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Servo di Dio Giovanni Andreoli Sacerdote

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Bardolino, Verona, 19 giugno 1921 - Torri del Benaco, Verona, 26 febbraio 2003


Un sacco di gente è oggi pronta a giurare che quel prete “non era come gli altri”. Eppure, a leggerne e rileggerne la biografia, non si trova davvero niente di eccezionale nella vita di don Giovanni Andreoli.  Quel che è certo è che un prete così sarebbe piaciuto a papa Francesco, dato che aveva addosso l’odore delle sue “pecore”. Che lo andavano a cercare a casa, di giorno e di notte, perché “sapeva ascoltare”. In questo, e solo in questo, sta l’originalità di un prete, che non era mai a corto di tempo da offrire agli altri. Nasce a Bardolino, in quel di Verona, il 19 giugno 1921 ed il suo destino è segnato dall’occasionale incontro con don Giovanni Calabria (pure lui veronese, prete dei senzatetto e dei bisognosi, canonizzato nel 1999), che, con l’intuito dei santi, individuatolo nel bel mezzo di molti bambini che giocano nel cortile della parrocchia, gli dice che si aspetta grandi cose da lui. Tanto gli basta ad indirizzarlo verso il seminario, per diventare quello che don Calabria ha intravisto. Sarà il suo maestro spirituale, quello che più volentieri citerà nelle sue omelie insieme a mamma sua, a dimostrazione del peso che anche questa ha avuto nella sua formazione umana e spirituale. Sacerdote nel 1947, dopo i primi anni di apprendistato, è designato rettore della Madonna della Corona, il santuario veronese sospeso tra cielo e terra, celato tra le rocce del monte Baldo e che si specchia nel lago di Garda.  Proprio qui si guadagna la fama del prete che aiuta tutti, perché i ricchi han preso l’abitudine di deporre nelle sue mani anche somme consistenti, nella certezza che neppure uno spicciolo vi resterà attaccato. Mani irrimediabilmente bucate, le sue, che tutto donano quanto han ricevuto e che, in mancanza d’altro, han preso l’abitudine di accarezzare, abbracciare ed asciugare lacrime.  Sempre più consistente si fa la fila delle persone che quindi salgono da lui, a cercare conforto, consiglio, direzione spirituale: tutti sanno di trovare un cuore che accoglie, un orecchio che ascolta, un padre che consola. È incredibile come il “sensus fidelium” percepisca immediatamente, anche a distanza, il profumo di santità che emana dai suoi pastori e lo riconcorra, alla disperata ricerca di un conforto che non sempre è soltanto materiale. Nel 1978 lascia il santuario per la cura spirituale di Pai, una piccola frazione di Torri del Benaco, sempre affacciata sul lago di Garda. In questa piccola parrocchia, di appena duecento abitanti, lo accompagna da subito la fama di prete “che sa ascoltare”, guadagnata al santuario. E la gente accorre anche qui, dal veronese e anche da più lontano, con tanti bisogni da deporre nel suo cuore di prete. Per accedere alla canonica bisogna salire alcuni gradini, che adesso la gente chiama “scala della misericordia”, perché qui sostano pazientemente tutti coloro che qui vengono a medicarla da un prete che, evidentemente ne ha pieno il cuore. “Aveva la capacità di capire le persone…. sapeva togliere l’angoscia, era in grado di ridare serenità”, dicono adesso di lui. “Esorcizzava il male”, aggiunge un altro, “si potrebbe dire che era un esorcista non autorizzato….  Come quella madre che andò da lui perchè il figlio non la voleva più vedere, e quando uscì un attimo dopo, quello stesso figlio le telefonò e tutto tornò come prima”. Alla messa domenicale la chiesa di Pai contiene molte più persone di quante non abitino nell’intera frazione: è la gente che viene da fuori, a sentire le sue prediche semplici, che trasudano amore e dolcezza, e che per questo arrivano dritte al cuore.  E pensare che “don Giovanni non era un grande oratore, ma le parole le sapeva usare molto bene, eccome”, per questo, “le sue parole ti rimanevano dentro, e poi non le scordavi più”. Per accogliere tutti la sua porta deve rimaner aperta giorno e notte, tanto a lui bastano quattro ore di sonno; e se non fosse per la perpetua e la nipote che vegliano su di lui, si dimenticherebbe anche di mangiare, preso com’è dai tanti visitatori.  Muore il 26 febbraio 2003 e la sua gente sente ancora oggi nostalgia della sua parola e della sua presenza, del suo consiglio “Volìve bén”, vogliatevi bene, e della sua continua raccomandazione “Diamo un sorriso, tendiamo la mano, smettiamola di essere avari di tempo”. Per questo lo vanno ancora a cercare al cimitero e han preso l’abitudine di raccomandarsi alla sua intercessione. E dato che Dio sembra ascoltarlo, adesso lo vogliono anche sugli altari e hanno fatto muovere i primi passi alla sua causa di beatificazione.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2014-03-04

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