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Beato Jean Chevillard Sacerdote e martire

27 dicembre

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Angers, Francia, 27 agosto 1925 – Tizi Ouzou, Algeria, 27 dicembre 1994

Padre Jean Chevillard nacque ad Angers, in Francia, il 27 agosto 1925. A sedici anni entrò tra i Missionari d’Africa, detti Padri Bianchi: fu ordinato sacerdote il 1° febbraio 1950. Svolse il suo ministero tra la Tunisia e l’Algeria, specialmente nell’educazione dei giovani. Ebbe anche incarichi di responsabilità nel suo istituto missionario, fino al 1985, quando venne destinato alla comunità di Tizi Ouzou. Mentre il clima in Algeria diventava particolarmente ostile agli stranieri, la maggior parte dei Padri Bianchi decise di restare, per dare la propria testimonianza cristiana. Il 27 dicembre 1994, giorno del suo onomastico, padre Jean e tre confratelli, padre Alain Dieulangard, padre Christian Chessel e padre Charles Deckers, vennero sequestrati da quattro uomini in divisa da poliziotti e uccisi, a colpi di kalashnikov, nel cortile della loro casa. I quattro Padri Bianchi di Tizi Ouzou, compresi nel gruppo di diciannove martiri uccisi in Algeria tra il 1994 e il 1996, sono stati beatificati l’8 dicembre 2018 a Orano, sotto il pontificato di papa Francesco. La memoria liturgica di tutto il gruppo cade l’8 maggio, giorno della nascita al Cielo dei primi due che vennero uccisi, fratel Henri Vergès e suor Paul-Hélène Saint-Raymond.



Padre Jean Chevillard nacque ad Angers, in Francia, il 27 agosto 1925, sesto di quindici figli. Ricevette il Battesimo a tre giorni dalla nascita. Da bambino, secondo la testimonianza della sorella minore Marie-Claire, era molto allegro, dispettoso e caratterizzato da improvvisi sbalzi d’umore.
Forse per questa ragione, i suoi non diedero molto peso al fatto che, a sette anni, sembrava molto attratto dal sacerdozio. A dodici anni, tramite la testimonianza di un amico di famiglia, padre Lecoindre, dei Missionari d’Africa (detti Padri Bianchi), la sua scelta si rafforzò.
Quattro anni più tardi, nel 1941, chiese di essere ammesso proprio in quell’istituto missionario. Per entrare effettivamente, però, dovette attraversare in modo clandestino il confine che separava la Francia occupata dai tedeschi dal territorio libero.
Cominciò la formazione in Tunisia, ma nel 1944 dovette entrare a far parte dell’esercito nella seconda guerra mondiale. Fu ordinato sacerdote il 1° febbraio 1950, una volta tornato in missione. Cominciò il ministero ad Algeri, ma per due anni studiò arabo in Tunisia.
Nel 1955 i suoi superiori l’incaricarono di trasformare l’ex noviziato di Algeri in un centro di formazione professionale: da tempo, infatti, i Padri Bianchi avevano puntato sull’educazione dei giovani africani, secondo quanto aveva insegnato il fondatore, il cardinal Charles Lavigerie. Con molta fermezza, riuscì a guidare fino a cinquecentoventi studenti ogni anno, proprio mentre l’Algeria si avviava a diventare uno Stato indipendente.
Ebbe anche incarichi di responsabilità all’interno dell’istituto: consigliere regionale, dal 1972 assistente provinciale a Parigi, poi, nel 1978, superiore regionale, di nuovo in Algeria, nella regione della Cabilia. In questo modo, mise a frutto le sue doti di ascolto e di accompagnamento che l’avevano contraddistinto sin dai primi anni, sebbene gli mancasse la possibilità di entrare in relazione con le persone.
Dal 1985, destinato alla comunità di Tizi Ouzou, poté riaccostarsi alle necessità dei cabili. Aprì un ufficio di scrivano pubblico, dove aiutava i cittadini analfabeti a sbrigare le loro pratiche. Tutte le mattine era al suo posto, pronto non solo a scrivere, ma a consolare quanti venivano da lui.
Intanto, il clima in Algeria diventava sempre più difficile per gli stranieri. L’8 maggio 1994 tre uomini vestiti da poliziotti entrarono nella biblioteca di Ben Cheneb, nel quartiere della Casbah di Algeri, uccidendo suor Paul-Hélène Saint-Raymond, Piccola Suora dell’Assunzione, e fratel Henri Vergès, marista.
I Padri Bianchi, come le altre congregazioni presenti sul territorio, attuarono quindi un discernimento comunitario. L’unico che decise di ritirarsi fu padre Eric Bladt, perché non riusciva più a placare le persone che venivano, sempre più terrorizzate, nel suo ufficio. Padre Jean sapeva di essere anche lui in pericolo: «So di poter morire ammazzato. La nostra vocazione è testimoniare la fede in terra musulmana. Per il resto, “inch’Allah”» («Se Dio vuole»), confidò.
Nel 1994 tornò temporaneamente in Francia, per partecipare alla Messa per il bicentenario dei martiri uccisi durante la rivoluzione francese: una sua lontana parente, Françoise Suhard vedova Ménard, era una dei novantanove martiri di Angers beatificati nel 1983. Nel ripartire, riferì a una sorella: «Torno in Algeria per dare testimonianza. Là sono a casa mia, tra i miei amici berberi. E soprattutto, se muoio, voglio essere sepolto laggiù».
La mattina del 27 dicembre 1994, giorno del suo onomastico, padre Jean era nel suo ufficio di scrivano, quando gli si presentarono davanti quattro poliziotti, uno dei quali gli ordinò di seguirlo al commissariato. Intuendo che non fosse un vero membro delle forze dell’ordine, le quali del resto avevano buoni rapporti con i Padri Bianchi, rispose che avrebbe sentito lui direttamente il commissario.
Lo disse a voce alta, così da avvisare gli altri confratelli rimasti: padre Alain Dieulangard, il superiore padre Christian Chessel e padre Charles Deckers, appena arrivato in visita da Algeri. Intanto, erano già stati sequestrati la cuoca e gli operai che lavoravano in casa. Anche i religiosi vennero catturati e, poiché opponevano resistenza, vennero uccisi nel cortile, a colpi di kalashnikov.
La loro uccisione è stata interpretata come una rappresaglia in risposta all’intervento con cui, due giorni prima, le forze speciali della polizia francese avevano messo in salvo i passeggeri dell’Airbus A300, presi in ostaggio da alcuni terroristi del Gruppo Islamico Armato (GIA).
I quattro Padri Bianchi, più i già citati suor Paul-Hélène Saint-Raymond e fratel Henri Vergès, sono stati inseriti nella causa che contava in tutto diciannove candidati agli altari, tutti religiosi, uccisi dal 1994 al 1996, nel corso dei cosiddetti “anni neri” per l’Algeria. La loro inchiesta diocesana si è svolta ad Algeri dal 5 ottobre 2007 al luglio 2012.
Il 26 gennaio 2018 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo al martirio dei diciannove religiosi. La loro beatificazione è stata celebrata l’8 dicembre 2018 nel santuario di Nostra Signora di Santa Cruz a Orano, presieduta dal cardinal Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come inviato speciale del Santo Padre.
La memoria liturgica di tutto il gruppo cade l’8 maggio, giorno della nascita al Cielo di fratel Henri e di suor Paul-Hélène.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2018-12-04

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