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Pasquale II Papa

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Bieda (Ravenna), 1050 ca. – Roma, 21 gennaio 1118

(Papa dal 14/08/1099 al 21/01/1118)
Toscano, fu costretto dalle fazioni antipapali a lasciare Roma parecchie volte. Vi poté far ritorno con l'aiuto dei Normanni, ma morì pochi giorni dopo.


Il cardinale Raniero, nacque a Bieda (Ravenna) verso il 1050, già monaco di Cluny, fu creato cardinale da papa Gregorio VII per la sua ferma adesione al partito antimperiale; durante il pontificato di Urbano II (1088-1099) fu legato pontificio in Spagna.
Il 29 luglio del 1099 morì il papa, beato Urbano II, il quale l’aveva designato quale successore; allora non era stato ancora istituito il cosiddetto conclave per l’elezione del papa; il cardinale Raniero del titolo di San Clemente a Roma, venne così eletto il 13 agosto del 1099 nella stessa chiesa di cui era titolare; il giorno dopo 14 agosto ci fu la consacrazione in San Pietro.
Prese il nome di Pasquale II, nome portato solo da s. Pasquale I (817-824) circa tre secoli prima; e finora i papi con questo nome sono rimasti due, eccetto un antipapa, Pasquale III (1164-1168) che come tutti gli antipapi, non viene conteggiato nella cronologia ufficiale dei Sommi Pontefici.
Lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius (1821-1891), nella sua monumentale ‘Storia della città di Roma nel Medioevo’, racconta che Roma in quell’epoca, era in una situazione caotica, “in cui si avvicendavano continuamente gli scoppi di ribellione popolare, le fughe e gli esili dei papi, i loro ritorni trionfanti, le loro tragiche nuove cadute e ancora una volta le loro immancabili ascese”.
Anche Pasquale II dovette continuare, sia pur con qualche incertezza, la turbinosa lotta delle ‘Investiture’, che già con i suoi predecessori agitava la vita della Chiesa e dell’Impero, e che durante il suo pontificato toccò alcuni momenti di massima tensione; a complicare le cose ci fu il persistere di scisma in seno alla Chiesa, con l’elezione di antipapi, appoggiati ed eletti dalle potenti famiglie romane, in contrasto fra loro e con il papa stesso.
Il successo della prima crociata, la morte dell’antipapa Wiberto (Clemente III) e i vani tentativi fra il 1100 e il 1102 degli antipapi Teodorico e Alberto di protrarre lo scisma, nonché la guerra civile in Germania (1100-1106) fra l’imperatore Enrico IV e i figli Corrado prima ed Enrico V poi, concessero al papa un periodo di relativa sicurezza almeno in Italia, dove il partito papale prevalse su quello imperiale.
Dopo aver spodestato dal trono imperiale il padre Enrico IV, già colpito dalle scomuniche papali e che morirà in esilio a Liegi nel 1106, il figlio Enrico V nuovo imperatore di Germania, dopo un’apparente conciliazione con il papa, appoggiò i soliti nobili romani che elessero un nuovo antipapa nella persona dell’arciprete Maginulfo, che fu chiamato Silvestro IV; ma questi non riuscì a mantenere la propria posizione a Roma e si ritirò a Tivoli con il marchese Guarniero di Ancona, che lo aveva aiutato militarmente.
Rinsaldato così il suo potere a Roma, Pasquale II poté allacciare relazioni diplomatiche con Enrico V, che comunque non aveva mai cessato di proclamare la sua devozione alla Chiesa.
Ma ben presto Enrico V riprese i contrasti con il papa, essendo intransigente nel difendere i diritti dell’investitura dei vescovi da parte dell’imperatore.
Il problema delle investiture esisteva anche in Inghilterra e fra alti e bassi, scomuniche papali e condanne reali ai vescovi, alla fine il 1° agosto del 1107, si raggiunse un concordato che mise fine al contrasto.
Purtroppo in Francia, il suo tentativo di risolvere la questione in atto con il re Filippo I, che viveva in seconde nozze con Bertrada di Montfort, rapita al marito Folco IV d’Angiò, dopo aver ripudiata la legittima consorte Berta d’Olanda e per questo erano stati ambedue scomunicati da Urbano II, non approdò a nulla nonostante gli incontri del 1107 a Châlons-sur-Marne.
Quando Enrico V discese in Italia con un esercito nel 1110, Pasquale II riuscì ad accordarsi con lui (concordato di Sutri, febbraio 1111), promettendogli la secolarizzazione dei domini ecclesiastici tedeschi, che sarebbero stati ceduti all’imperatore, il quale da parte sua doveva rinunciare a conferire investiture religiose.
Accadde però che i vescovi protestarono, perché non erano intenzionati a perdere la loro posizione di principi dell’impero e si arrivò ad un vero e proprio tumulto fra le parti, prossimo a sfociare in uno spargimento di sangue; il re prese il controllo della situazione militarmente, imprigionò il papa in Sabina con i cardinali, deciso a riottenere il suo diritto d’investitura e l’incoronazione imperiale.
Papa Pasquale II attese inutilmente un aiuto dai Normanni, e alla fine dopo due mesi decise di cedere; si arrivò così all’infamante accordo di Ponte Mammolo dell’11 aprile 1111, dove si consentiva al re il diritto d’investitura parziale, con il beneplacito di sedici cardinali, che convalidarono la promessa papale.
Enrico V da parte sua liberò il papa, obbligando l’antipapa Silvestro IV a decadere dalla sua carica; e il 13 aprile il papa incoronò imperatore Enrico V in San Pietro.
Questo privilegio d’investitura concesso all’imperatore, che nel frattempo era ritornato in Germania, scatenò le contestazioni di vescovi e cardinali, specie d’Italia e Francia, al punto che Pasquale II pensò ad un certo punto di abdicare.
Negli anni che seguirono, furono convocati alcuni concili (marzo e settembre 1112) in cui l’assemblea chiese più volte al papa di sconfessare il privilegio concesso, che comprometteva la dignità della sede pontificia.
Ma papa Pasquale II dichiarò di non poter venire meno al giuramento fatto e non pronunciò la richiesta scomunica; anche se lasciava liberi di agire i suoi legati, egli non si esponeva personalmente.
Ma nel Concilio di Gerusalemme e in quello successivo, Lateranense del marzo 1116, il vescovo Conone di Palestrina, si pronunciò apertamente contro l’imperatore ed essendo legato pontificio ai concili, pretese dal papa l’approvazione.
A questo punto il papa ed i cardinali sanzionarono la scomunica contro Enrico V, annullando gli accordi di Sutri, condannando il privilegio imperiale d’investitura, ma senza nominare nel documento l’imperatore.
Intanto Enrico V, già dal 1115 era sceso nuovamente in Italia, per prendere possesso delle ricche proprietà ereditate come parente più importante, della defunta contessa Matilde di Canossa, nonostante che la nobildonna le avesse destinate alla Chiesa, che difendeva strenuamente nella lotta contro l’Impero.
Mentre Enrico V si dirigeva verso Roma, scoppiò in città un’ulteriore rivolta, capeggiata dai nobili favorevoli all’imperatore, per cui il papa dovette lasciare Roma e si rifugiò a Montecassino, deludendo le aspettative dei cardinali.
Il sovrano fu accolto con grandi onori dai nobili romani e nella Pasqua del 1117, l’arcivescovo di Braga, Maurice Bourdin, pose la corona imperiale sulla sua testa e della moglie Matilde, com’era usanza nelle grandi festività religiose; i cardinali si rifiutarono di essere presenti alla cerimonia.
Papa Pasquale II, con l’aiuto dei Normanni trovò riparo a Benevento e da lì, dopo aver convocato un concilio, scomunicò il suddetto arcivescovo di Braga.
Solamente agli inizi del 1118 poté ritornare a Roma, prendendo possesso di Castel Sant’Angelo, mentre infuriavano di nuovo i tumulti, nel corso dei quali morì il 21 gennaio 1118; fu tumulato in Laterano.
La sua titubanza e presunta debolezza, fecero si che nessun mausoleo ricordi il suo pontificato, durato comunque 18 anni; ma egli ebbe grandi meriti per aver ripreso a Roma i lavori di rinnovamento edilizio, restaurando diverse chiese, fra le quali Santa Maria del Popolo, costruita là dove sembrava apparisse il fantasma di Nerone e la Basilica dei Ss.Quattro Coronati, distrutta dall’incendio di Roberto il Guiscardo.
Tre giorni dopo la sua morte, fu eletto come successore Gelasio II (1118-1119), la sua elezione avvenne in gran segreto in un monastero del Palatino, per evitare le agitazioni politiche delle fazioni romane, e fu il primo ‘conclave’ della storia.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2006-04-05

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