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Maria Lavelli Terziaria francescana

Testimoni

Verona, 16 novembre 1916 - Marghera, 28 marzo 1944


La sua vita fu relativamente breve, può essere racconta in poche righe non avendo niente di straordinario.
È tutta racchiusa tra due bombardamenti in una linea di tempo che misura la sua giovinezza: ventotto anni! Risparmiata dal primo, fu sacrificata dal secondo dove trovò la morte con la sua mamma, ma la sua esistenza realizzò un ricco programma di bellezza e di bontà che disarmò diffidenze, trasformò cuori, irraggiò il sorriso della virtù e lasciò il ricordo come di un angelo che avendo veduto Iddio prima di venire su questa terra, lo cercò ansiosamente nei tuguri dei poveri, lo ritrovò sotto i loro cenci e ne rivide il sorriso nel sorriso dei loro occhi dopo averli assistiti.
Eppure Mariuccia, così veniva chiamata, nonostante la sua apparente vita ordinaria, ebbe dello straordinario: ebbe l’Amore! Ogni giorno lo incontrava nell’Eucarestia.
Il suo rapporto con Dio era confidenziale ed affettuoso tanto che lo chiamava “Papà”. Diceva che i bambini hanno più diritti che doveri, essi possono dire un mucchio di sciocchezze e i grandi ci sorridono sopra; potranno far capricci e il papà indulgente, prima sgriderà, poi brontolerà e infine sarà felice di soddisfare il suo figliolo. Ciò la rendeva felice e non dubitava minimamente di essere compresa.
Apparire quello che si è e dire quello che si pensa era per lei la prima delle virtù e da questo carattere estremamente sincero le derivano quei difetti contro i quali ha dovuto lottare per mantenere l’equilibrio della carità.
Per lei vedere il bene e farlo era tutt’uno e spesso non poteva comprendere come altri non vedessero le cose allo stesso modo. La Grazia poté suscitare dalla sensibilità del suo carattere la dedizione di sé verso i poveri, i sofferenti e gli umili, mentre nella forza della volontà trovò il coraggio impetuoso che passava dall’idea all’attuazione con prontezza sorprendente e a costo di ogni sacrificio.
Lo dice con le sue attività apostoliche, catechismo, dopo scuola in patronato e con la sua ricerca continua per alleviare le sofferenze della gente della sua Marghera specialmente nel periodo della guerra. Con alcune amiche dell’Azione Cattolica nacque l’iniziativa delle “Pignate” portata avanti da un gruppo di ragazze chiamate “amiche di Betlemme”. Poiché in quel periodo di povertà diffusa non si poteva chiedere nemmeno un piatto di minestra alle famiglie che ne avevano la possibilità, decisero di raccogliere tutto in apposite pentole per distribuire ai più bisognosi. È doveroso notare che la gente fu sempre generosa con le “pignatare” le quali, per proprio conto, non badavano a sacrifici e umiliazioni per soccorrere il prossimo. Questo era un modo per avvicinare le persone e, gettato l’amo, cercare soprattutto la loro anima. Ogni tanto si concedeva un po’ di riposo e lo passava in chiesa davanti al Tabernacolo, ricordando al suo Amore i poveri tabernacoli umani dove lo incontrava così spesso e con tanta fede.
Merita un accenno quanto fece per i soldati dopo il disastroso armistizio del 8 settembre 1943. Marghera era separata dalla stazione di Mestre dal cavalcavia. Mariuccia accorreva ai treni per assistere i nostri prigionieri che venivano trasportati in Germania. Raccoglieva gli indirizzi delle loro famiglie per notificare del passaggio e della salute del loro caro. Durante il giorno ricercava viveri, frutta e indumenti per portarli ai soldati e rischiò la vita, alzando il chiavistello dei vagoni, pur di favorire chi tentava la fuga dai treni.
Essendo vissuta in una parrocchia francescana subì il fascino di Francesco e divenne Terziaria. Era veramente il libero giullare di Dio e ciò le permetteva di scorgere nella natura e nell’uomo il volto di Dio Creatore. Il Poverello d’Assisi fu certamente il suo prediletto, il più vicino al suo spirito e al suo sentimento.


Fonte:
www.azionecattolica.it

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Aggiunto/modificato il 2010-07-26

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