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Card. Leo Scheffczyk

Testimoni

Bytom, Polonia, 21 febbraio 1920 – Monaco di Baviera, 8 dicembre 2005


“Io sono arrivato al seminario di Frisinga  il 3 gennaio del 1946 e anche Leo Scheffczyk si trovava lì come profugo di guerra. Riesco ancora a vederlo, in modo molto chiaro, davanti a me, come un uomo silenzioso e per così dire molto sensibile”. Questa foto d’epoca viene dalla penna di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI che nel 2007, dieci anni fa, si fece intervistare per la introduzione alla edizione italiana del libro del teologo e cardinale tedesco Leo Scheffczyk “ Il mondo della fede cattolica, verità e forma”.
Il libro era stato pubblicato nel 1977 ed è uno dei moltissimi titoli del grande teologo dell’epoca del Concilio Vaticano II,  di centinaia di pubblicazioni, che vanno dalla dogmatica alla mariologia e che sono sempre “ al centro”. Scheffczyk non prese mai una parte nel dibattito post conciliare che voleva dividere il pensiero teologico in destra e sinistra.
La sua forza era nella storia stessa della sua vita. Nato in Slesia in un paese che oggi è polacco, ma che nel 1920 era tedesco, Leo cresce in un ambiente cattolico borghese. Nel 1938 inizia gli studi per diventare sacerdote. É un grande lettore e ama Tommaso e Newman. Nella crisi post conciliare prende in esame tre correnti teologiche: l’antropocentrismo cristiano, il secolarismo delle scienze naturali e quello storicistico.
Non è questa la sede per un saggio sulla teologia di Scheffczyk, ma piuttosto per capire come nutriva la sua spiritualità. Lo si capisce anche vedendo il suo stemma cardinalizio. Il Sacro Cuore e la corona di spine. Ma non una qualsiasi. Quella che è simbolo della Famiglia Spirituale l’Opera.
Scheffczyk si è nutrito della spiritualità di Madre Giulia Verhaeghe, la fondatrice della famiglia religiosa. Tanto che scelse di essere sepolto in un luogo simbolo della Famiglia: il monastero di Talbach a Bregenz in Austria.
É lì che ha vissuto gli ultimi anni della sua vita madre Giulia, ed è lì che ora la biblioteca di Scheffczyk è custodita insieme ai pochi oggetti personali a lui cari e alle foto della sua vita.
Quella di Madre Giulia era una spiritualità paolina, e nello stesso tempo nascosta come quella di Nazareth.
Perseverare, perseverare, perseverare, Dio ha un disegno per ognuno di noi, furono le sue ultime parole. E sembrano perfette per descrivere anche gli ultimi anni di Scheffczyk.
Vocazione contemplativa quella dell’Opera, ma anche attiva, dove al centro c’è l’ Eucaristia, l'adorazione, la Parola di Dio e la Liturgia delle Ore; l'amore per la Beata Vergine Maria e la Santa Chiesa; le "tre colonne" della fede, della speranza e della carità; una rinnovata venerazione del Sacro Cuore di Gesù.
Per capire il teologo c’è da conoscere l’uomo. E quel piccolo angolo di Austria affacciato sul lago di Costanza è di fatto il luogo dell’anima del teologo divenuto cardinale dopo gli 80 anni.
Un teologo che fece il parroco in Baviera, dove gli anziani lo ricordano ancora, un professore di dogmatica che ammirava il più giovane e certamente moderno Joseph Ratzinger che ebbe la gioia di vedere Papa anche se solo per pochi mesi.
Nella stanza di Talbach che ricostruisce il suo studio tutto parla della semplicità dello studioso. La sua scrivania, la sua lampada e i suoi oggetti. La stola da giovane sacerdote come la croce e l’anello da cardinale. E poi le foto. Quelle con la famiglia, quelle da docente, quelle con il cardinale Ratzinger, e quelle con Madre Giulia.
Negli anni 70 e 80 Scheffczyk venne accantonato. Non essere ne’ di destra ne’ di sinistra sembrava proprio un grave peccato.
Il teologo che nonostante gli anni non riusciva a dare del tu al teologo Ratzinger, volle essere seppellito a Talbach perché, disse “là so che si pensa a me”.
Ed è vero, non solo per le preghiere che arrivano nel piccolo cimitero monastico, ma proprio perché a Talbach di Scheffczyk si continua a studiare la teologia grazie all’impegno della Famiglia Spirituale di Madre Giulia.


Autore:
Angela Ambrogetti


Fonte:
ACI Stampa

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Aggiunto/modificato il 2017-08-05

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