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Suor Maria delle Trinità (Luisa Jacques) Clarissa

Testimoni

Pretoria, Sudafrica, 26 aprile 1901 - Gerusalemme, Israele, 25 giugno 1943


Suor Maria della Trinità è stata una clarissa e ha vissuto la sua vita di consacrata nel Monastero delle Clarisse a Gerusalemme, lo stesso dove 40 anni prima anche il beato Charles de Foucauld trascorse diversi mesi in preghiera, da eremita, nel giardino. Prima di cedere alla propria vocazione, si chiamava Luisa Jacques.
Dopo, in obbedienza alla Voce interiore che risuonerà in lei, diventerà un piccolo seme nel giardino della Chiesa. La sua figura e i suoi scritti continuano a diffondersi in tutto il mondo. L’opera per la quale è conosciuta, Colloquio interiore per le Edizioni Terra Santa, è giunta già alla decima edizione.
Suor Maria della Trinità è una privilegiata? Sì e no. Lo dice Gesù stesso: ad ognuno Lui parla. Nel silenzio, nella preghiera, nei sacramenti e nel prossimo. Ma noi lo ascoltiamo? Lui quasi se ne dispera, è l’unica arsura che resta a seccargli la gola fino alla fine dei tempi. Ma queste sono considerazioni mie, a margine. Partiamo dall’inizio.
Nasce a Pretoria in Sudafrica, nel Transvaal il 26 aprile del 1901. Ultima di quattro figli rimane orfana venendo alla luce; la madre, missionaria protestante svizzera come il papà, morirà partorendola. Era “la donna che pregava” a detta degli anziani neri che la piccola Luisa interrogò appena poté per sapere qualcosa della mamma. Più tardi il padre rivelerà che quella bimba era stata offerta prima della sua stessa nascita. Speravano in un secondo maschio dopo il primogenito Alessandro ma “la ameremo ugualmente” dirà la madre poco prima di spirare.
Luisa è privata della tenerezza materna e anche di quella del papà per un involontario abbandono. La grande tristezza per la morte della moglie oscurerà nei primi cruciali tempi della sua vita la gioia. La culla è troppo vicina alla bara e spesso nel corso degli anni le verrà imputata dai fratelli la sua stessa venuta al mondo come una colpa, sebbene inconsapevolmente. Così riconoscerà dopo la sua morte la sorella Alice.
Sarà educata in Svizzera con il fratello e le sorelle dalla zia, anche lei di nome Alice, sorella della madre. Il papà tornerà dopo un periodo di congedo nella missione in Sudafrica.
La sua salute è molto fragile all’opposto del suo carattere deciso e nobile, tutta orientata agli altri e per nulla superficiale.
Le vicende si susseguono, la vita la porterà lontana dai propri cari e vicina a relazioni che la lasceranno profondamente delusa anzi desolata. Sul sito delle Clarisse di Gerusalemme che custodiscono le sue spoglie e mantengono vivida la sua memoria leggiamo:
le ripetute delusioni nel lavoro, la relazione fallita con un uomo sposato e la grande solitudine dovuta alla lontananza dai familiari tanto amati la conducono a venticinque anni a non comprendere piú il senso della vita e a pronunciare quell’amara sentenza: “Dio non c’è”. Ma fu proprio in quella notte che “nella disperazione era entrata una luce”: la percezione di una presenza che la visitava, di “una religiosa vestita di bruno scuro con una corda come cintura”. Da quel momento nacque in lei un’“attrazione irresistibile” verso il chiostro e il desiderio ardente di ricevere l’Eucaristia. Iniziò così il cammino che la condusse a diventare figlia della Chiesa cattolica.
Il primo incontro con il carisma clariano è un vero coupe de theatre come solo il Signore sa fare: arriva una visione di giovane donna, trafelatissima, in abito da clarissa, forse la stessa Santa fondatrice? che si pone in piedi in fondo al letto di Luisa Jaques per un’intera notte, senza dirle nulla. Era la notte tra il 13 e il 14 febbraio 1926. Ed era la risposta alla sua disperazione esistenziale. Dio esiste eccome. E la tua vita ha un senso smisurato.
Muore a 41 anni, il 25 giugno del 1942 dopo una febbre dovuta alla tisi che la tormentava da anni.
La parte emersa della sua vita spirituale terrena si compie in soli 4 anni, a ridosso della morte, alla quale giunge offrendosi vittima. Ma tutto il cammino e il vagare e le lotte inutili, tutto l’ha condotta al Signore. Gesù, del quale sente distintamente la voce interiormente, l’ha cercata indefessamente e ha tessuto la sua anima come un telo prezioso e robusto, un telo umile nascosto e  segretamente utile all’opera di salvezza delle anime.
“Tu stessa dovevi, da sola, spogliandoti di te, scoprire la mia Voce”. In obbedienza al suo padre spirituale scrive questi suoi “Appunti” – ció che la Voce le suggeriva, piccole gocce di sapienza evangelica – che, insieme al “Racconto della conversione e vocazione” vengono pubblicati e tradotti in cinque lingue (ed. it.  Suor Maria della Trinità, “Colloquio interiore”, Franciscan Printing Press, Gerusalemme, 9^ ed. 2004). (Ib.)
Niente di nuovo, tutto di nuovo. Dio compie in noi meraviglie, Dio sceglie e ama ogni singola anima con un’intensità impensabile. Freme dal desiderio di riempirci di grazie, di riempirci di Lui e patisce il non essere ascoltato. Per essere riempita l’anima deve prima spogliarsi, completamente. Suor Maria lo fa, se lo lascia fare e ascolta la voce di Gesù con attenzione di vera figlia. Così, grazie anche a lei, anche noi possiamo di nuovo mettere mano al solo lavoro che conti. Buttare le cianfrusaglie, fare ordine, spazio e silenzio in noi e metterci a sentire con tutte e due le orecchie e l’intero cuore ciò che Gesù voglia da noi, ciò che Cristo stesso intenda fare di noi.
Leggetelo, masticatelo, fatelo vostro. Ci troveremo forse dopo a compiere con vera devozione ogni nostro piccolo compito, soprattutto quelli ritenuti più insulsi. E ad ascoltare con devozione  il prossimo, il più vicino, il più molesto magari. Gesù glielo ripete spesso: io sono vicinissimo, non cercarmi lontano. Io sono qua, in te e nel tuo prossimo. Nei sacramenti e nel fratello, nella sorella. Nell’accontentare la Superiora, nell’assecondare la sorella anziana. Per lei, che era clarissa. Per noi mogli e madri sarà fare tutto al servizio di chi ci è affidato, un servizio spesso non solo invisibile ma pure calpestato.
Ma se abbiamo Dio, se lasciamo che ci riempia di Sè, davvero, che cosa ci può mai mancare? E la sofferenza non ci faccia più così paura. Con quella Dio aggiunge gloria alla Sua gloria, che non ne ha bisogno.
Vi lascio con alcuni passi tratti quasi a caso (leggetelo e vi renderete conto di quanto sia difficile scegliere!) dalle pagine degli scritti di Suor Maria della Trinità. E’ Gesù che le parla:
107. Ama senza limite, figliola mia; ama alla follia, e mi conoscerai meglio.
108. Va al tuo dovere; vacci con ardimento, con gli occhi fissi su di me, che ti amo e ti aspetto.
109. Ho amato la sofferenza, io, l’Uomo dei Dolori; l’ho scelta perché quando è offerta con amore, ripara i peccati.
E’ l’amore che ripara, perché ciò che offende Dio nel peccato, è la mancanza di amore Però quando la sofferenza si unisce all’amore, le prove d’amore date con la sofferenza sono una vera riparazione offerta a Dio. E’ dare a Dio qualcosa che egli non ha nel suo cielo.
Così ho scelto la sofferenza perché tutte, tutte le mie creature, anche le più miserabili come te, possano avere qualcosa di prezioso da offrire a Dio.
(…)
Ah! Aiutare le anime a scoprirmi ed accogliermi, è la più urgente delle carità!
113. La felicità sta nella vita nascosta. La felicità consiste nel vivere nell’amicizia della Santa Trinità.
Ma la vita dello spirito è fragile. Bisogna preservarla nell’ombra ove si dischiude. (…)
115. Per il lavoro (…) fa’ di più del sufficiente, questo supplemento mi è tanto gradito: lo vedo, ne tengo conto. Niente è inutile, niente si perde…
116. E’ questo l’amore: rivestire gli altri di ciò che li rende graditi a Dio. Dare loro perfino le nostre idee, il meglio del nostro pensiero… Non solo permettere che se ne impossessino, ma adornarli di tutto ciò che può abbellirli.
118. Non appena stai in ascolto dentro di te, mi ritrovi: sono già presente, in attesa, ed è così in ogni anima. Come coloro che si amano, fissano durante il giorno degli appuntmenti in cui si consacrano unicamente gli uni agli altri, così noi abbiamo i nostri appuntamenti: gli Uffici del giorno e della notte, la Messa, la Comunione…
119. Hai capito come obbedisco io? Io mi do, cedo ai desideri di tutti. Tu fa lo stesso. La Madre Vicaria desidera che tu vada più presto in giardino: accontentala. La Tua Superiora desidera che tu stia il meno possibile nella tua cella, cedi…Che t’importa di stare qua o là? Io t’accompagno dappertutto.
134. (…) Vorresti vedermi amato da tutti gli uomini? Nella misura in cui mi amerai, vi contribuirai, perché l’amore è una corrente irresistibile, più potente del peso dei peccati.
Una sola anima, per quanto sia piccola, pervasa dall’amore può trascinare una moltitudine.
143. Io vivo nel Santo Sacramento, con la Presenza reale…Io sono vivo anche, con la Presenza reale, in ogni anima in stato di grazia. Perché non adorate in spirito la mia Presenza nel prossimo?
Il prossimo sono sempre io, io che vi chiedo e che ci do. La Santa Trinità sta là nella sua anima. E, se ne è cacciata col peccato, aiutate il vostro prossimo a riaccoglierla, trattandolo come se già io abitassi in lui.

La sofferenza, le prove, non giriamoci più intorno, vengono per portare noi stessi e quante più anime possibile a Dio. Perché la vita della nostra anima e il ritorno di tutti i figli a Dio sono la sola cose perennemente importante e urgente a tutte le latitudini ed in ogni epoca. Suor Maria della Trinità è uno sherpa che può aiutarci nella scalata alla vetta più alta.

Autore: Paola Belletti

Fonte: Aleteia

 


 

Nel tabernacolo, oggi Gesù abita come abitava a Nazareth e identica è la sua realtà di Uomo-Dio; nel tabernacolo Egli dimora per rendersi accessibile a tutti coloro che desiderano avere con Lui un rapporto sempre più “vero”. Così scrive, nella piena adesione al dogma cattolico Robert Hugh Benson, l’illustre convertito dall’anglicanesimo, e continua: “È questa divina presenza che ha generato quella straordinaria diversità (riconosciuta anche da non-credenti) di atmosfera tra la chiesa cattolica e tutte le altre chiese: si tratta di una diversità di atmosfera talmente netta che nessuna tra le varie motivazioni addotte a spiegarla riesce a reggere di fronte al fatto che essa esista… È ciò che noi cattolici ben conosciamo: la reale presenza fisica di Gesù, il più affascinante tra i figli d’uomo, Colui che attira a sé i propri amici”.
È quanto capitò di vivere e di sperimentare a una ragazza passando a Milano, davanti alla chiesa del “Corpus Domini”, tenuta da Carmelitani: colpita dall’iscrizione “Corpus Domini” che vi lette sulla porta, appena torna a casa, presso la signora che la ospita, le domanda: “Che cosa significano queste strane parole?”. È rapita da qualcosa di misterioso, di grande. La signora è sì, cattolica, ma non praticante da anni e non sa risponderle. La ragazza però, da qualche tempo, ha letto la vita di Maggy Lekeux, l’eroica maestrina belga, testimone e apostola di Gesù, e ha già provato un grandissimo desiderio di conoscere il Cattolicesimo. Ma come fare?
 
Vita come avventura
Si chiama Luisa Jacques ed è nata il 26 aprile 1901 a Pretoria nel Transvaal da genitori protestanti. La sua mamma era morta dandola alla luce; il padre missionario protestante la conduce in Svizzera, dove viene educata da una zia e cresce come una ragazza indipendente, senza alcuna formazione religiosa.
Si sente presto terribilmente vuota: “Non avevo alcuna conoscenza dei Misteri della fede; non credevo che Gesù Cristo fosse Dio, tuttavia era per me la più grande figura umana che mi fosse dato di contemplare. Anche il nostro Salvatore? Oh, mio Dio, come comprenderlo, quando non si è mai tenuto in mano una croce e Colui che vi fu inchiodato, quando non si è mai meditato il dramma della Passione, come comprenderlo davvero senza aver ricevuto il suo supremo dono che è Lui stesso nell’Eucaristia?
Nel periodo di residenza svizzero ha modo di ascoltare ed incontrare Adrienne von Speyr, anche lei convertita dal protestantesimo.
Luisa, non trovando lavoro in Svizzera, accetta un posto di istitutrice a Milano. Il bambino affidatole è a scuola dalle otto del mattino alle quattro del pomeriggio ed ella ne approfitta per visitare le chiese della città, che hanno su di lei una singolare attrattiva. Un sera, entra nella basilica della Madonna delle Grazie e si trova affascinata dall’“Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, ma quando fermandosi in fondo, vede molta gente inginocchiata che prega davanti a un altare colmo di fiori e di candele accese attorno a uno (per lei) strano oggetto a forma di sole (l’ostensorio) ed infine vede il prete alzarlo a benedire i presenti, è profondamente segnata dentro, sconvolta, avvinta…
Non sa che cos’è il SS.mo Sacramento né che cosa sono i Sacramenti. Sente che nelle chiese dei cattolici c’è come una Presenza, la Presenza di Qualcuno, che l’attira irresistibilmente. Quell’anno, Luisa trascorre le vacanze estive sulle Alpi, con un gruppo di amiche, conosciute a Milano. Una di queste una mattina la invita a pregare e le spiega: “Lui, Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo per noi… Lui, così grande, si fa piccolo per venire a noi, sotto le specie del pane, per aiutarci, per stare con noi… Oh, se tu sapessi… Lo possiamo anche ricevere!”.
Luisa intuisce che i cattolici hanno una Realtà meravigliosa: Dio così buono e bello, così vicino, sull’altare, nel Tabernacolo. Le viene voglia di andare anche lei a riceverlo nella Comunione. L’amica le ha detto che prima deve confessarsi, anzi deve farsi cattolica. Allora si reca in duomo a Milano e cammina alquanto, finché si inginocchia in un confessionale e apre la sua anima al sacerdote. Il quale, la manda da alcune suore: “Là vi istruiranno nella fede cattolica. Vi spiegheranno tutto, poi entrerete nella Chiesa Cattolica, potrete fare la Comunione. Io pregherò molto per voi”.
Va subito a bussare alla porta delle “Suore del Cenacolo”. Si trova in parlatorio davanti a una piccola suora, Madre Reggio, che la scolta, assai materna, e la invita a venire ogni giorno. Così, ai primi di novembre 1927, Luisa comincia il suo cammino verso il Cattolicesimo. È una scoperta meravigliosa - tutto è bello e grande - ma “Gesù, Gesù che cosa c’è di più bello di Gesù? Che meraviglia - annota - Come il Signore Gesù parla dentro di noi quando lo si ascolta!”. Recupera la bellezza e la gioia della vita: “I problemi che tanto mi avevano affaticato nella giovinezza, trovano in Gesù la loro soluzione. Da dove veniamo? Dove andiamo? Chi siamo? Tutto si mette in ordine nel mio cuore e non mi sento delusa da Cristo: non lo sarei mai stata!”.
Finalmente le viene fissato il Battesimo per il 18 marzo 1928. Per quella data, sembra che il diavolo le crei tutti gli ostacoli del mondo per impedirle il passo definitivo. Ma ecco, giunge il grande giorno: “Faccio abiura… ricevo il santo Battesimo… finalmente Gesù nella Comunione, unita al suo Sacrificio nella Messa. Gesù era entrato nella mia vita e ciò mi bastava”. Alcune settimane dopo riceve la Cresima. Prende ad accostarsi alla Comunione con frequenza e regolarità: “Come se fosse entrato in me il sole! Un fuoco, una chiarezza, un calore che mi penetravano tutta. Mi sono aggrappata all’Eucaristia (e alla Madonna). Io credo che solo Gesù Eucaristico mi aiuterà a morire!”.
 
Di Gesù solo
Per Luisa Jacques, convertirsi e decidere di consacrarsi per sempre a Gesù Cristo è la stessa cosa: non vivrà più che per Lui solo. Ma, così fragile di salute, chi l’accetterà in convento? Fa domanda alle Suore dell’Assunzione, le quali la mandano a Parigi in ritiro. Lì è assalita dalla febbre. Le dicono subito che l’Ordine non è per lei. Ritorna a Milano e bussa alle Francescane presso l’antica Certosa, dove fissa l’ingresso per il 15 ottobre. Il medico le dice che non resisterà. “Ebbene – risponde – entrerò per offrirvi la vita e morire sposa di Cristo”. Quindici giorno dopo, ha una forte emottisi ed è dimessa in gran fretta.
Un buon prete le consiglia di recarsi dai suoi cari a Joannesburg, in Sud-Africa, poi si vedrà. Luisa parte: dopo un lungo viaggio, riabbraccia il suo papà al quale narra la sua conversione al Cattolicesimo e il suo desiderio di consacrazione. Lì ci sono soltanto le Carmelitane e le Cappuccine, mentre lei sente un forte richiamo per le Clarisse, l’Ordine femminile uscito dal cuore di S. Francesco e S. Chiara d’Assisi, con la pratica della povertà assoluta, con Gesù come unico Tesoro che basta. Un sacerdote le dà l’indirizzo della Madre Amandina, monastero di Notre Dame de Sion a Gerusalemme. Maria lo comunica a suo padre: “Farai un pellegrinaggio a Gerusalemme – commenta papà – poi tornerai da me”.
Il 21 maggio 1938, Luisa parte per la Città santa, dove giunge il 24 giugno. Si reca subito a pregare nella chiesetta delle Clarisse: vede il SS.mo Sacramento esposto sull’altare e ricorda la fortissima avvincente emozione provata alle “Grazie” di Milano. Ora Gesù Eucaristico la conquista per sempre. Mentre prega, suor Angela le si avvicina e le domanda: “Volete farvi Clarissa?”. Risponde: “Avete ancora posto?”. “Il monastero è stato fatto per 51, siamo solo in venti. Volete venire?”. Accetta e il 30 giugno è già accolta come postulante. Ora brucia le tappe e diventa, vestendo il santo abito, suor Maria delle Trinità, perché conquistata da Gesù solo, vive soltanto più per i Tre che sono Uno: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Dio le concede solo poco più di tre anni di vita religiosa: brucianti di amore a Lui, di espiazione per il mondo in un meraviglioso Colloquio interiore, che ella viene scrivendo proprio con questo titolo (Edizioni Terra santa, Milano, 1990) per narrare l’opera di Dio nella sua anima, tormentata e ardente per Lui solo. Il 23 giugno 1943, annota: “Mio Dio, quanto sei buono!”. Sente che Gesù le dice: “Bisogna che le anime si offrano vittime a me. È così che la società si ricostruirà. Essere vittima significa imitare la mia vita eucaristica. Tu soffri molto, ma io sono con te e verrà a cercarti di un colpo”.
Due giorni dopo, il 25 giungo 1943, senza agonia, suor Maria delle Trinità vedeva il suo Sposo. Nel piccolo cimitero dove è sepolta, sulla sua tomba fiorita c’è solo una croce di legno con il suo nome. La sua storia è uno dei più sorprendenti miracoli del Cristo Eucaristico nel nostro secolo, proprio come Egli aveva profetizzato: “Quando sarò innalzato da terra (sulla croce, nel Sacramento dell’altare) attirerò tutti a me” (Gv, 12,32)


Autore:
Paolo Risso

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Aggiunto/modificato il 2020-03-19

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