un’intensa intimità con Lui. È seminatrice di pace e di gioia. Chi si confida con lei, riceve luce e serenità che dilagano in profondo, come da una Sorgente inesauribile – che è soltanto Dio. Dopo un lungo periodo di riposo, in cui intensifica la sua unione con Dio, nel gennaio 1973, è mandata superiora nella comunità di Pian del Voglio dove rimane fino al 1980, lasciando tra le suore e la gente del paese un ricordo vivo tutt’oggi. Si interessa alla scuola materna, ma in particolare agli anziani e ai malati, servendoli nelle case, d’inverno come d’estate, con la neve o con il solleone. In ognuno dei sofferenti, ella vede Gesù, come l’avesse davanti agli occhi. Fa il catechismo ai fanciulli e li prepara alla confessione e alla comunione. Sa parlare ai giovani e agli adulti e affascinarli di Gesù.

Neppure un quarto d’ora senza pensare a Dio
I suoi occhi: sì, danno l’impressione, specialmente a chi la conosce un po’ a fondo, che vedano Qualcuno che noi non vediamo. Nelle attività esteriori, vive un’intensa unione con Dio, che disvela solo al suo direttore spirituale e ai superiori, solo per obbedienza.
Dal 1980 al 1996, è ancora disponibile per la cucina nella scuola materna di Anzola nell’Emilia, dal ’96 al 2001 nella comunità di via Masi a Bologna. Finalmente, a 89 anni, si ritira alle Budrie, in silenzio e preghiera, vicino all’urna di S. Clelia, e lì – lucerna ardens et lucens – attende che venga lo Sposo, Gesù, a prenderla con sé. Come avviene, nella pace e nella luce, il 15 ottobre 2004, quando ha da pochi giorni compiuto 92 anni.
Ora "spezzato il vaso" (fracto alabastro!) che nascondeva la sua anima, la luce e il profumo si sta spandendo per ogni dove. Il suo singolare segreto, ora viene rivelato, poco alla volta, dalle confidenze ai superiori e dagli scritti in cui Dio ha alzato un po’ il velo che la copriva.
Nelle sue note intime aveva scritto: "Sento in me l’opera della SS.ma Trinità… Sento il peso dei castighi di Dio sui peccatori. Ma se non riesce Gesù a placare Dio con le sue piaghe, come posso placarlo io?".
"Le occupazioni della mia condizione non mi distolgono per niente dal mio Cristo. Non sto neppure un quarto d’ora, senza pensare a Lui. Sono raccolta in Lui né le occupazioni di tutto il mondo mi distoglierebbero da Lui".
"Vedo come un campo di anime che sono sulla via dell’inferno. Le vedo e mi fanno una compassione infinita. Quante volte faccio il gesto di prenderle tutte con me, con la mia anima. Sento che io devo diventare il loro cibo, non come l’Eucaristia si capisce, ma per sostenerle nel cammino di ritorno a Dio". (4 settembre 1950).
"L’unica mia gioia è quella di essere sempre unita in un perenne sacrificio di amore e di dolore. La terra diventa sempre più vuota per me, solo Gesù Crocifisso e Eucaristico, umiliato e annientato, sento che mi assorbe sempre di più fino a farmi desiderare Lui solo, la sua croce, le sue umiliazioni, i suoi annientamenti".

Una fusione con Gesù-Ostia
"Sono sincera a dire che sono felice solo quando posso soffrire con Lui e per Lui… Che io possa mettere sull’altare della Messa di Gesù tutta me stessa, sempre più pura, sempre più santa, più sposa di Gesù, fino ad arrivare a una perfetta fusione con Gesù-Ostia. Solo così sento di poter essere associata a Lui nel grande mistero della Redenzione e solo così Gesù potrà continuare in me, per quanto indegna io sia, la sua vita di Adoratore, Riparatore e Salvatore".
"Allora sì, la mia vita sarà una perenne lode alla SS.ma Trinità, un vero ausilio alla mia santa Madre Chiesa e un mezzo di salvezza per tante anime che attendono chi le salvi" (4 marzo 1952). Sotto un’immagine di Gesù in preghiera, il 4 settembre 1950, suor Ausilia, senza volerlo, aveva tracciato il ritratto di se stessa:
"Ogni giorno sull’altare dell’immolazione, desidero essere messa tutta nell’anima del mio Cristo, per fare mia tutta la sua adorazione al Padre, tutte le sue lodi, tutta la sua vita espiatrice. Poter vivere sulla sua croce, bere al calice della sua passione sono i miei più grandi ideali. Voglio che ogni sacerdote li conosce per unirmi sempre in modo più particolare e più intimo a Gesù Redentore nel santo Sacrificio della Messa. Ogni volta che Gesù viene sull’altare, anche suor Ausilia vuole essere con Lui per la gloria del Padre e la salvezza delle anime. Gesù, mai solo sull’altare, suor Ausilia sempre con Lui". Chi studierà la vita di suor Ausilia Biavardi, vedrà chi è stata e scoprirà il "segreto del Re" (Sacramentum Regis!) in lei, e vedrà le meraviglie che Dio ha operato nella sua anima per il bene di tutta la Chiesa.
Nel nascondimento di una cucina dove è stata, si può dire, per tutta la vita, Dio ha realizzato un tesoro insospettato, ha dato al mondo, senza che il mondo lo sappia, un aiuto spirituale la cui portata non è valutabile dalla mente umana, ha raggiunto, per il dogma della "comunione dei santi", le anime più lontane.
Con il suo umile lavoro di cuoca aveva nutrito i corpi di tanti fratelli, ma con la sua intimità con Gesù e la sua offerta totale al Padre, era diventata il cibo, il pane buono – a immagine dell’Eucaristia – per condurre, Dio solo sa, quante anime a Lui.
Molti fratelli e sorelle dovranno dire a suo tempo "grazie" a suor Ausilia se si sono salvati e altresì quanti sacerdoti e persone consacrate dovranno alle preghiere e alle sofferenze di suor Ausilia la loro perseveranza nel sacerdozio e nella vita religiosa, proprio per quel suo ideale tacitamente proclamato nelle sue note intime e sempre vissuto in modo sempre più ardente: "Gesù mai solo sull’altare, suor Ausilia sempre con Gesù".


Autore:
Paolo Risso

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Aggiunto/modificato il 2009-11-11

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