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Beato Paolo Thoj Xyooj Catechista e martire

25 aprile

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Kiukatiam, Laos, circa 1941 – Laos, fine aprile 1960

ThojXyooj (traslitterato anche ThaoShiong), nato nel villaggio di Kiukatiam nel Laos, aderì con slancio all’annuncio del Vangelo, portato nel suo Paese dai Missionari Oblati di Maria Immacolata. Ritenuto adatto per il sacerdozio, fu inviato nella scuola di formazione per catechisti a Paksan, dove maturò la decisione di dedicarsi alla predicazione della Buona Notizia senza ricevere l’ordine sacro. Dopo sette mesi nel villaggio di Na Vang, rientrò nel villaggio natale, dove affiancò il missionario padre Mario Borzaga. Il 25 aprile 1960 s’incamminò, insieme a lui, per visitare altri villaggi nel nord del Laos, i cui abitanti desideravano conoscere meglio il Vangelo. Da allora non si ebbero più loro notizie, fino a quando non venne scoperto che erano stati uccisi da alcuni guerriglieri Pathet Lao, contrari alla presenza dei missionari stranieri. Padre Mario aveva ventisette anni, mentre Paolo circa diciannove. Il loro processo sul martirio si è svolto nella diocesi di Trento dal 2006 al 2008. Il 5 maggio 2015 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui la loro morte è stata riconosciuta in odio alla fede. La loro beatificazione, insieme a quella di altri 15 martiri del Laos, è stata fissata all’11 dicembre 2016 a Vientiane, nel Laos.



Nascita e adesione alla fede
ThojXyooj (traslitterato anche ThaoShiong) nacque intorno al 1941 nel villaggio di Kiukatiam, nella provincia di Luang Prabang, nel nord-ovest del Laos. Perse il padre, che era il capovillaggio, prima di compiere nove anni.
Quando, nel 1950, arrivò padre Yves Bertrais, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, fu sua madre ad accoglierlo per prima. Da allora, lui aderì pienamente alla sua predicazione, diventando un catecumeno convinto, sveglio e intelligente.

Allievo nel seminario minore
A sedici anni, rivelò al missionario che desiderava diventare sacerdote. Ritenendolo idoneo, padre Bertrais lo inviò al seminario minore di Paksan, dove la missione degli Oblati aveva aperto un centro di formazione per i catechisti; lì il ragazzo avrebbe verificato la propria fede anzitutto, poi la vocazione. La madre oppose resistenza, ma uno dei suoi fratelli maggiori, che abitavano con lui, fu più favorevole.
Dato che il ragazzo era solo catecumeno, gli fu anticipato il Battesimo rispetto alla data prevista: avvenne quindi domenica 8 dicembre 1957, occasione nella quale ricevette il nome cristiano di Paolo. Tre giorni dopo partì, insieme a quattro ragazze e ad altri due ragazzi destinati al seminario.

Catechista a Kiukatiam
A scuola, Paolo si dimostrò vivace e simpatico. Tuttavia, a causa di una piaga dolorosa su una gamba, causata da un incidente nell’infanzia, doveva accontentarsi di stare a guardare i compagni nelle attività sportive.
Dopo un anno ritornò a Kiukatiam, per proseguire la sua preparazione come catechista sotto il diretto controllo dei missionari. Insegnò le lingue lao e hmong (quest’ultima parlata dalla sua popolazione) nella scuola del villaggio e, a poco a poco, si specializzò nel catechismo. Testimoni di quell’epoca lo descrivono come dotato di grande gentilezza, sempre sorridente, disponibile e pronto al servizio verso chi era in difficoltà.

Collaboratore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata
Nello stesso anno, il 1958, la missione nel Luang Prabang fu affidata agli Oblati italiani, guidati da padre Leonello Berti, che si concentrarono sulla provincia del Luang NamTha, tra la Birmania e la Cina. La popolazione hmong del villaggio di Na Vang sentì presto parlare del loro operato e volleconoscere, come gli altri del loro popolo, quei “Gesù” che curavano gli ammalati, come chiamavano i missionari.
I due padri inviati nel luogo, Alessandro Staccioli e Luigi Sion, conoscevano però solo la lingua lao, che ihmong non comprendevano; perciò domandarono in prestito un catechista che parlasse il loro linguaggio. Padre Mario Borzaga, ormai responsabile della missione, pensò a Paolo, dietro consiglio di padre Berti. Martedì 21 aprile 1959 il giovane partì per la sua avventura, pieno di entusiasmo e di coraggio.

A Na Vang
Dopo una lunga marcia, arrivò a Na Vang venerdì 1° maggio 1959. Indossava il costume tipico hmong, con un cappello nero sormontato da un pon-pon e tre collane d’argento. Gli abitanti del villaggio, al vederlo, lo scambiarono per un re, ma lui rispose: «Non sono un re hmong, sono solo un giovane ragazzo venuto col Padre. Non sono un capo, sono venuto solo per svolgere un compito: annunciare e insegnare la Buona Notizia di Dio».
Alla richiesta di spiegazioni, Paolo rispose che Gesù era vincitore di tutti i demoni, suscitando nella folla un notevole stupore: avevano infatti molta paura di quegli esseri che, secondo le loro credenze, si nascondevano dovunque.

La sua predicazione
Senza perder tempo, il giovane intraprese il suo incarico già dal giorno seguente, mentre la gente continuava a venire dai visitatori e invitarli, secondo l’usanza, a pranzo da loro. I primi giorni l’insegnamento del catechismo si svolse all’aria aperta, poi nella casa del capovillaggio. Il suo modo di parlare era chiaro e semplice: ad esempio, per spiegare che una preghiera è composta da tante parole, prese una canna e la piegò a fisarmonica. Inoltre, insegnava anche dei canti, dotato com’era di una bella voce.
Già dal terzo giorno di predicazione, metà delle famiglie del villaggio domandò di poter iniziare il catecumenato. Nella stessa giornata, da mezzogiorno fino a sera, Paolo accompagnò padre Sion a scacciare gli spiriti maligni dalle abitazioni dei catecumeni: distrusse con le sue mani e fece bruciare gli idoli delle divinità domestiche, senz’alcun timore.
La sua buona fama si sparse nei villaggi dei dintorni: pur di ascoltarlo, ci fu gente capace di affrontare da qualche ora a giorni interi di cammino. Il catechista non poteva certo fare tutto da solo, ma si armò di pazienza e di buona volontà. Intanto, stava pensando al matrimonio e aveva trovato, nel villaggio, una ragazza che gli voleva bene.

Una partenza forzata
Tuttavia, dopo poco più di sette mesi, dovette lasciare Na Vang. Le motivazioni sono poco chiare, in quanto i documenti non spiegano sufficientemente perché i missionari giunsero a quella decisione. Forse fu perché non ritenevano abbastanza formato il giovane e che, pertanto, la sua predicazione avesse presentato un Vangelo più annacquato rispetto a come l’intendevano loro.
Un’altra ipotesi è che la sua piaga fu ritenuta, a torto, indizio della sifilide: da lì a ritenere che avesse sedotto le ragazze del villaggio approfittando del suo successo non ci voleva molto. O ancora, come ipotizzato da numerosi testimoni, era stato calunniato da un missionario protestante, il quale, non avendo avuto una risposta tanto positiva come la sua, aveva messo in giro delle false voci sul suo conto. Uno dei collaboratori della missione, che era interessato alla stessa ragazza che piaceva a lui, contribuì a diffonderle.
In ogni caso, la partenza doveva essere una prova per i suoi catecumeni, che dovevano imparare a conoscere davvero il messaggio di Gesù, ma anche per lui, affinché non venisse dominato dall’orgoglio.
Nel mese di dicembre 1959, Paolo venne mandato nella nuova scuola per catechisti a Luang Prabang, ma tornò presto a casa, in preda a un’atroce crisi. Nei mesi successivi, seguì da vicino padre Mario Borzaga, che lo menzionò più volte nel suo «Diario di un uomo felice».

L’ultimo viaggio
Lunedì 25 aprile 1960, partì insieme a lui per raggiungere altri villaggi nel nord del Laos. Non si ebbero più notizie di entrambi finchénon venne scoperto che erano stati uccisi da alcuni guerriglieri Pathet Lao, contrari alla presenza dei missionari stranieri. Padre Mario aveva ventisette anni, mentre Paolo circa diciannove. Un testimone riferì le sue ultime parole: «Non me ne vado, resto con lui; se l’ammazzate, ammazzate anche me. Dove lui sarà morto, io sarò morto, e dove lui vivrà, io vivrò». I loro corpi, gettati in una fossa comune, non furono mai ritrovati. Probabilmente furono uccisi nella regione di Muong Met, sulla pista per Muong Kassy.

La causa di beatificazione
Postulatore della Causa di beatificazione di Paolo ThojXyooj e padre Mario Borzaga è stato nominato il P. Angelo Pelis OMI. La stessa si è aperta nella diocesi di Trento, dopo aver ottenuto il trasferimento dal vicariato apostolico di Luang Prabang,il 7 ottobre 2006 e chiusa il 17 ottobre 2008. Ha ottenuto la convalida il 19 giugno 2009. La “positio super martyrio” è stata firmata dal Relatore P. Joseph Kijasofmcv il 9 luglio 2014.
Sia i consultori teologi, il 27 novembre 2014, sia i cardinali e vescovi membri della Congregazione per le Cause dei Santi, il 5 maggio 2015, si sono detti favorevoli al riconoscimento della loro uccisione come martirio in odio alla fede cattolica. Sempre il 5 maggio 2015 papa Francesco, ricevendo in udienza il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione vaticana per le Cause dei Santi, ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui padre Borzaga e il suo catechista sono stati ufficialmente dichiarati martiri.
La loro beatificazione, insieme a quella di altri 15 martiri del Laos, è stata fissata all’11 dicembre 2016 a Vientiane, nel Laos. A presiedere il rito, il cardinal Orlando Quevedo OMI, Arcivescovo di Cotabato nelle Filippine, come rappresentante del Santo Padre.


Autore:
Emilia Flocchini e padre Angelo Pelis OMI, Postulatore

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Aggiunto/modificato il 2016-09-14

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