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Beato Paul Favre-Miville Religioso trappista, martire

21 maggio

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Vinzier, Francia, 17 aprile 1939 - Médéa, Algeria, 21 maggio 1996

Paul Favre-Miville nacque a Vinzier, nella regione francese dell’Alta Savoia, il 17 aprile 1939. Lavorò a lungo come idraulico termotecnico nel paese di Bonnevaux, dove viveva con la famiglia. Fu anche impegnato in vari ambiti di servizio al prossimo. A quarantacinque anni domandò di essere accolto nell’abbazia trappista di Tamié come fratello converso. Nel 1989 arrivò al monastero di Nostra Signora dell’Atlante a Tibhirine, in Algeria. La sua abilità come idraulico gli permise di risolvere i problemi di approvvigionamento idrico del monastero e lo rese celebre anche nei villaggi vicini. Dopo la prima visita da parte di alcuni uomini armati al monastero, la notte del 24 dicembre 1993, la situazione divenne difficile anche per i monaci. Gli fu quindi concesso di tornare temporaneamente in Francia, perché assistesse sua madre malata. Rientrò in monastero il 26 marzo 1996, ma la notte seguente fu rapito insieme a cinque monaci della comunità, più uno proveniente dal monastero annesso di Fès. Un comunicato del Gruppo Islamico Armato (GIA), datato 21 maggio 1996, annunciò la loro esecuzione. I sette monaci di Tibhirine, compresi in un gruppo che conta in tutto diciannove martiri, tutti religiosi, uccisi durante i cosiddetti “anni neri” per l’Algeria, sono stati beatificati l’8 dicembre 2018 a Orano, sotto il pontificato di papa Francesco. La memoria liturgica di tutto il gruppo cade l’8 maggio, giorno della nascita al Cielo dei primi due che vennero uccisi, fratel Henri Vergès e suor Paul-Hélène Saint-Raymond. I resti mortali di fratel Paul e dei confratelli (furono ritrovate solo le teste senza i corpi) sono venerati nel cimitero del monastero di Nostra Signora dell’Atlante.



Paul Favre-Miville nacque a Vinzier, nella regione francese dell’Alta Savoia, il 17 aprile 1939, terzo di quattro figli. A quindici anni interruppe gli studi per lavorare insieme al padre, fabbro e maniscalco; la madre, invece, gestiva una tabaccheria.
A vent’anni partì per l’Algeria, dove prestò servizio militare come sottotenente paracadutista. Tornato nel suo paese, Bonnevaux, seguì i corsi per diventare idraulico termotecnico. Divenne anche molto impegnato nell’amministrazione comunale: fu consigliere municipale, poi vicesindaco. Inoltre, fu pompiere volontario per vent’anni e cantore nel coro della parrocchia. I suoi numerosi impegni a favore del prossimo compresero anche un periodo di servizio alla Cité Saint-Pierre del Santuario di Lourdes e l’adesione alla Gioventù Agricola Cristiana (JAC).
A quarantacinque anni, Paul si sentì orientato alla vita contemplativa. Il 20 agosto 1984 bussò alla porta dell’abbazia dei monaci Cistercensi della Stretta Osservanza, detti anche Trappisti, a Tamié; il 24 dicembre iniziò il noviziato.
Cinque anni più tardi ottenne di essere inviato al monastero di Nostra Signora dell’Atlante a Tibhirine. Ciò che lo muoveva era il desiderio di «tenere viva in Algeria una presenza cristiana che testimoni, nella semplicità, la realtà attuale del corpo di Cristo».
Mise subito in pratica la sua esperienza di idraulico, occupandosi del sistema d’irrigazione del’orto. In questo modo, sfruttò al massimo le riserve idriche per i confratelli, ma anche per i quattro padri di famiglia che li aiutavano nei lavori agricoli.
Divenne presto famoso nel circondario del monastero, tanto che molti venivano a chiedergli consigli tecnici. Non conosceva l’arabo, ma si faceva capire a gesti e compiendo tante azioni buone.
Di carattere era allegro e servizievole, ma non amava prendere parte alle discussioni. L’unica condivisione che gli riusciva era quella di qualche parola scherzosa, anche per alleggerire la situazione che, in Algeria, si faceva sempre più complicata.
La vita di preghiera dei monaci, infatti, venne turbata quando le notizie di aggressioni e uccisioni cominciarono a moltiplicarsi. Il 14 dicembre 1993, a Tamesguida, vennero sgozzati dodici croati cristiani. I monaci li conoscevano perché venivano da loro a celebrare la Pasqua. L’accaduto seguiva di due settimane l’ultimatum lanciato dal Gruppo Islamico Armato (GIA), che aveva preso il potere: tutti gli stranieri dovevano lasciare l’Algeria, pena la morte.
La notte del 24 dicembre 1993, alcuni uomini armati si presentarono alla porta del monastero e domandarono di vedere il superiore. Fratel Paul, che aveva aperto, andò a cercare padre Christian de Chergé, il quale parlò col capo del gruppetto, Sayah Attiyah.
Le condizioni da lui poste, ovvero che i monaci dessero loro dei soldi, che il loro medico (fratel Luc Dochier) venisse a curare i loro malati e che dessero anche delle medicine, non vennero accettate tutte dal priore, che comunque riferì che avrebbero potuto venire al dispensario del monastero. Fece poi notare all’uomo che stavano per celebrare la nascita del Principe della Pace, ovvero il Natale di Gesù. Gli armati si allontanarono, dopo aver chiesto una parola d’ordine e aver minacciato di tornare.
I monaci erano salvi, ma non al sicuro. Si sentivano come presi tra due fuochi: da una parte quelli che chiamavano “fratelli della montagna”, ovvero gli islamisti, e i “fratelli della pianura”, ovvero i militari e le forze di sicurezza dell’esercito algerino.
Fratel Paul visse, con gli altri fratelli, il discernimento personale e comunitario che li portò a scegliere di restare in Algeria. Espresse così il suo pensiero: «Abbiamo il sentimento che questa prova ci cambi tutti e singolarmente: non si frequentano senza conseguenze le frontiere del martirio e della speranza». Nel febbraio 1995 scrisse poi: «Fin dove spingersi per salvare la pelle senza rischiare di perdere la vita? Uno solo conosce il giorno e l’ora della nostra liberazione in lui».
Gli venne concesso di tornare temporaneamente in Francia, anche perché potesse assistere la madre malata. Tornò a Tibhirine il 26 marzo 1996, portando con sé delle piante di faggio e delle vanghe di ricambio.
La notte tra il 26 e il 27 marzo venne rapito insieme a cinque monaci della comunità, più padre Bruno Lemarchand, proveniente dal monastero annesso di Fès, di passaggio per l’elezione del nuovo priore.
Altri due, padre Amedée Noto e padre Jean-Pierre Schumacher, insieme a un ospite del monastero, scamparono al rapimento. Dopo un mese, un comunicato del Gruppo Islamico Armato (GIA) riferì che i rapiti erano ancora vivi, ma conteneva la minaccia di sgozzarli se non fossero stati liberati alcuni terroristi detenuti.
Il 30 aprile venne consegnata all’ambasciata di Francia ad Algeri un’audiocassetta, sulla quale erano registrate le voci dei sette monaci. Non ci furono altre notizie fino al 23 maggio: un ulteriore comunicato, il numero 44, datato 21 maggio (il giorno del cinquantaduesimo compleanno di fratel Michel), riferì che ai monaci era stata tagliata la gola.
Il 30 maggio le loro spoglie vennero ritrovate sul ciglio della strada per Médéa. Si trattava, però, solo delle teste: i corpi rimasero introvabili. Le esequie dei sette monaci si svolsero il 2 giugno 1996 nella basilica di Nostra Signora d’Africa ad Algeri, insieme a quelle del cardinal Léon-Étienne Duval, arcivescovo emerito di Algeri, morto per cause naturali. I resti mortali di fratel Michel e dei confratelli vennero sepolti nel cimitero monastico di Tibhirine.
I sette trappisti di Tibhirine sono stati inseriti nella causa che contava in tutto diciannove candidati agli altari, tutti religiosi, uccisi dal 1994 al 1996, nel corso dei cosiddetti “anni neri” per l’Algeria. La loro inchiesta diocesana si è svolta ad Algeri dal 5 ottobre 2007 al luglio 2012.
Il 26 gennaio 2018 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo al martirio dei diciannove religiosi. La loro beatificazione è stata celebrata l’8 dicembre 2018 nel santuario di Nostra Signora di Santa Cruz a Orano, presieduta dal cardinal Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come inviato speciale del Santo Padre.
La memoria liturgica di tutto il gruppo, compresi quindi anche i sette monaci, cade l’8 maggio, giorno della nascita al Cielo dei primi due che vennero uccisi, fratel Henri Vergès e suor Paul-Hélène Saint-Raymond.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2018-12-15

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