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Suor Valsa John

Testimoni



Suor Valsa John, 53 anni, è stata colpita a morte, nella notte tra martedì e mercoledì, da persone non identificate, a Pachwara, nel distretto di Pakur, nel nord-est dell’India.
Suor Valsa, originaria di Kerala, faceva parte della congregazione d’origine belga delle Sorelle della Carità di Gesù e Maria, fondata nel 1803 da padre Triest.
Profondamente impegnata nella difesa degli indigeni, accanto ai quali viveva da una ventina d’anni, ne aveva adottato lo stile di vita. Nel 2007, l’azione pastorale di suor Valsa aveva iniziato ad avere risonanza mediatica, quando lei stessa era stata arrestata per aver denunciato la confisca di terre appartenenti agli indigeni adivasi da parte della compagnia estrattiva PANEM Coal Company Limited, il trasferimento forzato dell’etnia santal e il suo sfruttamento “inumano” da parte della mafia delle miniere.
La versione ufficiale che è stata comunicata alla famiglia dalla polizia dello Jharkhand è che suor John è stata assassinata dal gruppo di persone non identificate nella notte tra martedì e mercoledì. “È stata bastonata a morte e il suo decesso dovrebbe essere avvenuto intorno alle 23.30”, aveva affermato in un primo tempo la polizia ai media, prima che la famiglia della vittima non rivelasse di aver parlato al telefono con la religiosa alla presunta ora dell’assassinio che, pertanto, si stima essere avvenuto intorno alle due del mattino di mercoledì 16 novembre.
Dall’annuncio della morte, le più disparate indiscrezioni sono state diffuse dai media, come quella di un agguato alle prime ore della sera presso il domicilio della suora, o ancora un attacco dei maoisti attivi nel Jharkhand, stato situato nel “corridoio rosso” dove è in corso la guerriglia.
Per la famiglia della religiosa, tuttavia, non c’è alcun dubbio. Tempo fa suor Valsa John aveva frequentemente evocato le minacce di morte che aveva ricevuto dalla mafia che controlla lo sfruttamento delle miniere di carbone nello stato.
Suo fratello M. J. Baby si è detto certo che la sua lotta in difesa degli indigeni, le sia costata la vita. “Ci aveva parlato di gravi minacce – ha rivelato l’uomo – (…). La mafia ha tentato a più riprese di farla capitolare ma lei è rimasta ferma sulle sue posizioni e ha chiesto che i profitti della miniera fossero divisi con gli adivasi (…). La sua vita è stata in perpetua minaccia e lei l’aveva precedentemente segnalato a certi leader politici dello Jharkhand”.


Fonte:
ZENIT, 16 novembre 2011

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Aggiunto/modificato il 2012-06-30

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