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Servo di Dio Salvatore Vico Sacerdote, Fondatore

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La Maddalena, Olbia-Tempio, 12 agosto 1896 – Tempio Pausania, Olbia-Tempio, 10 novembre 1991

Salvatore Vico, nativo dell’isola della Maddalena in Sardegna, coltivò sin dagli anni del Seminario l’ideale missionario. Ordinato sacerdote nel 1919, fu prima rettore del Seminario minore di Tempio Pausania, poi parroco della Cattedrale. In seguito a un’esperienza di grazia vissuta nel 1923, mentre preparava alcuni pastori alla Comunione pasquale, comprese la necessità di una più massiccia azione ecclesiale nei loro riguardi. Per questo motivo fondò la Congregazione Missionaria Figlie di Gesù Crocifisso, che dovevano affiancare i sacerdoti nelle zone rurali. Per i bisogni del suo tempo istituì anche scuole dell’infanzia e opere sociali. Morì nel 1991, a 95 anni, dopo aver assistito all’espansione della sua congregazione in Brasile e in Africa. Il 16 gennaio 2016, nella diocesi di Tempio-Ampurias, è stata aperta la fase diocesana del suo processo di beatificazione. I suoi resti mortali riposano nella cripta del Santuario intitolato a Gesù Sommo ed Eterno Sacerdote, a Tempio Pausania, annesso alla Casa madre delle sue suore.



Salvatore Vico nacque a La Maddalena, nell’omonima isola della Sardegna, il 12 agosto 1896. Era il quinto dei sei figli di Giovanni Maria Vico, postino, e di Giacomina Luccioni. La sua nascita contribuì a lenire il dolore dei genitori, che avevano perso i primi due figli, gemelli, poco dopo il loro Battesimo.
Lui, invece, fu battezzato a quattro giorni dalla nascita da suo zio, don Antonio Vico, parroco dell’isola. L’ambiente familiare favorì la vocazione di una sorella, Maria Maddalena, che si consacrò tra le Figlie della Carità di san Vincenzo De’ Paoli, ma anche quella di Salvatore, il quale entrò nel 1907 nel Seminario Tridentino di Sassari.
Mentre cresceva nel fisico, il ragazzo ebbe anche alcuni problemi di salute. Li affrontò coraggiosamente, spinto da un ideale che aveva preso a conquistarlo: le missioni. La lettura della biografia di padre Théophane Vénard, martire in Cina, che era stato beatificato nel 1909 (fu poi canonizzato nel 1988), consolidò in lui quella passione, tanto che nel 1913, senza dire nulla ai genitori, lasciò Sassari di nascosto per dirigersi a Torino ed entrare tra i Preti della Missione, ossia i padri Vincenziani, che reggevano anche il Seminario da lui frequentato. I superiori, tuttavia, lo rimandarono indietro, suggerendogli di completare gli studi prima di essere ammesso, ma gli accordarono l’affiliazione alla loro congregazione.
Durante la prima guerra mondiale, nel 1916, venne chiamato a prestare servizio militare a Oristano. In quel periodo, che fu di pochi mesi per via delle sue condizioni di salute, Salvatore strinse amicizia con padre Luigi Maria Carta, dei Frati Minori Conventuali, presso il quale si ritirava appena possibile.
Rientrato a Sassari, proseguì la formazione al sacerdozio, alimentata dall’adesione ad alcuni organismi che consolidavano la sua spiritualità: la Guardia d’Onore al Sacro Cuore di Gesù, la Milizia Angelica, l’associazione del Pio Transito di San Giuseppe. Si consacrò anche alla Madonna tramite la formula di san Luigi Maria Grignion de Montfort.
Un primo snodo nel suo cammino avvenne nel 1918, quando monsignor Giovanni Maria Sanna, vescovo della diocesi di Tempio Pausania (oggi Tempio-Ampurias), gli affidò l’incarico di vice-rettore, economo e professore del nuovo Seminario minore diocesano, trasferito a Tempio dopo la chiusura della sede di Castelsardo. Salvatore aveva appena conseguito il baccalaureato, ma non si poteva fare altrimenti, perché molti sacerdoti erano sotto le armi. Di conseguenza, fu ordinato sacerdote nel Sabato Santo 1919, il 19 aprile, nella Cattedrale di Tempio, dedicata a san Pietro apostolo; aveva appena 22 anni e mezzo.
Durante il suo mandato, gli si presentò un caso doloroso: quattro piccoli orfani non riuscivano a trovare nessuna sistemazione. Incoraggiato da padre Giovanni Battista Manzella, Vincenziano e fondatore delle Suore del Getsemani (anche per lui è in corso la causa di beatificazione), provvide lui stesso a ospitarli. Due ragazze si offrirono volontarie per occuparsi dei bambini: ben presto si meritarono il soprannome di “mammine”. Con l’aiuto spontaneo del popolo, in alcuni poveri locali, venne quindi inaugurato un orfanotrofio intitolato a san Francesco.
Nel 1922 padre Salvatore (lo chiameremo così, per seguire l’uso del Sud Italia, anche se era sacerdote diocesano) vinse il concorso per il posto di parroco della Cattedrale di Tempio Pausania, ma i canonici ritenevano di dover essere loro a scegliere il nuovo parroco. Lui resistette, accettando il peso della responsabilità e mettendosi sotto la protezione dell’allora Beata Teresa di Gesù Bambino.
Insieme alle numerose incombenze parrocchiali, a causa delle quali lasciò l’incarico in Seminario, fu anche direttore del Centro dell’Apostolato della Preghiera e Assistente ecclesiastico dell'Associazione Magistrale Insegnanti Cattolici “Giovanni Maria Dettori”. In particolare si occupò dell’Azione Cattolica, che fu tramite per una nuova svolta della sua vita.
La presidente dell’Azione Cattolica di Telti, Ernestina Benelli, lo incontrò infatti al termine di una “Settimana sociale” e l’invitò a recarsi nella località di Aratena, perché preparasse un centinaio di pastori a ricevere la Comunione pasquale. All’epoca, infatti, il nord della Sardegna era popolato da uomini e donne istruiti poco o scarsamente, impegnati tutto il giorno nella cura delle greggi, residenti nei cosiddetti “stazzi”, ovvero piccoli insediamenti rurali con aziende agricole annesse.
L’11 maggio 1923, dunque, padre Salvatore si dispose a confessare i pastori, seduto sotto una quercia: fino a mezzanotte gli uomini, poi le donne; a seguire, la Messa. Fu proprio in quel punto, durante quella notte, che avvertì l’impulso a operare per il bene spirituale di quella gente, anzi, degli oltre ventimila pastori sparsi nelle zone della Gallura e dell’Anglona. Non da solo, però, ma con l’aiuto di persone preparate, capaci di anticipare ed assistere la sua azione.
Ne parlò subito alle “mammine” dell’orfanotrofio, nel frattempo diventate cinque, che accettarono. Iniziò dunque a stendere le prime Costituzioni della “Pia Associazione delle Figlie di Gesù Crocifisso”. Non dello stesso parere delle sue giovani furono alcuni suoi confratelli sacerdoti, che nutrivano non pochi dubbi.
Padre Salvatore, quindi, chiese consiglio a monsignor Sanna, intanto trasferito a Gravina di Puglia, poi si recò a pregare la Madonna nel santuario di Pompei. Le obiezioni che aveva sentito l’avevano condotto a ripensare al suo antico sogno di partire per la Cina, ma sfumarono del tutto quando un anziano sacerdote, con cui si consigliò proprio a Pompei, gli ordinò: «Ritorni a Tempio, il Signore lo vuole lì, per dare compimento ai suoi disegni divini». A quel punto, si dedicò interamente a concretizzare quell’intuizione.
La data di fondazione delle Missionarie Figlie di Gesù Crocifisso, questo il nome definitivo, fu l’8 dicembre 1925, ma le prime cinque suore fecero la vestizione religiosa nella notte di Natale immediatamente seguente, ottenuta l’approvazione dal nuovo vescovo, monsignor Albino Morera. Tra di loro c’era Pietrina Brigaglia, in religione suor Maddalena, che divenne la prima Madre generale.
L’impegno per la nuova fondazione e per l’apostolato tra i pastori spinse padre Salvatore a scrivere al vescovo per chiedere l’esonero dal ruolo di parroco. Nel 1931 lasciò dunque la Cattedrale, chiedendo perdono ai suoi parrocchiani se non aveva saputo essere loro d’esempio. Tuttavia, fu parroco ancora per un anno a Nuchis, la cui parrocchia contava appena 500 fedeli, poi si dedicò completamente a quella che era ormai la sua vera missione: la Cina tanto sognata era la sua Gallura, come ebbe a dichiarare in seguito.
Negli anni seguenti istituì nuove opere di assistenza in appoggio alle parrocchie: nel 1932 un ospizio per anziani abbandonati, seguito da asili, scuole d’infanzia e istituti per portatori di handicap. Le Missionarie di Gesù Crocifisso, intanto, crescevano di numero e ricevevano i consigli del loro fondatore, personalmente o per lettera, sempre colmi di speranza e d’incoraggiamento. Dal 2 febbraio 1941 la Congregazione divenne di diritto diocesano, mentre l’approvazione pontificia avvenne il 28 novembre 1957.
Nello stesso periodo, anche a causa delle mutate condizioni economiche, il lavoro dei pastori diventava sempre meno richiesto. A quel punto, padre Salvatore comprese che era tempo di rendere davvero missionarie le sue religiose. La prima partenza fu nel 1966 alla volta del Brasile, precisamente negli stati del Maranhão e del Pará. Dieci anni dopo ci fu lo sbarco nel continente africano, nell’attuale Repubblica Democratica del Congo, cui si è aggiunta, negli anni 2000, la missione in Gabon.
Quasi a suggello della propria opera, padre Salvatore volle la costruzione di un santuario dedicato a Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, come centro di preghiera per «chiedere con insistenza al Signore non soltanto la santità dei sacerdoti attualmente viventi nella Chiesa, ma la moltiplicazione dei sacerdoti secondo le esigenze della Chiesa e delle anime», come si espresse lui stesso. Ultima iniziativa in assoluto fu l’edificazione di una chiesa ad Aratena, proprio dove tutto era cominciato.
Negli ultimi anni, padre Salvatore si distaccò gradualmente dalle sue fondazioni, perché potessero camminare autonomamente: andò a vivere separatamente dalla Casa madre, tanto da dover uscire per recarsi nel Santuario. Eppure continuava a raccomandare alle suore: «Siate anime gioiose! Vorrei scriverlo anche sui muri, Viva la gioia, frutto dell’amore. Dite a Gesù: “Io sento, Signore, la gioia di appartenerti”».
Nello studio di casa sua continuava il suo ministero, specialmente nell’ascolto e nel consiglio, oltre che nella celebrazione dei Sacramenti. Ripeteva spesso: «Appena il Signore mi chiamerà, risponderò: “Sono pronto!”». Quel momento venne il 10 novembre 1991, dopo che padre Salvatore aveva celebrato la sua ultima Messa. Aveva 95 anni compiuti. I suoi resti mortali sono stati collocati subito dopo i funerali nella cripta del Santuario di Gesù Sommo ed Eterno Sacerdote, nella tomba che lui stesso aveva preparato per sé. Nella stessa cappella è sepolta anche madre Maddalena Brigaglia.
A fronte della sua perdurante fama positiva, il vescovo di Tempio-Ampurias, monsignor Sebastiano Sanguinetti, ha deciso di iniziare le fasi preliminari all’apertura della sua causa di beatificazione. Nel marzo 2013, a seguito di una prima esplorazione sulla sua vita, è stato trasmesso il supplice libello alla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi, che ha concesso il nulla osta l’8 maggio 2015.
Il 16 gennaio 2016, nella cattedrale di Tempio Pausania, monsignor Sanguinetti ha presieduto la sessione inaugurale della fase diocesana del processo sulle virtù e la fama di santità del Servo di Dio Salvatore Vico.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2016-01-22

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