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Marco Montaldo Giovane laico

Testimoni

Alba, Cuneo, 22 settembre 1983 - Savigliano, Cuneo, 15 novembre 2009

Marco è nato ad Alba (CN) il 22 settembre 1983. A 26 anni, nell'ospedale di Savigliano (CN), il 15 novembre 2009, è tornato alla Casa del Padre. Dopo un'infanzia serena trascorsa nelle ridenti colline del suo paese, Neviglie (CN), fin dall'adolescenza si è dedicato con grande passione e determinazione alla viticoltura. Un buon esempio anche per altri giovani in un periodo storico dove il lavoro del contadino non è certo uno dei più ambiti. Il contatto con la natura lo rendeva felice. A causa di una mononucleosi, venne ricoverato in ospedale senza trarre benefici dalle cure prestate. In diciassette giorni, Marco, dalle colline della terra è passato a quelle del Cielo. Lascia tanti bei ricordi, soprattutto per le nuove generazioni, un custode di valori genuini intramontabili.



Un giovane felice tra le colline di Neviglie (CN)

"Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera" (Gc 5,7).


La breve parabola terrena di Marco, si è svolta tra le verdi colline di Neviglie, un ridente paesino delle Langhe Albesi.
a Marco chiediamo di accompagnarci lungo quei filari dove si è svolta gran parte della sua avventura. È interessante scoprire il suo modo alquanto originale di essere stato un giovane "controcorrente". Infatti se tanti interpretano la felicità come un continuo bisogno di rincorrere e ricercare qualcosa di sensazionale, Marco, invece, l'aveva trovata tra le mura della sua casa, della casa dei suoi cari nonni, delle sue zie e delle amate e ridenti colline del suo paese, dove, fin da giovanissimo, tra lui e le viti di Moscato si era stretto un legame molto forte.
Chiunque lo abbia conosciuto bene, sa come la sua breve esistenza terrena si sia consumata tra "cielo e terra".
Ma allora, dove sta il segreto di quella sua felicità così semplice che, nonostante la ripetizione di gesti e attività quotidiane, non ha mai perso né colore, né sapore?
Ebbene sta proprio nella sua scelta radicale fatta a 15 anni. Dopo aver frequentato un anno alla Scuola Enologica di Alba (CN), senza il dovuto impegno ha capito che quel tempo e le fatiche dei suoi genitori, così facendo,non avrebbero portato ad alcun risultato; così un bel giorno ha fatto un chiaro discorso ai suoi genitori : " Papà, mamma, ho capito di non essere portato per rimanere seduto tutto il giorno dietro a un banco a studiare. Ho deciso, almeno per il momento, di investire diversamente il mio tempo. Voglio imparare a lavorare la terra, voglio imparare bene come si coltivano le viti, voglio fare del trattore la mia "macchina" preferita!".
Sogno coltivato fin da bambino. E fermo in questo suo proposito, ha così investito al massimo e instancabilmente i suoi talenti.
Le sue giornate iniziavano presto al mattino e si prolungavano finché la luce del giorno glielo permetteva.
La "voce del silenzio" che lo ha accompagnato per ore ed ore, interrotta solamente dai dialoghi con sua mamma, dal canto degli uccellini che gli facevano da sottofondo, dal fruscio del vento e dal canto delle cicale, gli ha permesso di fare dei lunghi dialoghi interiori. Molti rimarranno per sempre un suo segreto, mentre altri ha saputo condividerli,in semplicità, con i suoi familiari e con gli amici più cari.
Quante volte Marco ha saputo concretizzare l'esortazione dell'Apostolo Paolo:

"Fratelli miei, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri" (Fil 4,8)

Marco e mamma Silvana

Lei è la persona con cui ha condiviso più tempo. Che da sempre, tra madre e figlio ci sia un legame particolare, è una cosa scontata. Nel nostro caso, tra Marco e sua madre questo legame si è ancora più fortificato grazie al lavoro nei filari fatto insieme quotidianamente. Caldo e freddo, vento e sereno, pioggia e bel tempo... Li hanno visti sempre uniti nel potare, sarchiare, curare le viti.... condividere la gioia della vendemmia.
Per conoscerlo di più siamo andati a casa sua e abbiamo chiesto alla mamma :
" Silvana, ci racconti qualcosa di tuo figlio?".
All'udire la nostra richiesta le sono brillati gli occhi e ci ha risposto : Volentieri !
Qualsiasi mamma ama parlare bene dei propri figli!
Parlando di Marco, voglio però usare un'espressione che spesso noi genitori del gruppo S. Maria Porta del Cielo, usiamo applicare ai nostri figli: Marco era e rimane un giovane veramente " Speciale"!. Finché l'avevo fisicamente ogni giorno sotto gli occhi, di lui avevo già visto molte cose belle. Ora che, nella comunione dei Santi, lo sento ancora più vivo di prima, riesco a comprendere e vedere molto più di quand'ero immersa in molteplici attività e molte cose essenziali mi sfuggivano.
Ora tante cose anche nella mia vita stanno diventando sempre più nitide. Sto imparando a leggere l'avventura di Marco alla luce di un'importante parabola di Gesù.

"In quel tempo, Gesù diceva alla folla: Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura" (Mc 4,26-29).

Fin dall'infanzia, insieme con mio marito Italo,abbiamo "seminato" in Marco i valori nei quali noi stessi crediamo : l'onestà,la responsabilità, l'amicizia,il rispetto per tutte le persone, specialmente per quelle più deboli e tra queste gli anziani, la sincerità e, soprattutto da parte di mio marito, la fede.
Una volta gettati questi "semi" hanno lavorato nel profondo del cuore di Marco, germogliando e fruttificando lungo il corso della sua breve esistenza. Questo l'ho potuto constatare durante le lunghe ore di lavoro fatto insieme, come nelle scelte concrete che ha saputo operare. Da un certo punto di vista sono stata privilegiata nel mio rapporto con lui perché, sia sua sorella Daniela, sia mio marito Italo lavoravano fuori casa, perciò molto spesso, lo vedevano solo alla sera dopo il lavoro.
Stando tanto tempo con lui ho potuto vedere molti aspetti del suo carattere; tra tutti la sua serietà e il senso di responsabilità.

E' ancora l'Apostolo Paolo a esortare i cristiani dicendo: " Chi non lavora neppure mangi". (2 Ts 3,10).

Per Marco, invece, era esattamente l'opposto perché la sua serietà era tale da preferire il lavoro al divertimento stesso; anzi posso affermare che il lavoro dell'agricoltore lo affascinava a tal punto da diventare il suo "divertimento" preferito. Concretamente questa sua scelta l'ha portato, poi ad abbracciare anche altri valori strettamente legati alla terra, come ad esempio, la famiglia alla quale dedicava molto tempo. Ha privilegiato molto il rapporto con i nonni, con alcuni anziani del paese che gli hanno insegnato molte cose nel campo della viticoltura.
Li ascoltava attentamente, li ringraziava con riconoscenza e poi praticava i consigli che gli venivano dati. Lui, comunque, molto spesso amava consultarne uno in particolare, Filipin del Valon, e più volte quando altri volevano fare diversamente, lui diceva :" Non si fa così, me l'ha insegnato Filipin del Valon". Non c'è libro che possa sostituire la sapienza concreta degli anziani! Il suo amore per la natura diventava anche affetto per gli animali, in particolare per il suo cane preferito Rudy, che lo contraccambiava seguendolo ovunque. Vedere quella loro "intesa" faceva tenerezza. Così come Marco faceva tenerezza quand'era in mezzo ai bambini che gli piacevano molto; giocava, rideva,scherzava...con loro stava bene perché lui stesso era ancora "bimbo nel cuore".
Quando raggiunse poi la maggiore età, gli altri suoi coetanei avevano già la macchina, ed era anche suo desiderio poter essere indipendente. Messo però davanti al fatto che in quel momento le risorse economiche non lo permettevano, senza nessuna reazione particolare ha capito subito e ha saputo attendere pazientemente due anni facendo del trattore la sua "macchina" preferita.
Molte altre cose potrei raccontare di Marco ma, una pagina della sua vita che ritengo preziosa anche se dolorosa, è quella che lui ha "scritto" nell'ultima sua malattia, nei suoi ultimi 17 giorni di passione. Io, come mamma, sono contenta di avere un figlio così, e sottolineo avere, perché sicuramente è un grande dolore non poterlo, per il momento, vedere fisicamente, ma nonostante ciò, e questo grazie al gruppo che sto frequentando, riesco a ringraziare il Signore di avere avuto Marco, anzi di averlo ancora perché chi torna al Signore non esce di casa. Anzi devo proprio riconoscere che da quando Marco è tornato alla Casa del Padre, il mio rapporto con Dio è cambiato radicalmente, facendo germogliare e fruttificare in me ciò che a suo tempo i miei genitori avevano "seminato". Ciò che prima non vedevo ora, grazie a Marco, lo vedo chiaramente ogni giorno sempre di più e, ancora grazie a lui, ora riesco a comprendere bene il significato delle parole pronunciate dal salmista:

"Ho cercato il Signore e mi ha risposto e da ogni timore mi ha liberato. Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce. L'Angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva." (Sal 33,6-8).

Marco e papà Italo

Anch'io, come mia moglie Silvana, anche se la fede mi ha sempre guidato e sostenuto, capisco molte più cose di nostro figlio, adesso, che non prima quando lo vedevo tutti i giorni. In questo mio dialogo avrò modo di raccontare qualcosa di bello e di profondo che sto vivendo. Come anticipato, parto dai suoi ultimi giorni terreni perché essi sono stati un vero e proprio terremoto che ha trasformato la fisionomia della nostra famiglia. Il 30 ottobre 2009 Marco si è ammalato accusando mal di gola, febbre e un malessere generale.
Tutti, medico compreso, abbiamo pensato ad una normale influenza di stagione. Però, man mano che passavano i giorni, quel malessere, soprattutto la febbre, invece di diminuire, aumentavano, tanto che si è dovuto provvedere al ricovero nell'ospedale di Alba (CN). Diagnosi: mononucleosi. Anche là comunque i medici ci hanno assicurato che la cosa era sotto controllo e che i vari disturbi accusati da Marco erano solamente il normale decorso della malattia. Marco però aveva intuito che le cose non stavano andando bene, infatti molte volte mi aveva detto:
"Papà portami via di qui perché sento sempre più male, non vedi che non sto migliorando?". Aveva ragione lui perché l'ultima notte in ospedale fu una vera e propria "Notte di Passione". In extremis è poi stato trasferito all'ospedale di Savigliano (CN) più attrezzato, ma ormai il male aveva già vinto il suo fisico debilitato dalla mononucleosi non adeguatamente curata. La notte antecedente al 15 novembre 2009, giorno in cui Marco ci ha salutato per il suo ultimo viaggio, quello verso il Cielo, mi ha chiesto più volte di mettergli la mia mano sul suo cuore che si stava gonfiando a dismisura procurandogli dei dolori lancinanti. Con istinto paterno ho fatto tutto ciò che era in mio potere e un pò di sollievo lo ha avuto, fino a quando, con le lacrime agli occhi gli ho detto: "Marco preghiamo, che il Signore ci aiuti". Riuscì a malapena a rispondermi:
"Papà io sto già pregando e lottando. Lo vedi?" Marco aveva tanta voglia di vivere e ha combattuto fino all'estremo delle sue forze. Grosse gocce di sudore gli imperlavano la fronte. Marco stava superando l'ultimo " test" per passare ad un'altra Grande Avventura che lo attendeva.

"Aveva combattuto la buona battaglia, aveva terminato la corsa, aveva conservato la fede" (2Tm 4,6). "Tutto concorre al bene per coloro che amano Dio" (Rm 8,28).

Se non avessi questa certezza, senza dubbio sarei sprofondato nel buio più totale. Questo non è avvenuto, perché:

"Pur camminando in una valle oscura, il Signore, non mi ha fatto temere alcun male, Lui è sempre stato con me, il suo bastone e il suo vincastro mi hanno sostenuto e dato sicurezza" (Sal 22,4).


Con la luce della fede e con il senno del poi, ho provato a "decifrare" la scena di quel cuore che si era gonfiato a dismisura, calandola nei 26 anni di vita terrena di Marco, e sono arrivato a queste conclusioni. Marco, per noi suoi genitori, ha sempre avuto un grande rispetto e mille premure. Ancora oggi che ci vede soffrire molto e a volte scoraggiati, lui è lì con noi e ci fa sentire la sua presenza viva. Difficilmente, se era in suo potere farlo, lasciava incompiuto o intentato qualcosa che sapeva poteva farci piacere o che fosse stato utile alla famiglia.
Ora sento tutto come prima. L'unica differenza è che prima lo vedevo in "carne ed ossa", mentre oggi lo sentiamo come un "Angelo custode" sempre al nostro fianco. Quante volte durante il lavoro prego e sento Marco che mi suggerisce: " Papà fai così... Papà perché il cingolato funzioni bene segui attentamente queste istruzioni....; Papà stai attento a non andare da solo in quel punto là perché è pericoloso..." e così via. Come mi sento aiutato nelle mie giornate a volte molto faticose e pesanti, da questa sua costante presenza! Veramente Marco continua ad essere al mio fianco come "Angelo custode" mandato dal Signore. A conferma di questa sua disponibilità, voglio condividere un particolare che è stato raccontato sulla piazza della chiesa la sera del Rosario in suo suffragio.
Un anziano signore di Mango (CN), commosso, ha detto: "Un giorno, Marco è venuto a sapere che avevo dei seri problemi con una cisterna piena di gasolio che dovevo assolutamente svuotare ma che non riuscivo a fare da solo. Non era passata un'ora e Marco era già là ad aiutarmi. In poco tempo il gasolio era tutto aspirato. Ero in difficoltà e Marco ha saputo esserci!". Anche se qualche volta il lavoro incalzante o tensioni varie lo spazientivano, anche se si discuteva animatamente, non l'ho mai sentito pronunciare il Santo nome di Dio in modo irriverente. Anzi! Un giorno mentre si trovava nella vigna nuova a cimare i tralci e stava usando il cingolato, all'improvviso scoppiò un brutto temporale accompagnato da forti tuoni e fulmini. Il pericolo di scivolare giù dal pendio era molto serio e concreto. Egli ripartì per tornare subito a casa e come ha posato il mezzo nel garage ha detto con sollievo: "Anche questa volta il Signore mi ha aiutato. Se con il cingolato fossi disgraziatamente scivolato poteva succedermi veramente il peggio ".
Questo suo rapporto con il buon Dio è cominciato molto presto, prima con la spicciola educazione cristiana in famiglia, poi proseguito con la partecipazione alla vita liturgica nella comunità cristiana di Neviglie.
Quante volte andando alla Messa, la domenica, insieme a sua sorella Daniela, sia dall'allora parroco don Lorenzo Almondo, sia da altre persone, mi arrivavano i complimenti per la loro educazione e compostezza. Una volta cresciuto ha ancora partecipato e si è pure fatto promotore verso i suoi coetanei, di alcuni incontri per giovani organizzati dalla parrocchia; e ogni volta tornava a casa soddisfatto.
Tuttavia la pesantezza delle giornate passate al freddo o sotto un sole cocente hanno condizionato, e non poco, la sua frequenza agli incontri serali. Un aspetto che ho comunque sempre apprezzato e che mi faceva piacere quando me ne parlava e quando, ogni tanto, sempre di sera dopo il lavoro, andava a trovare il parroco, parlavano, si confrontavano, pregavano e poi si confessava.
Era qualcosa di suo personale, era contento di farlo e tornava a casa, oltre che contento, anche più motivato. Di questo ho piacere che ve ne parli don Eligio che lui stimava non solo come parroco, ma anche come amico dell'anima. Ecco, come ha detto sopra mia moglie, anche se per adesso non lo vediamo fisicamente, Marco non è " uscito di casa", è con il Signore e da lassù veglia su di noi. Quando al calare della sera spuntano le prime stelle e brillano nel cielo, alzo lo sguardo verso quella più luminosa e sento che Marco è lì che mi invita a pregare con lui. Allora scende in me la pace e sento rinnovata energia per vivere l'indomani con nuova grinta, volontà ed entusiasmo.

"Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l' hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato" (Sal 8,4-6).

Marco e la sorella Daniela
   
Io e mio fratello Marco siamo nati entrambi il 22 settembre, io nel 1981 e lui nel 1983. Anche grazie a questo siamo stati sempre molto legati. Forse da piccoli non apprezzavamo particolarmente compiere gli anni lo stesso giorno, più che altro perché si faceva una sola festa di compleanno, ma col passare del tempo per noi il 22 settembre era diventato un giorno davvero bello, quasi magico, proprio perché era il compleanno di entrambi e sapevamo che si trattava di una cosa particolare che succede a pochissimi, se non ai gemelli. Il 22 settembre, fin dal mattino, in casa si respirava una bella atmosfera.
Appena svegli ci scambiavamo gli auguri e alla sera sapevamo che nostra mamma preparava la cena invitando i nonni e gli zii. Mi ricordo volentieri gli anni dell'asilo. Quando Marco è arrivato a frequentare il primo anno io ero già al terzo; per me lui era il mio fratellino e avevo sviluppato un particolare senso di protezione nei suoi confronti, quasi materno. Ad esempio mi curavo che mangiasse, avevo spiegato alle suore che lui non amava i cibi caldi e, quindi, prima di mangiare aspettava un bel po' perché voleva che si raffreddassero. All'inizio loro, non sapendolo, gli portavano via il piatto ancora pieno perché pensavano che non lo volesse.
Oppure mi ricordo che quando era l'ora del sonnellino pomeridiano io mi sedevo su una sedia vicino al suo lettino e aspettavo che si addormentasse. Lui non apprezzava molto queste mie attenzioni, voleva fare quello che gli pareva senza il mio "controllo". Mi chiamava "Dangi". Diceva sempre: " Dangi lasciami stare". Ricordo che da piccoli amavamo molto il Carnevale. Andavamo tutti gli anni alla festa a Mango. Un anno volevamo vestirci con una maschera particolare; grazie all'idea di mia madrina Maria Teresa abbiamo deciso di travestirci da papaveri. Lei ci ha aiutato con i costumi, rigorosamente fatti in casa dalla testa ai piedi, ed erano talmente belli e stravaganti che siamo stati premiati. Siamo arrivati primi per il costume più bello. Eravamo contentissimi, siamo arrivati a casa e abbiamo fatto vedere a tutti il nostro "attestato di premiazione". Da piccoli passavamo molto tempo insieme anche perché, intorno agli anni delle elementari, quando mamma e papà lavoravano rimanevamo a casa da soli, si fidavano perché potevamo badare a noi stessi, anche se qualche birichinata l'abbiamo combinata.
Ricordo volentieri quando un pomeriggio abbiamo deciso di slegare il nostro cane e di portarlo con noi in casa. Noi e anche lui ci siamo molto divertiti, mamma un po' meno. Infatti quando è arrivata a casa c'era parecchio disordine! Oppure mi fa piacere ricordare quando eravamo piccoli e nevicava: ci piaceva tanto andare a giocare in cortile. Ricordo che ci vestivamo con abiti imbottiti e passavamo ore a giocare, ci divertivamo un sacco a tirarci le palle di neve e a fare il pupazzo. E poi, quando rientravamo in casa riempivamo un bel tazzone di neve per mangiarla con zucchero e limone.
Quando andavamo alle elementari abbiamo iniziato un corso di nuoto. Mentre io ero imbranatissima, Marco nuotava nell'acqua che era una meraviglia vederlo. Ricordo che ci avevano divisi in categorie e mentre io ero sempre in quella dei "Granchi", che odiano l'acqua, lui era passato in quella dei "Delfini" perché non aveva paura dell'acqua. Se quando eravamo piccoli per me era il fratello minore che dovevo proteggere, crescendo si sono invertiti i ruoli. Infatti, sembrava fosse lui il fratello maggiore.
Fin dagli anni dell'adolescenza è sempre stato più maturo e responsabile di me. Per qualsiasi cosa mi rivolgevo a lui ancor prima di mamma e papà. Marco mi trasmetteva sicurezza e sapevo di poter sempre contare su di lui. Quando, qualche anno fa, ho avuto un incidente con la macchina ho telefonato a lui; oppure quando nevicava e avevo paura di guidare lui mi portava sempre a lavorare o dovunque fossi dovuta andare. Il nostro era un bel rapporto nonostante alcune litigate sia io, sia lui, ci cercavamo moltissimo. Io e mio fratello parlavamo molto. Marco mi raccontava tutto, si confidava con me, mi chiedeva consigli e opinioni e io facevo altrettanto. Inutile dire che mi manca tantissimo.
Ho perso mio fratello, con il quale sono cresciuta e ho condiviso tutto, e ho perso il mio migliore amico, su cui potevo sempre contare. Ma Marco è la mia forza; percepisco in molteplici situazioni la sua vicinanza, il suo aiuto e la sua protezione.

Marco e Don Eligio

Marco nella cerchia delle persone a lui care aveva collocato anche don Eligio. Con gioia e gratitudine ci parla del suo rapporto con lui. Innanzitutto per la fiducia accordatami da Marco, soprattutto nei nostri profondi dialoghi personali, e poi perché credo che ogni avventura umana abbia in sé dei “tesori nascosti” che possono arricchire chiunque riesca a scoprirli. In questo nostro dialogo mi piace partire dalla risposta che Dio dà a Samuele mentre sfilavano davanti a lui i vari figli di Iesse, affinché scegliesse quello designato dall'Alto per consacrarlo Re d'Israele al posto di Saul. Arrivato il turno di Eliab, Samuele chiese:
“E' forse davanti al Signore il suo consacrato?” . E il Signore rispose a Samuele : “Non guardare al suo aspetto né all'imponenza della sua statura. Io l'ho scartato perché io non guardo ciò che guarda l'uomo. L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore” (1 Sam 16,6-7).
Anch'io voglio andare oltre l'aspetto esteriore di Marco per scoprire, insieme a voi, che cosa “nasconde” una vita come la sua, apparentemente normale, quasi “monotona”. Specialmente se uno si fermasse solamente all'apparenza. Per rendere bene questo lavoro di ricerca, mi servo volentieri di una simpatica leggenda. Ascoltiamo insieme molto attentamente. Ogni mattina, il potente e ricchissimo re di Bengodi riceveva l'omaggio dei suoi sudditi. Aveva conquistato tutto il conquistabile e si annoiava un po'.
In mezzo agli altri, puntuale ogni mattina, arrivava anche un silenzioso mendicante, che porgeva al re una mela. Poi, sempre in silenzio, si ritirava. Il re, abituato a ricevere ben altri regali, con un gesto un po' infastidito, accettava il dono, ma appena il mendicante voltava le spalle cominciava a deriderlo, imitato da tutta la corte. Il mendicante non si scoraggiava. Tornava ogni mattina a consegnare nelle mani del re il suo dono. Il re lo prendeva e lo deponeva macchinalmente in una cesta posta accanto al trono. La cesta conteneva tutte le mele portate dal mendicante con gentilezza e pazienza.
E ormai straripava. Un giorno, la scimmia prediletta del re prese uno di quei frutti e gli diede un morso, poi lo gettò sputacchiando ai piedi del re. Il sovrano, sorpreso, vide apparire nel cuore della mela una perla iridescente. Fece subito aprire tutti i frutti accumulati nella cesta e trovò all'interno di ogni mela una perla. Meravigliato, il re fece chiamare lo strano mendicante e lo interrogò. “Ti ho portato questi doni, sire rispose l'uomo, per farti comprendere che la vita ti offre ogni mattina un regalo straordinario, che tu dimentichi e butti via, perché sei circondato da troppe cose superflue. Questo regalo è il nuovo giorno che comincia”. Eccomi allora a condividere alcune di queste “perle” nascoste dentro l'apparente ed innocua “mela” di ogni giorno.
La prima perla sono stati i nostri vari dialoghi serali sia estivi sia invernali. Come Nicodemo, quando andava da Gesù al calare del giorno (cfr. Gv3,2), così anche Marco veniva da me, di sera, dopo una lunga giornata di lavoro. C'era più tempo per rilassarsi, per riflettere e per dialogare. Abbiamo sempre parlato con la massima schiettezza, di tutto, senza lasciare nulla di inesplorato. Parlando ci si guardava negli occhi sapendo che : “ Leali sono le ferite di un amico, fallaci i baci di un nemico” (Prv 27,6); perciò entrambi abbiamo sempre cercato la verità. Ed è proprio questa ricerca della Verità che ci ha resi liberi di incontrarci nella gioia e nella pace (cfr Gv 8,31).
La seconda perla , sono stati i momenti di preghiera inseriti nei nostri dialoghi personali che spesso Marco coronava nell'incontro con Gesù nel sacramento della gioia (Confessione). Come dicevo sopra, la ricerca della Verità è sempre stata la bussola che ha indirizzato i nostri discorsi e le scelte da operare.
Quando riusciva a realizzare i propositi fatti era contento e insieme benedicevamo il Signore. Quando purtroppo, anche lui, come ogni comune mortale non ci riusciva, senza giri di parole riconosceva le proprie fragilità e peccati davanti al Signore e accoglieva con gioia il suo perdono. In questo contesto mi è caro applicare a Marco ciò che Gesù attraverso S. Faustina Kowalska, l'apostola della Divina Misericordia, dice all'anima che si fida di Lui e che da Lui non si sente giudicata : “Nella Confessione agisce l'onnipotenza della mia Misericordia; felice l'anima che approfitta di questa grazia...
Che grande gioia riempie il mio cuore quando ritorni da me! Vedo che sei molto debole, però ti prendo fra le mie braccia e ti porto nella casa del Padre mio...Permetti alla mia Misericordia di operare in te, nella tua povera anima, fa entrare nell'anima i raggi della grazia, essi ti porteranno luce, calore e vita... Qui trovi tutti i tesori del mio Cuore, prendi tutto quello che ti serve... Dì tutto, senza alcuna riserva, poiché ti ascolta un Cuore che ti ama, il Cuore del tuo migliore amico” (Dal diario di S. Faustina K. IV° quaderno). Questo è lo stile di Dio che sperimentano bene coloro che lo amano:

“Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” ( Lc15,7)

La terza perla è stata la sua presenza a qualche incontro di gruppo realizzato in parrocchia. Marco si dimostrava ben contento e si era reso “ponte” anche per altri suoi coetanei, affinché anch'essi beneficiassero di quei momenti di grazia comunitari.
Lo ricordo molto attento e partecipe anche se, purtroppo, decisero di lasciare troppo presto quanto iniziato perché reputato troppo impegnativo. Però Marco, prima di mollare, ha ancora partecipato ad un incontro di adorazione Eucaristica dal quale attinse luce anche dal sacramento della Gioia. Poi, mentre i suoi amici hanno messo da parte completamente l'iniziale proposta e anche Marco non ha più frequentato il gruppo; in realtà ha però proseguito il suo cammino spirituale con gli incontri personali di cui ho parlato sopra e “il Padre che ha visto nel segreto, ha già dato la sua ricompensa” (cfr Mt 6,6).
Ed eccomi così giunto alla quarta perla. Con il permesso dei suoi genitori vi faccio dono di qualche pensiero estratto da alcune lettere che gli avevo scritto e che lui custodiva con cura. 8 dicembre 2002 “ Carissimo Marco, queste righe vogliono essere un segno di amicizia e di stima, anche se è pochissimo che ci conosciamo, è un invito ad aprire davanti a te nuovi sconfinati orizzonti... Questo profumo è desiderio di liberà, di felicità, di novità che si trovano nel tuo cuore di giovane, Dio li ha scritti con caratteri indelebili... Che tu, al termine di ogni giorno, possa dire : “Oggi la vita l'ho vissuta in prima persona e non me la sono lasciata vivere”. 

2 febbraio 2003
“Innanzitutto ti ringrazio per la tua fiducia e per la tua immediata
apertura di coscienza... Sono molto contento che tu abbia avuto il
coraggio di accogliere la proposta di “provare” a mettere delle novità
nella tua vita. E mi piace rimarcare la parola CORAGGIO perché è proprio
questo che sta mancando a gran forza. Il lasciarsi condizionare dagli
altri, dalle loro idee, dalle loro scelte, non di rado dai loro “ordini”, è
oggi più forte di quello che uno può pensare...”.

25 aprile 2003

“la vita è una sola ed è talmente preziosa che,
NULLA e NESSUNO potranno darci qualcosa in
cambio del tempo che si perde adesso. Il nostro
mondo ha bisogno di giovani forti, robusti nella
fede, coraggiosi nelle scelte...”.

5 giugno 2006
“Non immagini con quanto gaudio ti scrivo queste
righe dopo il nostro incontro... Dio offre la possibilità
di tornare ad essere nuova creatura; tuttavia non si può
nè imporre, nemmeno sostituire alla persona. Accoglie,
perdona, illumina e, se noi lo vogliamo, accompagna.
Ma tutto e sempre nella massima liberà. Il dono più
grande dell'Amore è proprio la libertà e tu hai imboccato
questa via. Ora sarai tu a voler rimanere su questa via!...
Tu continua a pregare, a riflettere su tutto ciò che fai e
soprattutto su ciò che vorrai diventare, sapendo che:
”Quanto semini oggi lo raccoglierai in pienezza, domani”.

5 luglio 2006
“A breve tempo dall'ultima lettera ti scrivo
nuovamente perché, come dice il proverbio :
"Bisogna battere il ferro finché è caldo" …
Ho seguito attentamente i tuoi primi passi nel
tentativo di impostare meglio la tua vita e le
nuove responsabilità che essa ti ha consegnato.
Da alcuni segni abbastanza evidenti capisco che
l'impresa è tutt'altro che facile... Al termine di
questi flash posso solamente dire : "Signore,
grazie per questi passi nella fede che ho potuto
fare con il mio amico Marco. Dal cielo vegli su
di noi".


Fonte:
www.gruppomariaportadelcielo.it

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Aggiunto/modificato il 2018-04-19

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