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Venerabile Giuseppe Marchetti Sacerdote scalabriniano

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Lombrici di Camaiore, Lucca, 3 ottobre 1869 - São Paulo, Brasile, 14 dicembre 1896

Giuseppe Marchetti nacque a Lombrici di Camaiore, in provincia e diocesi di Lucca, il 3 ottobre 1869. Dopo gli studi nel Seminario diocesano, fu ordinato sacerdote nel 1892. Inizialmente incaricato d’insegnare Francese in Seminario, fu nominato parroco di Compignano di Massarosa. Lì iniziò a comprendere le ragioni che spingevano molti a emigrare verso gli Stati Uniti d’America. Fu però la partecipazione a una conferenza di monsignor Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza (Beato dal 1997), a farlo diventare un “missionario esterno” della congregazione dei Missionari di San Carlo, da lui fondata. Nel suo secondo viaggio in Brasile, nel 1895, si sentì ispirato a dare inizio a un’opera per i bambini abbandonati a San Paolo. Collaborò con monsignor Scalabrini per la fondazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo, dette Scalabriniane: una delle prime fu sua sorella Assunta (Beata dal 2014). Padre Giuseppe morì a San Paolo il 14 dicembre 1896, di tifo, a 27 anni.
L’inchiesta diocesana per l’accertamento delle sue virtù eroiche si è svolta nella diocesi di San Paolo dal 5 maggio 2000 al 28 novembre 2001. È stato dichiarato Venerabile col decreto promulgato da papa Francesco l’8 luglio 2016.
 



Giuseppe Marchetti nacque a Lombrici di Camaiore, Lucca, il 3 ottobre 1869. Frequentò il seminario diocesano dove si distinse nello studio. Fu ordinato sacerdote nel 1892 e il 3 aprile dello stesso anno fu nominato parroco di Compignano.
Dopo aver ascoltato una conferenza di monsignor Giovanni Battista Scalabrini sull’emigrazione italiana in America, il giovane sacerdote si mise a sua disposizione. Fece un primo viaggio in Brasile il 15 ottobre 1894 e ne intraprese un secondo l’anno seguente.
Ciò che accadde durante questo suo secondo viaggio lo aiutò ad orientare definitivamente il suo futuro come missionario scalabriniano. Una giovane madre morì a bordo della nave, lasciando una piccola figlia orfana e il marito in disperazione. Questo fatto ispirò padre Giuseppe a dare inizio in São Paulo, Brasile, a un’opera per la tutela dell’infanzia abbandonata (l’attuale Orfanotrofio Cristoforo Colombo).
Per attuare questo suo progetto, il giovane missionario intraprese un ritmo prodigioso di lavoro affrontando duri sacrifici di ogni tipo, spinto da straordinario zelo e da un sincero desiderio di farsi santo. Animato dalla carità evangelica, arrivò perfino a obbligarsi con voto di mai perdere un quarto d’ora di tempo inutilmente.
Marchetti morì in concetto di santità a São Paulo il 14 dicembre 1896, alla giovanissima età di 27 anni, stroncato dal tifo, contratto mentre assisteva gli ammalati.
Fu il principale collaboratore del beato Giovanni Battista Scalabrini nel dar vita alla congregazione delle Suore missionarie di San Carlo. Sua sorella Assunta e un gruppetto di altre giovani donne dal suo stesso paese furono le prime suore del nuovo istituto. Presero il velo a Piacenza nella cappella dell’episcopio e assieme a loro anche padre Marchetti fece la sua professione religiosa.
Le suore partirono quasi immediatamente per il Brasile e il loro primo compito fu il consolidamento delle opere caritative fondate in São Paulo da padre Giuseppe.
Il 5 Maggio 2000, con l'apertura del processo a São Paulo, a padre Giuseppe Marchetti viene riconosciuto il titolo di Servo di Dio.
L’8 luglio 2016 papa Francesco ha ricevuto in udienza privata il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’udienza il pontefice ha autorizzato la Congregazione a promulgare il decreto riguardante le virtù eroiche del servo di Dio.
Il prossimo passo è il riconoscimento di un miracolo inequivocabilmente attribuibile all’intercessione del Venerabile padre Giuseppe Marchetti.

Fonte: www.scalabrini.org
 



«O è matto o è un santo»: questo, in sostanza, il giudizio del vescovo Giovanni Battista Scalabrini su padre Giuseppe Marchetti, ma non dev’essere l’unico a pensarlo: prima di morire a soli 27 anni, lui è riuscito a fare quanto altri neppure iniziano in 70 o più anni di vita. La Chiesa, dichiarandolo Venerabile nel 2016, ha di fatto avvallato la seconda opzione e molto probabilmente tra non molto lo metterà sugli altari, come già ha fatto con sua sorella Assunta.
Certo è che, con un tipo così, bisogna stare attenti a dargli un appuntamento o anche solo a parlargli, perché invariabilmente “tira dalla sua parte” anche chi non vorrebbe, com’è successo all’armatore di Genova, al console italiano in Brasile o alla baronessa Prato, che prima di incontrarlo prova per lui un’indifferenza che rasenta il fastidio e al momento del congedo gli regala spontaneamente tutto il legname di cui ha bisogno.
Giuseppe fin da bambino sogna di essere prete, anzi evangelizzatore di prima linea, e si ritrova suo malgrado ad insegnar francese in seminario, giovanissimo prete con già tuttavia l’afflato del missionario d’antico stampo, che per salvare una sola anima sarebbe capace di attraversare l’intero mondo a piedi.
Lui è fatto di tal pasta, perché un giorno blocca una sessione di esami per fare una “corsa” sotto la pioggia torrenziale fin nei dintorni di Lucca, dove un pover’uomo in punto di morte, con la pistola in pugno, minaccia di far secco il primo prete che osa avvicinarglisi; ritornerà alla sua cattedra solo dopo avergli fatto abbassare l’arma e aiutato a morire in pace.
Provvisoriamente assegnato alla parrocchia di Compignano di Massarosa, 210 abitanti in tutto, vede con i suoi occhi la miseria generata dalla carestia, per colpa della quale un terzo dei suoi parrocchiani decide di andare all’estero. «O rubare o emigrare», gli confidano sconsolati e don Giuseppe sente che non può abbandonare in quel frangente i suoi 75 parrocchiani, che accompagna così al porto di Genova.
Sensibilizzato già da qualche anno sul problema delle emigrazioni da un’infuocata predica del vescovo Scalabrini, in quei giorni tocca con mano le speculazioni, i soprusi e lo sfruttamento cui vanno incontro gli emigranti, già prima dell’imbarco.
Non si sa come, riesce a conquistarsi la fiducia di un armatore che non solo permette ai suoi parrocchiani di dormire, pur senza biglietto, all’interno della propria nave evitando loro notti all’addiaccio, ma che sarebbe disposto ad imbarcare subito lui, pur di averlo cappellano a bordo.
Non quella volta, poiché gli mancano il passaporto e l’autorizzazione del suo vescovo, ma già per quella successiva, 15 giorni dopo, padre Giuseppe (possiamo chiamarlo così) è pronto sulla banchina, con la valigia in mano, per salpare alla volta del Brasile, dove, lo attende una montagna di lavoro. Per prima cosa fa realizzare in ogni porto una “casa dell’emigrante” per offrire loro un tetto dignitoso e un ufficio per sbrigare le pratiche e trovare lavoro.
«Vedo le cose appianarsi naturalmente, il che mi fa credere davvero che la Missione sia la mia vocazione», scrive padre Giuseppe, che chiede ed ottiene soldi e materiale da costruzione, dalle autorità locali e da generosi benefattori, sempre disposto ad incassare tutto: «Da chi mi dà denari, prendo denari, da chi mi dà delle umiliazioni, son buone anche quelle».
Dopo un anno torna in Italia, giusto il tempo per sollecitare aiuti e raccogliere offerte, ma un mese dopo si imbarca per il suo secondo viaggio verso il Brasile, durante il quale riceve un “segno”, nel bimbo di pochi mesi che una donna prima di morire gli mette tra le braccia, chiedendogli di prendersene cura.
Scopre così che sono molti gli orfani italiani, perché il lavoro disumano uccide i genitori, mentre nelle città proliferano i cosiddetti “monelli”, che se non salvati in tempo saranno la nuova malavita di domani. Costruisce per loro un orfanotrofio, per poi interessarsi anche di un ospedale in cui vanno a finire quanti per il troppo lavoro han perso anche la salute.
«I padri ci sono, e le madri?», si lamenta padre Giuseppe, che si accorge di aver bisogno di manodopera femminile, cioè di suore. Nascono così nel 1895, per sua spinta e dietro sua richiesta, le Suore missionarie di San Carlo, dette Scalabriniane. Non è un caso che nel gruppo delle prime quattro ci siano proprio sua mamma, sua sorella e sue due ex parrocchiane di Compignano.
Dopo il secondo non ci sarà un altro suo viaggio in Brasile, perché il piccolo prete dagli occhi splendenti, che «porta scolpite in volto le bellezze delle virtù divine», muore il 14 dicembre 1896. Di tifo, contratto al letto di una moribonda, che non aveva avuto paura di andare a confessare.

Preghiera per la beatificazione
Signore, noi ti lodiamo e ti ringraziamo per aver chiamato padre Giuseppe Marchetti ad essere apostolo dei migranti e padre dei orfani.
Rispondendo con eroismo, generosità e zelo apostolico alla tua chiamata egli si è consacrato con i voti di Carità e di Vittima del prossimo, stimolato che era dal tuo amore, e mise a profitto il dono di partecipazione al carisma scalabriniano.
Signore, in vista della tua gloria e per il bene della Chiesa, donaci la grazia di imitarlo nella disponibilità e dono totale nel servizio al migrante più povero e necessitato e glorifica il padre Giuseppe Marchetti, martire delle fatiche apostoliche, concedendoci la grazia, che umilmente imploriamo attraverso la sua intercessione.

Padre Nostro, Ave Maria e Gloria al Padre

 


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2018-02-06

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