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Venerabile Maria Laura Baraggia Fondatrice

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Brentana di Sulbiate, Monza e Brianza, 1 maggio 1851 - 18 dicembre 1923

Madre Maria Laura Baraggia (al secolo Laura Rosa), nata a Brentana, frazione di Sulbiate, il 1° maggio 1851, ebbe dall’infanzia il dono di un’intensa vita di fede. A quindici anni, il 17 gennaio 1866, lasciò il paese natale ed entrò a servizio della famiglia Biffi a Milano, maturando sia dal punto di vista umano, sia da quello spirituale. Il 2 febbraio 1879, durante l’adorazione eucaristica nella chiesa di San Babila, si sentì chiamata alla futura fondazione di una nuova famiglia religiosa; l’intuizione fu consolidata durante la seguente notte, in un’esperienza di grazia. Su suggerimento di padre Ottone Terzi, sua guida spirituale, entrò nella compagnia delle Orsoline, diventando guida di un gruppo di esse nella vita comune. Con lo scorporo dalle Orsoline sorse una congregazione autonoma, la Famiglia del Sacro Cuore di Gesù, in aiuto ai parroci nell’educazione delle ragazze e dei poveri della campagna. Madre Maria Laura Baraggia morì il 18 dicembre 1923 nella Casa madre di Brentana, nella cui cappella, dal 1955, sono custoditi i suoi resti mortali. La sua causa di beatificazione si è svolta nella diocesi di Milano dal 1992 al 1993. Il 26 aprile 2016 è stato promulgato il decreto con cui è stata dichiarata Venerabile.



Nascita e famiglia
Il 1° maggio 1851, a Brentana, frazione del paese di Sulbiate, nacque la nona dei dodici figli di Cesare Baraggia, gestore di un mulino, e Giovannina Ravanelli. Dopo poche ore dalla nascita, venne portata al fonte battesimale della parrocchia di Sant’Antonino e le vennero imposti i nomi di Laura Rosa.
La sua nascita passò quasi inosservata nella numerosa famiglia, composta dai genitori, dai fratelli, dai nonni paterni e da alcuni zii. Trascorse i nove mesi dell’allattamento nella camera dei genitori, mentre la madre badava agli altri figli. Per questo, quando fu in grado di camminare da sola e fu portata fuori dalla stanza, si mostrò irrequieta e timida.

La prima infanzia
Laura venne quindi affidata a una zia molto malata, ma anche molto religiosa, che le insegnò a pregare. Quando la zia si aggravò, passò a dormire nella camera dei genitori e si accorse che loro, prima di mettersi a letto, si mettevano insieme in ginocchio; le venne spontaneo imitarli.
A quattro anni sapeva già leggere: le sue prime letture furono il Vangelo e la vita di san Luigi Gonzaga, al quale rimase sempre devotissima. Alla stessa età cominciò a confessarsi, sentendosi spesso «cattiva e dissipata» e temendo di offendere gravemente il Signore. In seguito, la madre cercò di farla socializzare con alcune ragazze più grandi di qualche anno, ma i loro giochi e i loro discorsi le lasciarono un senso di disagio.

La scoperta del Crocifisso
Un primo evento di rilievo, che segnò la sua spiritualità, avvenne quando Laura aveva circa sette anni. Mentre giocava con la sua bambola in una stanza e aveva di fronte un Crocifisso, sentì interiormente una voce: «Laura, che ci guadagni giocando con la bambola? non ti sarei più caro io che questa bambola?». Quelle parole le impressero un senso di commozione, per cui staccò il corpo di Gesù dalla croce e lo sostituì alla bambola, coprendolo con un vestitino di seta.
Da allora iniziò un vero e proprio cammino di fede e di confidenza con Gesù, fatto di consolazione e preghiera ma anche di piccoli sacrifici e mortificazioni. Non solo: s’impegnò a ubbidire al suo confessore, il parroco di Sulbiate don Pietro Pirovano, che le suggeriva di giocare di più.
Verso i nove anni si confessò per la prima volta al nuovo parroco, don Ercole Riva, che le dichiarò: «Il Signore ti vuol bene e ha disegni su di te, vuol essere da te amato in modo particolare, ma quanto sei imperfetta!». Si sentì punta sul vivo, tanto da soffrire per circa un anno perché non si sentiva capace di corrispondere a quell’amore tanto grande.

Cresima e Prima Comunione
Laura ricevette la Cresima il 6 ottobre 1861 nella parrocchia di Cornate, premettendo una confessione generale. Lo Spirito in lei agiva, ma continuava a non essere contenta e a sentire il peso dei suoi difetti.
In preparazione alla Prima Comunione, tra gli undici e i dodici anni, intensificò il suo cammino spirituale. Don Riva, per frenare le sue imprudenze, le ordinò di tenere un diario spirituale, che in seguito è stato distrutto. La sera prima del giorno decisivo, al termine di tre giorni di ritiro spirituale, chiese perdono ai genitori di tutto il male che aveva commesso e ricevette la loro benedizione.
L’indomani, con addosso un abito verde, simbolo di speranza, e un velo bianco sul capo, segno di purezza, Laura si accostò all’Eucaristia: «Incominciò allora», scrisse, «quella santa comunicazione, conoscenza, amicizia con Gesù Sacramentato che fu sempre vita della mia vita e dura tuttora…».

Allieva delle Suore Marcelline a Vimercate
Nel giugno 1862 Laura terminò le prime classi di scuola elementare in paese. Per due anni aiutò la mamma in casa, ma avvertiva il desiderio di continuare gli studi, perché intuiva che divenendo maestra avrebbe potuto meglio far conoscere ed amare Gesù.
Grazie al fratello Francesco, maestro, i genitori trovarono a Vimercate una famiglia di contadini che l’ospitassero, dietro un modico compenso, perché frequentasse come esterna il collegio delle Suore Marcelline, fondate nel 1838 da monsignor Luigi Biraghi (Beato dal 2006) e da madre Marina Videmari. Il suo profitto non fu eccezionale, ma le sue maestre l’ebbero in alta considerazione, tanto da nominarla assistente delle altre allieve.

A Milano, a servizio della famiglia Biffi
Nel luglio 1865 Laura concluse la terza classe elementare e tornò a casa. Qualche mese dopo, i genitori la mandarono a chiamare alla loro presenza. C’era anche don Riva, che aveva un annuncio da farle: senza chiedere il suo consenso, avevano preso accordi con il cavalier Francesco Biffi, un anziano proprietario terriero che abitava a Milano, perché facesse da segretaria a lui e da dama di compagnia alle sue sorelle Clara e Caterina.
La ragazza rimase ammutolita, mentre si sentiva spezzare il cuore. Alla domanda della madre se fosse contenta, alla fine, rispose: «Sì… perché siete contenti voi e il signor parroco che mi tenete il posto del Signore, dunque è contento anche Lui».
Il 17 gennaio del 1866, ormai quindicenne, fu accompagnata dalla madre e dal fratello a Milano. Il cavalier Francesco le fece prender lezioni di computisteria e di lingua francese, necessarie per il suo lavoro, mentre le due sorelle le assegnarono una camera tutta per lei e le diedero vestiti alla moda. Tutti e tre erano comunque molto religiosi e incoraggiavano la devozione dei loro domestici e sottoposti.

Noviziato nel mondo, sull’esempio di Bartolomea Capitanio
La casa dei Biffi si trovava in corso Monforte, molto vicino alla chiesa di San Babila: dalla finestra di camera sua, Laura poteva scorgere la lampada del Tabernacolo, e pregava a lungo guardandola. Chiedeva in particolare come far coincidere il suo desiderio di essere del Signore con le abitudini della società in cui doveva vivere.
Le capitò quindi tra le mani una biografia della giovane Bartolomea Capitanio, fondatrice a Lovere delle Suore di Carità poi dette di Maria Bambina (è stata canonizzata nel 1950 con l’altra fondatrice, suor Caterina Gerosa) e morta appena una trentina d’anni prima, nel 1833. Decise quindi di far proprio, coi dovuti adattamenti, il Metodo di vita che quella ragazza si era data.

Un nuovo direttore, padre Ottone Terzi
Dato che riteneva di avere un confessore troppo generoso, decise di trovarne uno nuovo. L’occasione accadde quando, a diciott’anni, partecipò a una conferenza nella chiesa di Santo Stefano, organizzata dalle Madri Canossiane che tenevano l’oratorio femminile. L’oratore era un gesuita, padre Ottone Terzi, che le diede un’ottima impressione, confermata da quanto sentiva interiormente.
Si confessò subito da lui, il quale le confermò di vederla incline alla vita consacrata. Volle ugualmente metterla alla prova, chiedendole di continuare a vivere nel mondo e di assistere ancora di più il cavalier Biffi, rimasto solo dopo la morte delle sorelle. Intanto le sottopose le regole degli Ordini religiosi femminili presenti a Milano e le consentì di formulare il voto privato di verginità.

La “notte bella” tra il 2 e il 3 febbraio 1879
Il 2 febbraio 1879 a San Babila si svolgevano le Quarantore e Laura ottenne di poter andare in chiesa alle 13.30. Si mise in un posto appartato, per pregare e piangere senza essere vista, poi si sentì quasi guidata dal Signore a considerare come lui fosse abbandonato e offeso.
Mentre gli domandava come potesse amarlo e farlo amare, fu invitata a guardare in un certo punto: le parve di avere di fronte una rete, nella quale erano impigliate innumerevoli anime. Poco dopo, la scena cambiò, mostrandole parrocchie, scuole, varie opere. «Ecco il tuo compito, coraggio, Laura, Io sono con te e tu dal mio Cuore otterrai lumi, forza, aiuto, soccorso… Non temere!», fu l’incoraggiamento che udì.
La sera, tornata a casa, non riuscì a prendere sonno perché era ancora scossa. Nella notte seguente, che in seguito definì “notte bella”, scrisse come sotto dettatura un intero quaderno, dove si delineò più precisamente il disegno divino su di lei: la fondazione di una nuova realtà, una vera Famiglia consacrata al Cuore di Gesù.

Nella Compagnia delle Orsoline
Padre Terzi, quando Laura gli raccontò l’accaduto e gli mostrò il quaderno (andato perduto), cercò di dissuaderla da quel pensiero, poi le consigliò di entrare nella Compagnia di Sant’Orsola fondata da sant’Angela Merici, che all’epoca stava risorgendo a Milano. Le sue aderenti, dette “Orsoline di famiglia”, vivevano appunto in casa ed emettevano voti privati. All’inizio dell’estate 1879, dunque, la giovane chiese di farne parte e fece la vestizione religiosa il 13 maggio 1880.
Nel frattempo, morto il cavalier Biffi, aveva da lui ereditato una discreta somma di denaro ed era rimasta libera. Il confessore, tuttavia, le ordinò di andare in pellegrinaggio a Brescia sulla tomba di sant’Angela Merici e di parlare con il superiore delle Orsoline, padre Giuseppe Chiarini, dell’Oratorio di San Filippo Neri: il suo parere fu che sarebbe stata Orsolina per poco tempo.
Padre Terzi, comunque, prese del tempo e l’invitò a chiedere un segno speciale. La guarigione di Bianca Piccaluga, una sua amica, paralizzata da dieci anni, fu per Laura la prova che quello era davvero il volere di Dio su di lei.

Ritorno a Sulbiate
Il 19 settembre 1880 Laura, Bianca e altre due aspiranti orsoline, Maddalena Zanotti e Rosa Bartoletti, emisero i voti privati nella cappella dei Gesuiti di via Montebello. Tre giorni dopo, il 22 settembre, iniziarono la vita comunitaria nella casa che era stata comprata coi soldi dell’eredità a nome di Laura, a Sulbiate Superiore.
Mentre le quattro iniziarono l’apostolato in parrocchia, i superiori delle Orsoline protestarono perché Laura era a capo del gruppo pur essendo semplice novizia. Dopo il 21 aprile 1881, quando venne ammessa alla professione solenne, venne eletta ufficialmente superiora dell’accresciuta comunità.

Le Orsoline di Brentana
Il 12 ottobre 1882 madre Laura trasferì la comunità in un nuovo edificio a Brentana di Sulbiate, ma era tormentata dai dubbi e dai malintesi tra le “sue” Orsoline e quelle di Milano. Trovò comunque conforto nelle sue intuizioni interiori e nell’udienza con l’arcivescovo di Milano, monsignor Luigi Nazari di Calabiana.
Aveva già elaborato delle “Addizioni” alla Regola mericiana, specifiche per il genere di vita del suo gruppo. Il parroco don Ercole Riva ne portò una copia all’Arcivescovo e una ai Superiori della Compagnia di Sant’Angela: questi rifiutarono, ma monsignor Calabiana operò diversamente. Il 4 gennaio 1883 approvò le “Regole e Costituzioni”, erigendo allo stesso tempo la “Pia Casa delle Orsoline di Brentana”, cui aggiunse la specifica “del Cuore di Gesù”.

La Famiglia del Sacro Cuore di Gesù
Con l’approvazione dell’Arcivescovo si poteva dare il via a nuove fondazioni che seguirono, a ritmo annuale, dal 1884. Il 14 agosto dello stesso anno madre Laura e altre sette consorelle pronunciarono i voti perpetui secondo la regola di sant’Angela, cui erano ancora sottoposte.
Madre Laura teneva personalmente a sancire la convenzione con i parroci che chiedevano le suore, con le quali lei si manteneva in contatto mediante lettere circolari e visite personali. Non mancarono ancora le prove, come il debito contratto con due fratelli sacerdoti, Carlo e Luigi Bonacina, ex amministratori del quotidiano «L’Osservatore Cattolico», e la chiusura di altre case per motivi finanziari.
L’8 febbraio 1887 giunse il decreto, firmato il 2, con cui l’Arcivescovo concedeva alla nuova congregazione il nome ufficiale di Famiglia del Sacro Cuore di Gesù, proprio come madre Laura aveva intuito e lungamente sperato, e la completa autonomia rispetto alle Orsoline. Nello stesso decreto le veniva inoltre concesso, come aveva chiesto a monsignor Nazari di Calabiana il 30 novembre 1886, di aggiungere il nome di Maria a quello che portava dal Battesimo.
Sei anni dopo, nel 1893, fu presentato alla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari un nuovo testo della Regola: il Decreto di Lode, con cui veniva approvato, venne promulgato il 28 settembre 1894.

Gli ultimi anni e la morte
La salute di madre Maria Laura, complessivamente buona, cominciò a declinare quando ebbe 60 anni e cominciò ad avere disturbi cardiaci. Costretta in Casa madre, si rese comunque presente a tutte le comunità nelle case filiali con lettere circolari.
Il 27 febbraio 1923 la Sacra Congregazione dei Religiosi diede l’approvazione definitiva alle Regole, ma ai primi di ottobre la fondatrice si aggravò. Convocò tutte le suore per l’ultima volta, esortandole ad amare Gesù nell’Eucarestia, all’osservanza della Regola, all’obbedienza, alla carità fraterna, alla santità.
Alla notizia che la parrocchia di Sant’Antonino a Sulbiate stava per avere un nuovo vicario parrocchiale, le invitò poi a pregare perché arrivasse un pastore che fosse davvero santo. Fu inviato don Mario Ciceri, che si dedicò specialmente ai giovani e ai malati della cittadina fino alla morte, sopraggiunta nel 1945 per un incidente stradale; anche per lui è aperto il processo di beatificazione.
Il 17 dicembre, aggravatasi, ricevette l’Unzione degli Infermi. Il giorno dopo fu la volta del Viatico e del rinnovo dei voti, poi, alle 17, si spense serenamente. Al mattino del 21 dicembre si svolsero i solenni funerali, celebrati nella chiesa parrocchiale di Brentana da don Arturo Stucchi, parroco di Besana Brianza.
I suoi resti mortali vennero collocati in un loculo acquistato da suo nipote don Mario Baraggia, ma nel 1930 vennero trasferiti nella nuova cappella funeraria della Famiglia del Sacro Cuore. Dal 1955 sono conservati nella cappella della Casa madre a Brentana di Sulbiate.

La causa di beatificazione
La fama di santità di cui madre Laura ha sempre goduto ha però condotto alla richiesta d’introdurre la sua causa di beatificazione solo sul finire del ‘900. Ottenuto il nulla osta dalla Santa Sede il 22 giugno 1991, è stato quindi aperto il processo informativo diocesano il 10 giugno 1992 dal cardinal Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano; la conclusione si è svolta il 5 luglio 1993. L’anno dopo, il 9 dicembre 1994, ha ottenuto il decreto di convalida, mentre la “Positio super virtutibus” è stata trasmessa a Roma nel 1997.
Sia i consultori teologi, il 12 dicembre 2013, sia i cardinali e i vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi hanno espresso parere positivo circa l’esercizio delle virtù cristiane in grado eroico da parte di madre Laura. Infine, il 26 aprile 2016, è stato promulgato il decreto con cui è stata dichiarata Venerabile.

La Famiglia del Sacro Cuore oggi
Le suore della Famiglia del Sacro Cuore di Gesù, dette popolarmente “Suore di Brentana”, attualmente prestano servizio in Lombardia, nell’Italia del Sud e nella Repubblica Democratica del Congo. Come alle origini, sono in appoggio ai parroci, particolarmente nelle zone periferiche o di campagna. Considerano come data di fondazione il 22 settembre 1880, quando madre Laura e le sue prime compagne iniziarono a fare vita comune.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2016-08-16

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