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Kim Dae-jung Presidente della Corea del Sud

Testimoni

Haui-do, Corea del Sud, 3 dicembre 1925 – Seul, Corea del Sud, 18 agosto 2009

Già PResidente della Corea del Sud, è stato un uomo inflessibile nei principi e creativo nel trovare risposte ai bisogni dell’uomo. Un bilancio più che positivo quello della sua opera, anche a favore della riconciliazione fra le due Coree.



Coscienza in azione

L’editorialista del The Japan Times scrive: “Per mettere in rilievo la sua poliedrica personalità a servizio dei deboli e della democrazia lo si è indicato con molti titoli: il Nelson Mandela della Corea, il campione della democrazia, l’eroe dei diritti umani, il costruttore della pace nell’Asia, il politico del perdono e della riconciliazione. Ma il titolo che gli conviene è più semplice: DJ (come è comunemente indicato) è stato un grande uomo”.
Il primo ministro Hang Seung-soo nella sua eulogia lo ha saluto cosi “:Essendo stato in prigione e agli arresti domiciliari per molti anni, condannato a morte e vissuto in esilio hai sofferto molte vicissitudini. Tu le hai sopportate tutte con inflessibile volontà e tenacia.. La democrazia in questo suolo è nata grazie al tuo sangue e alle tue lacrime”.  E un semplice cittadino rendendogli l’ultimo saluto ha detto: “Siamo qui per restituirti il rispetto e l’affetto che ci hai dato. Per questo la tua vita è stata turbolenta. Ora riposa in pace”.
Le cerimonie funebri in oriente terminano sempre con una parola di ringraziamento ai partecipanti da parte di un familiare del defunto. Durante l’ultima sosta del feretro nella Seoul Plaza al centro della capitale, gremita da migliaia di cittadini, l’ex prima donna Lee Hee-ho, moglie di Kim ha così ringraziato: “Apprezzo profondamente il vostro traboccante amore. Mio marito non ha mai ceduto a compromessi o pressioni nei suoi sforzi a difesa dei diritti umani e per la riconciliazione e cooperazione inter-coreana nonostante sanguinose pene e sofferenze. Mio marito, per tutta la vita, ha perseguito lo spirito di riconciliazione e di perdono. I suoi ultimi desideri è che noi viviamo come coscienze in azione che amano la pace e il prossimo bisognoso”.
Parole che più di ogni altra espressione tratteggiano la personalità di Kim Dae-jung: egli è stato “un grande uomo” perché sempre e dovunque è stato una ”coscienza in azione”

Un esempio per il mondo

La sua influenza .si è estesa ben al di là dei confini della sua nazione. Alla notizia della sua morte, da molte parti del mondo sono giunte condoglianze alla sua famiglia e al funerale di stato 18 nazioni hanno inviato delegazioni ufficiali: particolarmente significative quelle degli Stati Uniti, della Cina e del Giappone, capeggiati rispettivamente dall’ex-segretario di stato americano signora Madeleine Albright, dall’ex-ministro degli esteri cinese Tang Jiaxuan e dall’ex-presidente della Camera giapponese Yohei Kono. Il fatto che i tre capi-delegazione fossero degli “ex” governativi non diminuisce il valore della rappresentanza ma, in questo caso, l’aumenta perché tutti e tre hanno avuto rapporti diretti con Kim nel suo impegno per la riconciliazione e cooperazione a vari livelli.
Intervistata dall’agenzia Yonhap, la Albright ha detto: “Il presidente Kim Dae-jung è stato un meraviglioso leader che ha offerto un buon esempio non solo alla Corea ma anche alla comunità globale. (Per me) è stato un buon amico e ora una grande perdita”.
Circa le relazioni di Kim Dae-jung con il Giappone c’è un episodio singolare che ne rivela la grandezza d’animo. Durante l’obbrobriosa dominazione nipponica (1910-45) a tutti i coreani fu richiesto di adottare un nome giapponese e così nel 1940, Kim Dae-jung e’ diventato “Toyota Hiroshi”. Il suo maestro giapponese al quale stava a cuore non il nazionalismo, ma la buona formazione dei suoi alunni, senza distinzione di nazionalità, un giorno disse al giovanetto “Toyota”: “Tu diventerai un grande uomo”. Sessanta anni dopo il presidente Kim Dae-jung, in visita di Stato in Giappone ha telefonato al vecchio maestro dicendo “Maestro, qui e’ Toyota-san che parla””. La commozione del vecchio maestro è costata a Kim un’ accusa di poco amor di patria da parte dei meschini nemici politici, che non intuivano che il presidente era una “coscienza in azione”.

Uomo di fede

Michael Breen, saggista del The Korea Times ha scritto: "Kim Dae Jung, essendo cattolico, credeva nel perdono e nella riconciliazione. Per questo come presidente ha perdonato due suoi predecessori condannati per il ruolo da essi svolto nella brutale repressione della sommossa democratica di Kwangju nel 1980”. La vita e le attività di Kim non rivelano il loro spessore se si leggono prescindendo dalla sua fede cristiana.
Kim non è nato cattolico. Ha ricevuto il battesimo a 35 anni, nel 1960, quando, addolorato e confuso per l’improvvisa morte della prima moglie, ha incontrato a Seoul John Chang Myon, un politico nominato primo ministro proprio quell’anno, che scoprendo le sue qualità lo ha esortato a procedere nella carriera politica. Ma Kim, a sua volta, ha scoperto nel suo mentore, fervente cattolico, padre di John Chang-yik, l’attuale vescovo di Ch’unch’on, lo splendore della fede che da allora lo ha costantemente illuminato e sostenuto nella via dolorosa che ha dovuto percorrere
I media hanno reso nota una tappa della sua via crucis. Nel 1973 agenti dello spionaggio del dittatore sud-coreano Park Chung-he lo hanno rapito in un hotel di Tokyo e caricato su un’ imbarcazione per gettarlo in mare. Quando i rapitori, sghignazzando gli hanno legato massi ai piedi, Kim ha ferventemente pregato Gesù’ Cristo di salvarlo e, disse, lo ha visto. Nello stesso momento un grosso elicottero americano è sceso rasente l’imbarcazione. Gli aguzzini, compreso il messaggio, hanno desistito dall’azione delittuosa. Il presidente Richard Nixon, informato dal controspionaggio, aveva ordinato il salvataggio in extremis.
Quasi come saluto di commiato della comunità cattolica al defunto presidente, il vescovo Pietro Kang, presidente della conferenza dei vescovi cattolici coreani ha steso una dichiarazione in cui si legge: “Il defunto presidente Thomas More Kim Dae-jung durante tutta la vita ha messo in pratica queste parole del Signore: ‘scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne’( Amos,5,24 ). Egli è partito per il viaggio della giustizia e della pace senza lasciarsi scoraggiare dalle molte repressioni politiche e minacce alla sua vita e si è impegnato per la democrazia e la riconciliazione delle due Coree”.

L’ultimo dono di Kim

In modo inaspettato, il governo della Corea del Nord ha inviato una delegazione di 6 membri a Seoul per rendere omaggio a Kim Dae Jung, ideatore della “politica del sole splendente” mirante alla riconciliazione con il Nord. Benché la visita sia avvenuta in apparenza senza alcuna richiesta ufficiale da parte di Pyongyang al governo di Seoul, il suo significato politico e il risultato positivo non possono essere sottovalutati. Per tre motivi: primo, la delegazione è stata capeggiata da Kim Ki-nam,segretario del Partito dei lavoratori (della Corea del nord) e da  Kim Yang-gong, direttore del dipartimento per le relazioni intercoreane. Ambedue sono diretti collaboratori del leader nord-coreano Kim Jong-il e considerati dei “pragmatici”. Secondo, alla delegazione è stata offerta una cena ufficiale dal ministro dell’unificazione, avvenuta in un’atmosfera cordiale. Infine i delegati hanno prolungato di un giorno la permanenza a Seoul in attesa di un invito da parte della Casa Blu (residenza presidenziale) per un colloquio con il presidente sud-coreano Lee Myung-back.
Arrivato l’invito, si è svolto l’incontro. Il portavoce della Casa Blu ha detto che nel colloquio, svoltosi in un’atmosfera “seria e gentile”, i delegati nord-coreani hanno trasmesso a Lee un “messaggio orale” da parte del leader Kim Jong-il e, a sua volta, Lee ha affidato loro il suo “messaggio orale” per il loro capo.
Secondo Cheong Seong-chang, un esperto del Sejong Institute di Seoul, “il fatto che il contenuto del messaggio di Kim Jong–il non è stato reso noto indica che in esso sono state fatte delle proposte sostanziose, probabilmente a riguardo di progetti economici o anche di un terzo incontro al vertice.” Tuttavia il portavoce della Casa Blu ha messo in guardia da eccessive speranze. “L’incontro, ha detto, è solo un nuovo inizio”
L’agenzia stampa centrale della Corea del Nord ha informato dell’incontro i cittadini del Nord appena tre ore dopo il ritorno della delegazione, cioè molto rapidamente, secondo gli standard nord-coreani, indicando Lee Myung-back come “il presidente”. Finora parlando di lui hanno usato epiteti diffamatori quali “traditore”, “lacchè”, “sicofante”.
A Seoul i partiti della maggioranza e dell’opposizione hanno accolto con favore unanime l’incontro storico.


Autore:
Pino Cazzaniga


Fonte:
www.asianews.it

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Aggiunto/modificato il 2019-12-03

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